E’ il mese di maggio 1985 quando vede la luce l’erede della Nuova Giulietta. Ricorrono i settantacinque anni della nascita del Marchio e in Alfa si decide di chiamare la nuova vettura semplicemente “75”.
Ultima berlina media dell’Alfa a trazione posteriore, si fa da subito apprezzare per l’innato piacere di guida e per le sue prestazioni ma, al tempo stesso, per le numerose innovazioni che con essa vanno a debutto e che portano l’auto all’importante traguardo delle 386.773 vetture prodotte.
Il progetto dell’Alfa 75 (il cui codice è K1) nasce già nel 1982, insieme a quello dell’Alfa 90 (codice K2): per la parte meccanica la scelta è obbligata: transaxle di origine Alfetta che, pur essendo un progetto datato, è ancora molto competitivo. Mentre lo studio della carrozzeria dell’Alfa 90 viene affidato a Bertone, l’incarico di disegnare la 75 viene affidato al Centro Stile Alfa Romeo diretto da Ermanno Cressoni.
Il risultato è una linea giovanile e molto personale, caratterizzata dal profilo a cuneo sottolineato da una fascia nera che percorre l’intera fiancata e che culmina in un accenno di spoiler sulla coda.
Il CX (0.38) è solo discreto, ma una sezione frontale ridotta dona comunque la giusta brillantezza alle sue prestazioni.
Per ciò che concerne l’aspetto motoristico, il debutto avviene con i classici propulsori quattro cilindri bialbero 1.6 (110 CV per 180 Km/h di velocità), 1.8 (120 CV per 190 Km/h di velocità) e 2.0 (128 CV per 195 Km/h di velocità) ripresi direttamente dalla progenitrice Giulietta, come anche il 2.0 turbodiesel che però, viene equipaggiato con intercooler e porta la potenza a 95 CV per una velocità di 175 Km/h. Al vertice della gamma si pone invece la 2.5i V6 (presentato anche in versione catalitica e con l’optional del cambio automatico) della Quadrifoglio Verde, forte di 156 CV ed una velocità massima di 205 Km/h.
Lo slogan al lancio è di quelli forti: “finalmente il turbo si merita un’Alfa Romeo” e propone anche per la neonata Alfa una motorizzazione sovralimentata che segue quanto in di più in voga in questi anni, merito è anche di una tassazione penalizzante per le cilindrate sopra i due litri.
L’utilizzo del turbo in larga scala è del 1986 con la 75 1.8i Turbo, equipaggiata da un propulsore da 1779 cc (80 x 88,50 mm), 155 CV a 5800 giri/min e 23 kgm a 2600 giri/min, capace di raggiungere una velocità massima di 205 Km/h con prestazioni davvero simili a quelle del modello equipaggiato con i 6 cilindri da 2 litri e mezzo.
Ne derivano le versioni “Turbo America” (equipaggiata da un diverso allestimento di carrozzeria e la serie limitata (per l’omologazione Gruppo A è necessario produrre 500 esemplari) 75 1.8i Turbo Evoluzione, con carrozzeria aerodinamica appositamente studiata in galleria del vento e cilindrata ridotta a 1762 cc.
Altra grande novità che affianca il turbo è quella del propulsore 2.0i Twin Spark dotato di due candele per cilindro. In questo caso, il quattro cilindri bialbero 2.0 (1962 cc, 84 x 88,5 mm), dotato di “testa stretta”, variatore di fase, iniezione elettronica e doppia accensione, è in grado di erogare ben 148 CV a 5800 giri/min (coppia di 19 kgm a 4700 giri/min), valore di quasi 20 CV superiore al “vecchio” bialbero. La presentazione di questo motore colma il gap con i motori di altre case costruttrici che in questi anni cominciano a produrre ottimi 16 valvole. Ma il nuovissimo Twin Spark sfrutta tutta la sua potenza massima, restando molto più guidabile e pronto anche a regimi intermedi grazie anche ad una eccellente curva di potenza, regolarità di funzionamento, bassi consumi specifici e all’abbattimento delle emissioni.
