Le case automobilistiche sembrano decise a non sottostare ai diktat dell’UE sulla transizione energetica. A testimoniare l’aria di ribellione che inizia a serpeggiare nel settore è una bozza proposta da quella che è considerata la lobby dell’industria ACEA (European Automobile Manufacturers’ Association).
Il documento è stato visionato da Bloomberg e al suo interno si chiede espressamente all’Unione Europea di ricorrere a una regolamentazione di emergenza tesa a rinviare di due anni i suoi obiettivi sulle emissioni per il 2025 a carico delle case automobilistiche. Una proposta che potrebbe trovare una sponda presso alcune parti politiche le quali non gradiscono l’integralismo che caratterizza al momento le istituzioni europee sul tema.
ACEA chiede di posticipare i piani predisposti per il 2025, in tema di emissioni
La questione che preoccupa l’ACEA è quella relativa alle norme predisposte dall’UE al fine di conseguire un’emissione complessiva di anidride carbonica da parte del parco auto circolante, pari a circa 95 grammi al chilometro. Un dato che ove centrato, permetterebbe di registrare un importante calo rispetto ai 106,6 grammi del 2023.
Il problema è che il tentativo di raggiungere un risultato così significativo, si tradurrebbe in un vero e proprio salasso per le case automobilistiche. Le aziende del settore, infatti, si troverebbero di fronte a un bivio: interrompere la produzione di circa 2 milioni di auto o esporsi a multe che potrebbero raggiungere i 13 miliardi di euro (14,3 miliardi di dollari) per le autovetture e altri 3 miliardi di euro per i furgoni. Dati riferiti proprio da ACEA all’interno della bozza informale del documento che è stato visionato da Bloomberg.
Come è facile capire, si tratta di due soluzioni entrambe catastrofiche per le case. Al riguardo il rapporto non lascia dubbi: “L’UE è in crisi a causa della bassa domanda di veicoli elettrici da parte dei consumatori e della concorrenza sleale dei produttori di veicoli elettrici dei paesi terzi, il che significa che l’industria dell’UE non sarà in grado di raggiungere questi obiettivi di riduzione”.
Milioni di posti di lavoro a repentaglio nell’UE: la drammatica prospettiva agitata da ACEA
Per far capire ancora meglio cosa si stia preparando lungo il vecchio continente, il documento di ACEA snocciola quindi previsioni da tregenda. Afferma infatti: “L’industria dell’UE non avrà altra scelta se non quella di tagliare significativamente la produzione, il che metterà a repentaglio milioni di posti di lavoro nell’UE, danneggerà i consumatori e avrà un impatto negativo sulla competitività e sulla sicurezza economica dell’UE”.
Considerate le avvisaglie di questi giorni, con licenziamenti messi in preventivo da Volkswagen, Stellantis e altre aziende, si tratta di affermazioni non proprio avventate. Del resto precedute da quanto affermato qualche settimana fa da Luca de Meo, il CEO di Renault. Era stato proprio lui a ricordare che le case automobilistiche erano praticamente impossibilitate a rispettare gli obiettivi climatici per il 2025.
A rendere impossibile per molte di esse raggiungere il traguardo il forte rallentamento attraversato dal mercato delle auto auto elettriche. Ne consegue lo spettro di multe miliardarie, tale da poter essere scansato solo evitando di produrre e vendere auto con motore termico. Un vero e proprio paradosso, soprattutto in un momento in cui la congiuntura economica volge al peggio.
Mettere a rischio un gran numero di posti di lavoro solo per non voler prendere in considerazione alternative praticabili, sta però provocando non poche resistenze nella società. Anche perché le ali estreme, di destra e di sinistra, si stanno rafforzando sempre di più, come dimostrato dal recente risultato delle regionali tedesche.
