Il vento è cambiato, e Termoli lo sente forte e chiaro. Quello che per decenni è stato uno dei pilastri dell’industria automobilistica italiana è oggi protagonista di un lento, ma inesorabile declino. Il sito produttivo di Stellantis, che un tempo impiegava oltre 3.500 lavoratori, si avvia verso una progressiva dismissione.
Le dichiarazioni dei sindacati non lasciano spazio a interpretazioni: “Da giugno o luglio non ci sarà più nulla da assemblare”. Il mese scorso a Termoli erano già emersi segnali inquietanti: il calo strutturale della domanda di motori endotermici, l’interruzione della produzione del motore Nettuno V6 per Maserati, il tramonto del GME per Alfa Romeo e l’incertezza totale sul futuro del piccolo GSE 1.0L, cuore delle Fiat Panda e 500 ibride. A completare il quadro, l’abbandono quasi ufficiale del progetto di trasformazione dello stabilimento in una gigafactory di batterie targata ACC.
Oggi, le immagini che giungono da Termoli parlano più delle parole: camion che trasportano componentistica dismessa, operai che osservano con amarezza un impianto che si svuota. “È uno smantellamento lento e metodico”, denuncia Gianluca Falcone, segretario FIOM Molise. La produzione della linea Fire è ferma. I propulsori a 8 valvole sono già storia, quelli a 16 valvole scompariranno entro l’estate. Il GME è destinato all’oblio, mentre il V6 è considerato troppo costoso per sopravvivere. E la fabbrica di batterie, annunciata come svolta verde del sito, è evaporata nel nulla.
La tanto decantata gigafactory di Termoli, celebrata da esponenti politici locali e nazionali, oggi appare come una promessa svanita nel vento. Perfino John Elkann, durante un’audizione parlamentare, ha ammesso che costruirla “sarebbe estremamente complesso” a causa dei costi energetici troppo elevati.
Intanto, la Spagna conquista 4 miliardi di euro di investimenti e stringe alleanze strategiche con la cinese CATL, mentre i 370 milioni della Regione Molise vengono congelati. Oggi, meno di 2.000 lavoratori di Termoli si trovano senza certezze, stretti tra una transizione industriale mal pianificata e una mancanza cronica di alternative. La produzione della trasmissione eDCT, inizialmente vista come una possibile via d’uscita, coinvolgerà appena 300 dipendenti, ma solo a partire dal 2026. E fino ad allora? È la domanda che rimbalza tra i capannoni sempre più vuoti dello stabilimento molisano. L’unica fiammella di speranza arriva dalla futura Fiat 500 ibrida attesa per novembre 2025.