Le versioni della 75 continuarono a susseguirsi fino al 1992, in un crescendo di innovazione, miglioramento estetico, prestazionale e di dotazioni. Nel 1987 debutta la 3.0i V6 America, seguita l’anno successivo dalla 1.8 IE e dalla 2.4 Turbodiesel. Nel 1989 l’iniezione debutta anche alla base della gamma con la 1.6 IE, disponibile – come il 1.8 – anche con catalizzatore.
Nel 1990 una nuova versione della tre litri, catalizzata, si affianca alla nuova 1.8i Turbo Quadrifoglio Verde, mentre nel 1991 vengono presentate alcune versioni speciali: Le Mans (mercato spagnolo), Limited Edition (mercato tedesco), e per il mercato nazionale la ASN (Allestimento Speciale Numerato) e Indy (allestimento per la 1.8 IE).
Fra il 1986 ed il 1990, poi, per il mercato del nord America vengono sviluppate alcune versioni speciali, battezzate semplicemente Milano ed equipaggiate esclusivamente con i propulsori a sei cilindri.
La 2.5i è disponibile in tre versioni: Quadrifoglio Argento, Quadrifoglio Oro e Qaudrifolgio Platino, mentre la denominazione “Quadrifoglio Verde” identifica la versione tre litri, presentata nel 1987. Tutte le vetture sono dotate di catalizzatore, paraurti ad assorbimento di energia e side-markers, oltre che di lievi modifiche negli allestimenti.
I MODELLI:
75 Quadrifoglio Verde
La Quadrifoglio Verde rappresenta sicuramente quanto di meglio proposto nella gamma. La sua forza è il 2.5i Quadrifoglio Verde che monta lo stesso motore sei cilindri da 156 CV a 5600 giri/min che ha precedentemente equipaggiato GTV6, Alfa 6 e Alfa 90. È un motore generoso, elastico, con una coppia molto elevata (21,5 kgm a 4000 giri/min) e caratterizzato dall’essere morbido e regolare ai bassi regimi e rabbioso e sportivo oltre i 3000 giri. La velocità di punta espressa è di 210 Km/h, con un’accelerazione da 0-100 di soli 8.2 secondi: un dato questo che pone la Q.V. al vertice della sua categoria, battuta solo dalla ben più potente, costosa e delicata Maserati Biturbo che, ricordiamolo, godi di sovralimentazione. Ma il vero punto di forza di questa versione è la ripresa. Grazie alla sua elasticità, il V6 impiega 30.45 secondi per percorrere il chilometro, partendo da una ripartenza in quarta marcia da 40 Km/h.
Il propulsore di 2492 cc. è un “superquadro” realizzato completamente in lega leggera caratterizzato da un alesaggio di 88 mm ed una corsa di soli 68,3. La distribuzione, comandata da cinghia dentata, è monoalbero a camme in testa con la valvola di aspirazione comandata direttamente e quella di scarico azionata da un bilanciere, a sua volta mosso da una piccola asta. L’iniezione è elettronica multipoint, con un iniettore per cilindro, Bosch L-Jetronic.
Per far fronte alle più elevate prestazioni viene maggiorato l’impianto frenante con dischi di diametro di 260 mm al posteriore ed auto ventilanti da 266 mm all’anteriore.
Esternamente, a parte le ruote in lega di specifico disegno, cinque colonnette e misura 5 1/2 J x 14’’ con pneumatici 195/60 VR 14 e la targhetta identificativa (la dicitura “Quadrifoglio Verde” è sostituita dal disegno del quadrifoglio), la differenza più rilevante è la nervatura del cofano motore che, per lasciare spazio al plenum del V6, segue un andamento opposto a quella delle altre versioni. La parte centrale del cofano non è incassata, ma dotata di un rigonfiamento che si allarga verso il parabrezza.
L’allestimento degli interni è più curato con sedili in tessuto operato bottonato bianco/nero con inserti in pelle. Come per la versione 2.0, è disponibile un trip computer in grado di fornire informazioni su consumo istantaneo, consumo medio, velocità media, autonomia residua, temperatura esterna, orologio e cronometro.
