In questi giorni si fa un gran parlare del nuovo film “The Devil in the White City”, che scriverà un altro atto della storica collaborazione fra Leonardo DiCaprio e il mitico Martin Scorsese, uno dei più grandi registi della storia del cinema. Qui, però, il tema principale sono le automobili, quindi cogliamo l’occasione della rinnovata liaison artistica per tornare ad occuparci della Ferrari Testarossa del 1991, utilizzata in un altro lavoro dei 2 divi di Hollywood: “The Wolf of Wall Street”.
In quella pellicola, candidata a ben 5 Premi Oscar, insieme a lei c’era una Lamborghini Countach, poi andata distrutta. Nell’articolo odierno ci occupiamo della supercar di Maranello, che è più in linea col target del nostro sito. Come per la serie TV “Miami Vice“, pure qui la scelta cadde sul bianco come colore della carrozzeria, in abbinamento però ad interni in pelle nera e non chiara.
Il legame con l’auto della nota saga poliziesca statunitense viene messo in evidenza dallo stesso protagonista, Jordan Belfort, ovvero il lupo degli investimenti finanziari interpretato in “The Wolf of Wall Street” dal già citato Leonardo DiCaprio, che una scena del film dice, senza mezzi termini: “No, no, no. My Ferrari was white, like Don Johnson’s in Miami Vice, not red”.
La vettura protagonista delle riprese, nel corso degli anni è stata sottoposta ad alcuni passaggi di proprietà. Pur non essendo la più iconica Ferrari Testarossa della settima arte, si è ritagliata uno spazio di primo piano nel mondo del cinema. Con tutto il rispetto per la saga di Miami Vice, più connessa al modello nell’immaginario collettivo, qui la supercar del “cavallino rampante” viaggia su un altro livello, legandosi a due fra i più iconici personaggi di Hollywood: DiCaprio e Martin Scorsese.
C’è però da dire che in questo caso la sua è stata un’apparizione fugace, relativa ad un paio di scene. Niente a che vedere col ruolo di grande protagonista avuto nella serie televisiva con Sonny Crockett e Rico Tubbs, interpretati da Don Johnson e Philip Michael Thomas. I due prodotti cinematografici, per quanto diversi, hanno concorso a sdoganare il bianco sul leggendario modello della casa di Maranello, facendone una delle tinte più desiderate per vestire la sua carrozzeria, almeno nel mondo dorato dei sogni.
Ricordiamo che la Ferrari Testarossa racchiude al meglio lo spirito e l’essenza degli indimenticabili anni ’80, un periodo storico dove il piacere di vivere, di emozionarsi e di guardare avanti con ottimismo era diffuso, al riparo dai discutibili dogmi del politicamente corretto e delle ricette preconfezionate, da accettare per forza, che hanno segnato le epoche successive.
Quella splendida auto sportiva mostrava con orgoglio la sua identità, senza cessioni sul terreno dell’understandment, oggi spesso evocato da alcuni guru del grigiore. Il taglio stilistico conferito da Pininfarina esprimeva carisma da tutti i pori. Impossibile confondere quella vettura con altre. La Ferrari Testarossa aveva un look da antologia, che raggiungeva il diapason nello specchio di coda e nella vista di 3/4 posteriore, dove continua ad rappresentare l’eccellenza assoluta.
Al suo cospetto è facile abbandonarsi alla dimensione onirica, perché questa supercar ha tutte le carte per far dimenticare la banalità e la tristezza di molti aspetti della vita quotidiana. Vederla è terapeutico. Anche le musicalità meccaniche del suo cuore fanno bene all’apparato sensoriale. Il compito della spinta, su questa regina di Maranello, è affidato a un motore V12 da 5 litri di cilindrata, con angolo di 180 gradi fra le bancate, che suona meglio dell’orchestra filarmonica di Vienna. Il suo crescendo rossiniano manda in visibilio chiunque. Anche il grande maestro Hebert von Karajan ne subì il fascino.
Notevole il quadro prestazionale, ben rappresentato dalla velocità massima, che supera quota 290 km/h. Ciò che le cifre non raccontano sono le emozioni vissute a bordo. Anche se non è una belva da pista, come lascerebbero intendere i tratti esteriori, la Ferrari Testarossa è una signora granturismo, capace di regalare un sorriso a 36 denti durante la sua azione. Martin Scorsese ha fatto un’ottima scelta optando per questo modello, presente in alcune scene del suo film “The Wolf of Wall Street“, con Leonardo DiCaprio al volante, nei panni di Jordan Belfort, spregiudicato broker newyorkese.