Luca de Meo torna ad avvertire l’UE
Proprio Luca de Meo è tornato sull’argomento, nel corso degli ultimi giorni. Lo ha fatto rilasciando un’intervista alla radio francese, in cui ha chiesto alla Commissione Europea maggiore flessibilità. Una flessibilità che dovrebbe riguardare in primis gli obiettivi sulle emissioni fissati per il 2025.
Nel frattempo, un portavoce di ACEA afferma che l’associazione non ha pubblicato una presa di posizione, non avendone ancora una ben precisa. Così come un incaricato di Renault per i rapporti coi media ha rifiutato commenti.
Il fronte avverso, però, non si è fatto pregare per alzare subito un fuoco di sbarramento. In particolare, lo ha fatto il gruppo ambientalista Transport & Environment, il quale non ha esitato a definire “assurda” la proposta di rinviare i nuovi obiettivi. A giustificare il giudizio il fatto che, secondo l’ente, le case automobilistiche hanno avuto tutto il tempo per prepararsi e hanno beneficiato di elevati margini di profitto dopo la pandemia di coronavirus.
Queste le parole rilasciate al riguardo da Marie Cheron, responsabile delle politiche sui veicoli presso T & E France, in un comunicato pubblicato il 13 settembre: “L’approccio della lobby dell’industria automobilistica è assurdo”, I produttori hanno realizzato più di 130 miliardi di euro di profitti dal 2022 e hanno avuto anni per prepararsi all’obiettivo. Ora stanno cercando di innescare uno stato di emergenza in modo da poter continuare a vendere auto inquinanti”.
I motivi della crisi
Il settore automobilistico europeo si trova alle prese con una crisi derivante da vari fattori. Il primo dei quali è la concorrenza sempre più forte delle auto elettriche cinesi. Cui si aggiungono gli alti costi energetici e livelli inflattivi che sono andati a intaccare la domanda di veicoli elettrici da parte dei consumatori. Il tutto con la dead line fissata al 2035 per i veicoli provvisti di motore termico.
La stessa ACEA, ha pubblicato sul proprio sito web questa dichiarazione, il 12 settembre: “L’industria automobilistica dell’UE ha investito miliardi nell’elettrificazione per immettere i veicoli sul mercato, ma gli altri ingredienti necessari per questa transizione non sono presenti e la competitività dell’UE si sta erodendo”.
Stando alla bozza, per portare l’intero mercato automobilistico dell’UE a rispettare le più severe norme sulle emissioni del 2025, la quota di veicoli elettrici tra autovetture e furgoni dovrebbe attestarsi tra il 20 e il 22%. Al momento, però, è bloccato al 15% per le auto e molto più in basso per i furgoni. Una situazione che spinge Robin Loos, numero due per il trasporto energetico e la sostenibilità presso l’associazione dei consumatori BEUC, ad affermare: “È un percorso difficile, questi obiettivi sono stati stabiliti sei anni fa. Questa chiamata dell’ultimo minuto è rappresentativa di ciò che una parte del settore non ha previsto bene”.
La situazione di Volkswagen è molto delicata
Tra coloro che non raggiungeranno gli obiettivi del 2025, c’è anche Volkswagen. Il gruppo si trova in una situazione molto delicata e le multe in arrivo potrebbero metterla ancora più in bilico. A ricordarlo è Philippe Houchois, analista di Jefferies, in una nota pubblicata all’inizio del mese.
Il momento del marchio tedesco è talmente negativo da aver costretto la casa a eliminare gli accordi coi sindacati relativi allo stop dei licenziamenti in sei stabilimenti tedeschi. Se le norme sulle emissioni di CO2 per il 2025 non dovessero mutare, l’azienda di Wolfsburg si troverebbe in grande difficoltà a far quadrare i conti anche realizzando un piano lacrime e sangue per riportare i costi sotto controllo.
Non stupisce eccessivamente, quindi, che anche una parte della politica inizi a guardare con un certo fastidio all’oltranzismo ambientalista dell’UE. Soprattutto in considerazione dei malumori sempre più evidenti dell’elettorato.