Nel 1987 vengono presentate anche una versione catalizzata (con potenza ridotta a 150 CV a 5500 giri/min e coppia di 21 kgm a 3600 giri/min) ed una con trasmissione automatica a tre rapporti ZF, entrambe destinate ai mercati esteri.
75 1.8 Turbo
All’inizio la 75 viene presentata con cinque motorizzazioni a cui, già a partire dall’anno successivo, vengono affiancate altre versioni che hanno il chiaro intento di affrontare un’agguerritissima concorrenza. Gli aggiornamenti sono anche dal punto di vista dello stile che, specialmente con la 1.8 Turbo e con la Twin Spark introduce i codolini sui passaruota e le minigonne sottoporta. Le modanature vengono estese alla 3.0 V6 America (e, successivamente, alla Turbo America).
Dobbiamo ricordare che sono gli anni della “super tassa” sui motori con cilindrata superiore ai due litri e l’Alfa Romeo giunge in ritardo alla sovralimentazione, nonostante le molte esperienze fatte negli anni precedenti sulle vetture da competizione e con le piccole serie di Alfetta e Giulietta Turbodelta, sviluppate dal reparto corse Autodelta. Nel 1986, però, vengono rotti gli indugi e viene presentata l’Alfa 75 1.8i Turbo, giustificando il ritardo accumulato sulla concorrenza con l’arguto slogan: “Finalmente il turbo si merita un’Alfa Romeo”.
Di fatto, però, l’attesa è giustificata dall’anteprima del Salone di Ginevra 1986 dove viene svelato il prototipo – dall’aggressiva configurazione aerodinamica della carrozzeria – di una versione Gruppo A sovralimentata da ben 300 CV che ha spinto l’Alfa verso il turbo: le corse. La carriera della GTV6 nell’Euroturismo, infatti, volge al termine e la concorrenza non sta certo a guardare.
La base di partenza è il collaudato bialbero 1779 cc in lega leggera a cui viene ridotto il rapporto di compressione a 7,5:1. Vengono rinforzate le guarnizioni della testata e l’impianto di lubrificazione viene dotato di un radiatore olio-aria per smaltire le elevate temperature raggiunte dai propulsori turbocompressi. L’alimentazione è infatti garantita da un turbocompressore raffreddato a liquido Garrett T3 (massima pressione di sovralimentazione: 0,9 bar) e da un sistema di iniezione elettronica Bosch LE-Jetronic con dispositivo integrato “anti-knocking” (battito in testa). Viene inoltre previsto un intercooler aria-aria posto orizzontalmente sopra i collettori di aspirazione e raffreddato da un flusso d’aria convogliato direttamente dal frontale tramite un condotto. La potenza erogata è di 155 CV a 5800 giri/min, la coppia raggiunge l’impressionante valore di 23 kgm a 2600 giri/min. E 19 kgm sono già disponibili a soli 1700 giri.
Le cifre pongono la “Turbo” sullo stesso piano della 2.5 Quadrifoglio Verde, ma, grazie ad un’erogazione più aggressiva (ed ad un peso di 60 Kg inferiore), il cronometro si ferma a 7’’6 sullo 0-100, contro l’8’’2 della V6.
L’impostazione meccanica è la stessa della Quadrifoglio Verde, salvo l’assenza del servosterzo e l’aggiunta di un differenziale ZF, autobloccante al 25%. L’esterno è però caratterizzato, per la prima volta, dai codolini in plastica dalla forma arrotondata ed in tinta con la carrozzeria, per allargare i passaruota; provvedimento necessario dato l’allargamento delle carreggiate anteriori e posteriori rispettivamente a 1398 e 1388 mm (contro i 1378 e 1368 mm della QV) e l’adozione di ruote 6 1/2 14’’ (allargate rispetto alla QV). All’interno le uniche differenze sono invece nella strumentazione, di nuovo disegno: sotto controllo la pressione del turbo e il sistema anti-knocking.
