in

Vittorio Jano: il genio che rivoluzionò il mondo dell’automobile italiana, da Fiat ad Alfa Romeo

Nei primi decenni del Novecento alla Fiat si respirava un’aria di fermento creativo. È qui che parte la carriera di Vittorio Jano.

alfa romeo p2

Nasce il 22 aprile 1891 Vittorio Jano, una delle menti più brillanti nella storia dell’ingegneria automobilistica italiana. Jano cresce in un ambiente fortemente influenzato dalla meccanica e dalla tecnica industriale. Nel 1909, appena diciottenne, ottiene il suo primo impiego presso la Rapid, una piccola azienda torinese attiva nel settore automobilistico. Tuttavia, il vero punto di svolta nella sua carriera arriva due anni più tardi, quando viene assunto dalla Fiat, colosso industriale dell’epoca.

Grazie all’intuito dell’ingegnere Fornaca, all’epoca direttore tecnico della Fiat, Jano viene integrato nell’Ufficio Tecnico guidato da Carlo Cavalli, dove si lavorava allo sviluppo dei modelli da turismo più rappresentativi dell’azienda torinese, come la 501, la 505 e la 510. Ma è proprio in questo reparto che il giovane tecnico piemontese entra in contatto con personalità di spicco come Luigi Bazzi, e inizia a cimentarsi anche nella progettazione di vetture da corsa, dando inizio a una carriera leggendaria.

Vittorio Jano

In quegli anni alla Fiat si respirava un’aria di vivace fermento industriale e creativo. L’azienda non si limitava alla produzione di automobili per uso civile, ma era anche impegnata nello sviluppo di veicoli commerciali, tram, motori aeronautici e persino armamenti leggeri come le mitragliatrici. Nel 1922, la Fiat conquista un’importante vittoria al Gran Premio di Francia a Strasburgo grazie al pilota Felice Nazzaro, dimostrando la superiorità tecnica delle vetture progettate a Torino. Tuttavia, nonostante i successi, all’interno dell’Ufficio Tecnico iniziano a emergere tensioni e rivalità tra i progettisti, tutti animati dal desiderio di primeggiare.

Nel frattempo, a Milano, l’Alfa torna alla produzione di automobili dopo la fine della Grande Guerra. L’azienda, sotto la guida di Nicola Romeo, cambia nome in Alfa Romeo e investe fortemente nelle competizioni automobilistiche. Alla guida del reparto tecnico c’è Giuseppe Merosi, ma è il giovane Enzo Ferrari, allora pilota ufficiale e collaboratore, a intuire la necessità di un salto di qualità nella progettazione delle vetture da corsa. Enzo Ferrari, dotato di grande fiuto per il talento umano, si mette in contatto con Luigi Bazzi, che aveva già lasciato la Fiat. Grazie alla sua influenza, Ferrari lo convince a unirsi all’Alfa Romeo nel 1923. Ma l’obiettivo finale è più ambizioso: ingaggiare proprio Vittorio Jano, considerato il vero artefice dei trionfi torinesi.

fiat 510

Jano, deluso dalle tensioni interne alla Fiat e attratto dalla nuova sfida, decide di trasferirsi a Milano. Porta con sé anche il fidato Secondo Molino. La Fiat reagisce con durezza, arrivando perfino a mandare i carabinieri a casa di Jano per verificare se avesse sottratto documenti riservati. Non trovando nulla, la vicenda risulterà però archiviata.

Una volta approdato al Portello, Jano si getta anima e corpo nello sviluppo della nuova vettura da corsa: l’Alfa Romeo P2. Dotata di un motore otto cilindri da due litri sovralimentato con compressore, la P2 debutta trionfalmente al Gran Premio d’Europa del 1924 a Lione, con la vittoria di Giuseppe Campari. Seguono altri successi, come quello di Antonio Ascari a Monza, che distacca i rivali con margini impressionanti. L’Alfa Romeo entra così nell’Olimpo dell’automobilismo internazionale, spingendo perfino la Fiat ad annunciare il ritiro dalle competizioni per “manifesta inferiorità”.

Le vittorie continuano a susseguirsi in tutte le più importanti competizioni del tempo: Mille Miglia, Targa Florio, Coppa Acerbo. Ma con l’avvento dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI), la situazione cambia: il nuovo direttore Ugo Gobbato riduce le funzioni di Jano, che mal sopporta la crescente burocrazia.

Nel 1937, stanco dell’ambiente burocratico e delle lotte interne, Jano lascia l’Alfa Romeo e torna a Torino, accettando un nuovo incarico alla Lancia, come direttore del Reparto Esperienze. Inizia così un’altra fase brillante della sua lunghissima carriera, quella finale, che lo vedrà ancora una volta protagonista nella progettazione di vetture stradali e da competizione.