Anche Northvolt, un importante produttore di batterie per l’industria europea dei veicoli elettrici, si ritrova a fare i conti con il forte rallentamento del mercato delle auto elettriche. L’azienda svedese, per cercare di non esporre il fianco agli spifferi sempre più forti, ha quindi annunciato nella giornata di ieri la sua intenzione di tagliare posti di lavoro, chiudere uno dei suoi siti e avviare trattative con partner e investitori tese a garantire il futuro di uno stabilimento in Polonia.
Northvolt: cosa sta accadendo?
Northvolt è una delle maggiori aziende tecnologiche private operanti in Europa. L’azienda svedese, di stanza a Stoccolma, si dedica alla costruzione di batterie agli ioni di litio per l’industria dei veicoli elettrici. In tale veste può vantare partnership con numerose importanti case automobilistiche europee, a partire da Volvo e Volkswagen.
Una posizione tale da farne, paradossalmente, uno dei più marchi più esposti alla crisi in cui versa il mercato delle auto elettriche. Una crisi la quale ha costretto la dirigenza di Northvolt a prendere atto dell’impossibilità di usare metodi diversi da quelli consueti in questi casi, ovvero i tagli.
A seguito della revisione strategica della propria attività, Northvolt ha infatti affermato di aver dovuto prendere “alcune decisioni difficili sulle dimensioni della nostra forza lavoro per soddisfare le esigenze di una scala ridotta di operazioni”.
L’azienda non ha per ora provveduto a divulgare dettagli su quanti posti di lavoro sarebbero interessati dal processo di ristrutturazione. Ha infatti affermato: “Non sono state prese decisioni definitive sulla natura precisa di eventuali ridimensionamenti”. Per poi aggiungere: “Resteremo in discussioni costruttive con i sindacati e faremo in modo che venga fatto ogni sforzo per ridurre al minimo la necessità di licenziamenti”. Una nota che, però, non lascia certo tranquilli i pur potenti sindacati svedesi, che guardano con grande preoccupazione al susseguirsi degli eventi.
Un ambiente macroeconomico difficile
Il produttore di batterie ha citato un ambiente macroeconomico difficile come base della necessità di rivedere la strategia sin qui adottata. Una strategia la quale necessita di una successiva rivalutazione delle priorità a breve termine, che tradotta in termini più immediati non vuol dire altro che tagli. Tesi a ridurre i costi di gestione e mettere l’azienda in condizione di fronteggiare meglio il momento delicato.
Lo ha spiegato Peter Carlsson, CEO e co-fondatore di Northvolt. Il quale ha poi aggiunto: “Per quanto difficile possa essere, concentrarci su ciò che è il nostro core business ci spiana la strada per costruire una solida base a lungo termine per una crescita che contribuisca alle ambizioni occidentali di stabilire un’industria delle batterie nazionale”.
Anche l’azienda scandinava, quindi, ha dovuto prendere atto di quanto sta accadendo alla domanda di auto elettriche. Un trend molto negativo, che si è andato a mixare ad una serie di pressioni nel corso degli ultimi mesi. In un quadro di questo genere, ha quindi ritenuto che fosse meglio operare tagli oggi, per non doverne proporre di più ampi nei prossimi mesi. Presentarsi snellita alla prova del mercato può in effetti aiutare Northvolt a resistere meglio. Anche se non saranno d’accordo i lavoratori coinvolti nella ristrutturazione.
I dati dell’European Alternative Fuels Observatory non lasciano scampo
Per capire meglio la decisione presa dall’azienda svedese, occorre ricordare un semplice dato; in Europa, le immatricolazioni di veicoli elettrici sono diminuite del 3% anno su anno nel mese di maggio. I dati in questione sono stati resi noti dall’European Alternative Fuels Observatory a luglio. Le immatricolazioni di ibridi plug-in, nel frattempo, sono diminuite del 10% anno su anno, attestandosi a quota 226mila.
Un trend con cui anche Northvolt ha dovuto convivere. Nel corso del passato mese di giugno, infatti, l’azienda ha dovuto registrare una battuta d’arresto estremamente significativa, quella derivante dalla decisione presa da BMW, che ha annullato un accordo del valore di 2 miliardi di euro per la fornitura di batterie per veicoli elettrici a partire dal 2024.
All’epoca la BMW, considerata un cliente chiave, affermò che l’accordo era stato annullato in quanto Northvolt non era riuscita a consegnare nei tempi previsti. Si tratti di verità o meno, la società ha comunque dovuto prendere atto della nuova situazione. Per farlo, ha deciso di procedere con i licenziamenti e con il consolidamento di alcune delle sue principali attività di produzione di batterie in tutta Europa.
Il programma Northvolt preoccupa molto i sindacati
Un programma di consolidamento che sembra fatto apposta per acuire le preoccupazioni dei sindacati. Nella città di Skellefteå, posizionata nella Svezia settentrionale, il marchio ha affermato che il suo impianto di produzione di materiali attivi per catodi, Northvolt Ett Upstream 1, sarà posto in manutenzione e assistenza fino a nuovo avviso. Una mossa tesa a semplificare i costi operativi e ottimizzare la sequenza di un aumento della produzione.
Mentre verrà definitivamente concluso il programma Northvolt Fem dell’azienda nella città di Kvarnsveden a Borlänge, Svezia. In questo caso l’azienda ha affermato di aver già concordato la vendita del sito, acquisito nel 2022, senza però precisare chi sia l’acquirente.
Per quanto concerne Danzica, in Polonia, Northvolt ha affermato la sua intenzione di avviare le trattative con potenziali partner e investitori per la divisione Northvolt Systems. Occorre in questo caso soltanto capire se si tratterà di una cessione totale o parziale della stessa, che comprende anche il sito di produzione di sistemi di batterie Northvolt Dwa.
Anche gli Stati Uniti sono interessati dal processo di ristrutturazione in atto. In questo caso, Northvolt ha affermato di aver comunicato la sua intenzione di integrare la propria sussidiaria californiana Cuberg e la tecnologia del litio metallico nella sua unità Northvolt Labs in Svezia.
Chi sostiene Northvolt?
Northvolt è reduce da una valutazione privata per 12 miliardi di dollari. È sostenuta da una lunga serie di importanti investitori blue chip. Un novero in cui spicca il più grande gestore patrimoniale a livello globale, BlackRock. Cui aggiungono altri grandi nomi come Goldman Sachs, Volkswagen, Baillie Gifford, uno dei primi sostenitori di Tesla, e GIC, il fondo sovrano di Singapore.
L’azienda è considerata un candidato chiave per una IPO (Initial Public Offering) nell’ecosistema tecnologico europeo. All’inizio del 2023, Reuters aveva riferito i lavori di preparazione della società in vista della quotazione in borsa. Citando quattro fonti anonime, aveva aggiunto che la valutazione su cui si stava lavorando era intorno ai 20 miliardi di dollari.
Cifre e dati tali da far comprendere come la crisi non guardi in faccia a nessuno, neanche un gigante in ascesa come l’azienda svedese.