1.8 Turbo Evoluzione
Una versione “spinta” della 75 1.8 Turbo “Gruppo A” era già stata presentata a Ginevra del 1986, strizzando l’occhio alle corse grazie alla meccanica preparata ad una vistosa configurazione aerodinamica. Esattamente un anno dopo debutta la versione definitiva, prodotta nei 500 esemplari necessari per l’omologazione sportiva (secondo alcuni si arriverà a 510, essendo la numerazione dei telai compresa fra ZAR 162B 10*00059001 e 00059510), di cui oltre il 25% verrà destinato davvero all’uso in pista.
Molte e profonde le modifiche rispetto alla versione Turbo. Innanzitutto, al propulsore 1.8 viene ridotto l’alesaggio di 0,4 mm, portando così la cilindrata totale a 1762 cc. È una misura necessaria per rientrare nella categoria “sotto i tre litri”. Poiché, per i motori sovralimentati, la cilindrata viene moltiplicata per il coefficiente 1.7, la cilindrata “sportiva” viene fissata in 2995 cc, mentre la Turbo di serie avrebbe superato questo limite di 24 cc. La pressione di sovralimentazione viene quindi innalzata a oltre 1 bar e vengono ridisegnati i collettori di scarico. Tuttavia la vettura viene omologata con 155 CV a 5800 giri/min e 23 kgm di coppia: gli stessi valori della Turbo normale. Non saranno in pochi a sospettare una potenza effettiva assai superiore, secondo alcuni anche di qualche decina di cavalli.
Il telaio viene opportunamente adattato all’utilizzo in pista, con apposite modifiche che così verranno omologate: una diversa geometria per la sospensione anteriore, sospensione posteriore rinforzata, barra antirollio maggiorata, mozzi ruota più robusti e ruote in lega BWA con pneumatici 195/55 VR 15.
All’interno, il volante, la strumentazione con grafica arancione e pochi dettagli la distinguono dalla Turbo, ma l’esterno è invece fortemente caratterizzato da una configurazione aerodinamica spinta: mini- gonne, codolini allargati (in vista dell’adozione di pneumatici da gara a sezione allargata), spoiler posteriore e anteriore completamente ridisegnato. Il tutto, frutto di sessioni di test nella galleria del vento Pininfarina, permette una riduzione del CX da 0.35 a 0.33 con un miglioramento della velocità massima di 10 km/h. La carrozzeria è disponibile solo in Rosso Alfa (anche i cechi in lega sono rossi) con un’ancora più vistosa scritta nera “75 TURBO EVOLUZIONE”che corre sulle fiancate. Viene presentata a listino con un prezzo di poco superiore a quello della versione Turbo (ovvero 30.739.000 lire contro 29.028.000 lire).
3.0 V6 America
Al Salone di Ginevra 1987, contemporaneamente alla “Twin Spark” viene presentata anche la nuova top di gamma: la 3.0i V6 America. La vettura – a parte catalizzatore (disponibile su una versione), side markers, interni, cerchioni e vano targa maggiorato – è identica alla Milano Quadrifoglio Verde introdotta sul mercato del nord America. Risaltano i paraurti ad assorbimento di energia, con i soffietti in gomma posti ai lati. Sulla vetture pre-serie utilizzata per le foto ufficiali, la modanatura in plastica laterale non è in plastica nera ma in tinta con la carrozzeria, una variante che non andrà mai in produzione.
Il sei cilindri in lega leggera per la prima volta cresce nella cilindrata e raggiunge i tre litri (2959 cc – 93 x 72,60 mm) e la sua potenza massima sale a 185 CV per 5800 giri/min (che diventano 182 nelle versioni catalizzate prodotte per alcuni mercati). Allo stesso modo, la generosa coppia di 25,5 kgm a 4000 giri/min si riduce a 25,1 kgm. La velocità massima è, rispettivamente, di 220 e 217 Km/h.
La stampa europea non risparmia lodi al propulsore dalla coppia impressionante, alla sicurezza e alla tenuta di strada (anche grazie al differenziale autobloccante al 25%), sottolineando comunque come la versione “America” abbia la vocazione da vettura granturismo.
2.0i Twin Spark
Una delle peculiarità che per anni aveva donato all’Alfa Romeo un vantaggio prestazionale nei confronti della concorrenza era la distribuzione a doppio albero a camme in testa combinata alle camere di scoppio emisferiche ed all’alimentazione singola. Tuttavia, all’alba degli anni Ottanta, alcuni costruttori iniziano a cimentarsi nella costruzione di testate a quattro valvole per cilindro e quindi bialbero. Contemporaneamente, le sempre più restrittive norme sulle emissioni e la crisi petrolifera, portano allo sviluppo e all’utilizzo dell’iniezione elettronica. In questo modo il gap tecnologico prestazionale dei motori Alfa Romeo viene rapidamente eroso ed il buon bialbero di due litri, pur restando un ottimo motore, perde la sua peculiare eccellenza.
Per questo motivo, già anni prima, i tavoli da disegno di Arese si affollano di nuovi progetti, soprattutto riguardanti un propulsore a quattro cilindri in linea di nuova concezione, approfittando anche della necessità di sostituire gli obsoleti impianti di fabbricazione. Sono allo studio testate a due, tre e quattro valvole per cilindro, con una o due candele. Ai banchi girano diversi prototipi e fra le soluzioni più quotate vi è proprio il tre valvole a due candele per cilindro.
Poi la crisi che investe l’azienda, la fretta di sfornare nuovi prodotti e i “budget” risicati portano progettisti e dirigenti ad optare per una soluzione più tradizionale: una nuova testata – ma ancora a due valvole – montata sul “vecchio e glorioso” basamento in alluminio. Prende avvio così lo sviluppo di quello che sarà denominato “Twin Spark”, a doppia accensione.
La base di partenza è appunto il bialbero di due litri, questa volta però con “testa stretta”, cioè con valvole inclinate fra loro di 46 gradi invece dei consueti 80, una soluzione già precedentemente provata in gara sulle 1750 e 2000 GTAm. Ma l’altra caratteristica saliente è l’accensione con due candele per cilindro: da un lato permette una migliore propagazione del fronte di fiamma e quindi una migliore combustione (con benefici anche sulle emissioni), dall’altro permette di adottare valvole di maggior diametro, a tutto vantaggio delle prestazioni massime ad alti regimi.
Per garantire fluidità di funzionamento ed elasticità di marcia, il 2.0 Twin Spark viene inoltre dotato di iniezione/accensione integrata Bosch Motronic ME 7 e di un variatore di fase (brevetto Alfa Romeo) che, al debutto sullo Spider statunitense del 1980, giunge alla seconda generazione, con comando elettroidraulico a controllo elettronico. Così la potenza raggiunge i 148 CV a 5800 giri/min per una coppia di 19 kgm a 4700 giri/min.
Sono valori estremamente elevati rispetto alla concorrenza che portano la Twin Spark ad una velocità di 205 Km/h, rendendola di fatto la due litri più veloce sul mercato con un’accelerazione da 0-100 di soli 8’’2. Tali doti vengono anche esaltate dal suo comportamento brillante e sportivo, reso ancora più efficace dall’utilizzo del differenziale autobloccante al 25% di serie. Del modello viene presentata una versione con catalizzatore (leggermente meno brillante poiché i cavalli scendono a 146 e la coppia a 18.2 kgm, rispettivamente a 5800 e 4000 giri/min.
Esternamente, la carrozzeria si distingue per l’adozione delle minigonne, dei codolini sui passaruota (più squadrati rispetto a quelli della Turbo), dei deflettori ai finestrini anteriori, di un nuovo specchietto retrovisore e di uno spoiler posteriore, ricavato allungando la modanatura in plastica antracite. Fasce paraurti in tinta e lavafari completano l’insieme. I cerchi in lega Speedline o BWA sono disponibili come optional, con pneumatici della stessa misura adottata sulle ruote in lamiera (195/60 VR 14). L’insieme degli aggiornamenti permetterà un miglioramento del CX del 4,5%.
All’interno, invece, nuovi rivestimenti per i sedili, una diversa grafica per la strumentazione (arancione) e volante di nuovo disegno. Optional “obbligatorio” (secondo una criticabile consuetudine dell’Alfa Romeo) il servosterzo ZF.
Alla fine del 1988, tutta la gamma del modello verrà rivista e la Twin Spark seguirà gli aggiornamenti estetici: nuova calandra, nuova grafica della strumentazione e gruppi ottici posteriori rossi con fascia catarifrangente anch’essa rossa. Tutta la gamma avrà inoltre una nuova grafica per le scritte identificative (inaugurata con la 164), comune a tutti i modelli Alfa Romeo dopo l’acquisto da parte del Gruppo Fiat.
Inizialmente, sul mercato svizzero la gamma della Twin Spark viene invece sdoppiata: la 2.0i Twin Spark eredita l’allestimento semplificato della “vecchia” due litri a carburatori, mentre la caratterizzazione sportiva della versione italiana è ripresa sulla “S”. Fra le versioni speciali, spicca la serie numerata ASN (Allestimento Speciale Numerato) condiviso, in alcuni mercati, con la Turbo.
75 Iniezione Elettronica
A quasi quattro anni dalla presentazione, l’intera gamma viene sottoposta ad un leggero lifting con il quale cambia notevolmente l’aspetto della vettura. La mascherina della calandra è nuova, con la cornice verniciata e la grigliatura nera che racchiude uno scudetto in maggiore risalto con bordi cromati. Al posteriore, la fascia catarifrangente è ora di colore rosso, come il resto dei gruppi ottici. Anche la grafica delle scritte viene uniformata a quella del resto della gamma, secondo la grafica inaugurata con la 164. È anche l’occasione per rivedere le versioni e le motorizzazioni proposte che vengono aggiornate con allestimenti più curati. Le versioni dotate di catalizzatore verranno inoltre denominate “Europa” seguendo la consuetudine allora adottata dal Gruppo Fiat.
75 Iniezione Elettronica- 1.8 IE (1988)
Alla fine del 1988 nasce la 1.8 IE (Iniezione Elettronica): potenza e coppia sono, rispettivamente, di 122 CV e 16 kgm a 5500 e 4000giri/min per una velocità massima di 190 km/h.
Esternamente la carrozzeria è dotata di spoiler posteriore (come sulla Twin Spark) ma non di codolini e minigonne. Gli specchi retrovisori ed i paraurti sono di colore grigio e i cerchi sono in lamiera. Vengono rivisti anche gli interni che vengono curati con l’introduzione di una nuova tappezzeria. Il servosterzo è opzionale.
A partire dall’anno successivo, viene introdotta anche una versione catalizzata, con iniezione Bosch Motronic ML 4.1 e due cavalli motore in meno, predisposta per quei paesi in cui il catalizzatore è già obbligatorio. In alcuni stati sarà possibile acquistare ancora per qualche anno la versione priva di catalizzatore, come ad esempio in Italia dove questo avverrà fino al 1991. - 1.6 IE (1989)
L’adozione dell’iniezione elettronica (Bosch Motronic ML 4.1) e del variatore di fase coinvolge anche la base della gamma, con il lancio, nel 1989, della 1.6 IE da 105 CV a 6000 giri/min (103 CV per la versione catalizzata, presentata nel 1990). Sul fronte delle prestazioni, non si notano differenze rispetto alla versione a carburatori, nonostante i 5 CV in meno.
Si distingue dalle altre versioni per i paraurti grigi, l’assenza dello spoiler posteriore (che la differenzia dalla 1.8 IE) e gli indicatori di direzione arancioni.
Insieme alla 2.0 Turbo Diesel, nel 1992 subirà un ultimo aggiornamento con paraurti e specchietti in tinta, spoiler posteriore e interni tipo-Twin Spark.
IMSA E COMPETIZIONI
Come abbiamo detto, l’Alfa 75 è caratterizzata da una meccanica raffinata, complessa e prestigiosa, ma anche di vecchia generazione (se pensiamo alla sua derivazione dall’Alfetta). Se questo fattore non ne comprometterà il successo ed il primato su strada, farà però emergere dei vistosi limiti durante le competizioni, quando si troverà a confrontarsi con avversarie di concezione più moderna.
Quando viene presentato il prototipo della Turbo del Gruppo A, al Salone di Ginevra 1986, è subito chiaro che a rivestire il ruolo di portacolori sarà proprio la versione sovralimentata, mandando in pensione il V6 che si sta ancora difendendo nell’Euroturismo sulla GTV6, dominando quattro Campionati consecutivi, dal 1982 al 1985. Ad agosto del 1986 scende in pista la vettura vera, guidata dal pilota e collaudatore Giorgio Francia su cui si lavora soprattutto sulla meccanica, in quanto ancora non sono state omologate le opportune modifiche aerodinamiche.
Il propulsore, originariamente da 155 CV, deve arrivare ad erogarne quasi il doppio: nuovi alberi a camme, nuovi pistoni, un intercooler maggiorato e la centralina di iniezione riprogrammata, che aumenta la pressione di sovralimentazione fino a 1.5 bar, permettono di raggiungere i 280 CV a 5800 giri/min, con una vertiginosa coppia che sfiora i 39 kgm a 4000 giri/min.
Il telaio deve essere adeguato alle prestazioni ed all’uso in pista: un roll bar a gabbia serve anche ad incrementarne la rigidità, mentre soprattutto per la sicurezza del pilota è l’impianto antincendio. Le sospensioni vengono riviste con molle più rigide, ammortizzatori regolabili Koni e barre antirollio maggiorate. Tutti i Silent block vengono sostituiti con i più precisi Uniball metallici ed il serbatoio di sicurezza portato alla capacità di 110 litri.
I cerchi in lega Speed-line con attacco centrale alloggiano pneumatici slick Pirelli di generose dimensioni: 240/40-14 all’anteriore e 245/45-14 sulle motrici posteriori.
Nell’aprile del 1987 finalmente vengono omologati i nuovi particolari, meccanici ed aerodinamici, presentati sulla Turbo Evoluzione. Vittorio Ghidella, Amministratore Delegato, incarica quindi Giorgio Pianta, a capo dell’Alfa Corse, di preparare la vettura in tempo per partecipare alla prima gara del neonato WTCC (World Touring Car Championship), a Monza, che prenderà il via appena due mesi più tardi.
Nuovo cambio, nuovi mozzi ruota regolabili e pneumatici di misura diversa (225/595 e 245/610 Pirelli Corsa) si aggiungono alla più efficiente configurazione aerodinamica (CX di 0,33 contro il normale 0,35). L’impianto frenante può contare su dischi autoventilanti della Brembo da 320 e 300 mm con pinze in alluminio a quattro pompanti. Al posteriore i dischi, originariamente in-board, vengono trasferiti sulle ruote per un migliore raffreddamento e una più agevole manutenzione. Il peso è contenuto in 960 Kg per una velocità massima che raggiunge i 250 km/h ed un’accelerazione da 0 a100 di soli 5’’2.
Il nuovo Mondiale, inaugurato proprio nel 1987, non nasce però sotto una buona stella. Tantomeno per l’Alfa Romeo. I costi sono ingenti e solo pochi costruttori possono reggere l’investimento, escludendo molti team privati. Alla fine solo sei vetture potranno ottenere punti mondiali, avendo pagato l’elevatissima tassa di iscrizione (6 Alfa Romeo 75 Turbo Evoluzione, 4 BMW M3, 3 Ford Sierra Cosworth, una Maserati Biturbo ed una Alfa Romeo 33). Gli altri concorrenti in gara, Toyota Supra, Nissan Skyline e Holden Commodore, non avranno diritto a punti o a premi in denaro.
Si aggiungeranno continui fraintendimenti dei regolamenti, squalifiche e defezioni, tanto che, al termine della stagione, il neonato WTCC verrà soppresso. Senza troppi rimpianti per l’Alfa Romeo che, nonostante un team di ottimi piloti (Alessandro Nannini, Riccardo Patrese, Michael Andretti, Giorgio Francia, Paolo Barilla, Jacques Laffite, Jean-Louis Schlesser e, talvolta, perfino il direttore tecnico Giorgio Pianta) non otterrà risultati apprezzabili e deciderà addirittura di rinunciare alle costose gare oltreoceano per concentrare le risorse su altre categorie.
Contemporaneamente, grazie ai privati, la 75 Turbo Evoluzione prende parte al campionato turismo tedesco (il DTM). La vettura è di colore bianco ed è seguita e preparata dal Team ATM di Frieder Nikkel per Kurt Thiim, che è stato vincitore della stagione ‘86 con la Rover. Già dai primi test effettuati a Zolder, però, la 75 si rivela lenta: in gara è penalizzata dal peso minimo di 1150 Kg imposto per le vetture tre litri (contro i 1000 chili della BMW M3) otterrà un ottavo posto (proprio a Zolder) come miglior piazzamento.
Maggiori soddisfazioni arriveranno dal Campionato Italiano Velocità Turismo (CIVT) a partire dalla stagione 1988. Sarà infatti nell’anno del debutto che la Turbo Evoluzione di Gianfranco Brancatelli si aggiudicherà il titolo, mentre numerose vittorie andranno anche ai compagni di squadra Giorgio Francia, Nicola Larini, Enrico Bertaggia, Riccardo Patrese e Mauro Baldi.
Nelle stagioni successive la concorrenza della BMW si fa più agguerrita e la 75 subisce continue e profonde evoluzioni tanto che, nel 1991, la potenza verrà portata a 440 CV a 6000 giri/min. Tuttavia, nel 1989 non basteranno 7 vittorie (4 ottenute da Francia e 3 da Larini) per aggiudicarsi il tricolore e non lo saranno neanche le 4 vittorie dell’anno successivo, quando il campionato cambierà nome in Superturismo. Giorgio Francia disputerà nel 1991 una grande stagione, battuto solo per un soffio dalla M3 di Roberto Ravaglia. Dall’anno successivo il testimone passerà alla 155 GTA sovralimentata e a trazione integrale (in pratica, un’evoluzione da pista della Lancia Delta che sta dominando i rally).
La più “suggestiva” delle 75 da competizione però rimarrà sempre la IMSA, una vettura sviluppata in pochi mesi secondo i regolamenti della International Motor Sport Association per partecipare al Giro d’Italia 1988. Le carreggiate vengono allargate, con il corpo vettura (1820 mm) che presenta vistosi parafanghi in materiale plastico, spoiler posteriore in fibra di carbonio e peso (grazie a numerosi componenti in materiali leggeri) contenuto in soli 960 Kg. La la potenza (che verrà trasmessa al cambio con un albero dotato di giunti cardanici e non in gomma) passerà dai 335 CV a 7200 giri/min del 1988 ai circa 400 dell’anno successivo (notevole la coppia massima di oltre 41 Kgm a 4500 giri/min).
Il Giro d’Italia è una imponente manifestazione, di oltre 1800 Km, che vede alternarsi tappe in pista (con piloti specializzati di alto livello) ed altre su strada, generalmente affidate a equipaggi (pilota e navigatore) provenienti dal mondo dei rally. Nel 1989 Alfa Corse schiera tre vetture, affidate a Patrese-Biasion- Siviero, Larini-Cerrato-Cerri e Nannini-Loubet-Andrié, che chiuderanno nello stesso ordine ai primi tre posti della classifica finale, lasciando agli avversa- ri poco più che le briciole.
Turbo Q.V.
Un successo che verrà replicato anche l’anno successivo, con la vittoria della vettura di Francia- Cerrato-Cerri, seguita dalla gemella affidata a Larini- Biasion-Siviero. Chiuderà in quarta posizione l’equipaggio Guerrero-Loubet-Andrié (Guerrero è il pilota ufficiale della monoposto motorizzata Alfa Romeo al debutto in Formula Indy). La carriera della IMSA si trascinerà ancora per qualche anno in mano a piloti privati, in particolare nel 1992, quando farà qualche apparizione nel Superturismo, accanto alla 155 GTA.
La carriera sportiva della 75 non si limita, però, a questi campionati: gareggerà – con alterne fortune – anche nelle serie Portoghese, Spagnola (con la 3.0 V6 America) e Olandese (2.0 Twin Spark e 3.0 V6), in cui sfoggerà l’originale sponsorizzazione della rivista Playboy. Non solo in pista ma anche nei rally: avrà notevole successo la 75 gestita dalla squadra francese GEMA, con la collaborazione dell’importatore Alfa Romeo d’Oltralpe.
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