Che sia l’inizio della fine? Le auto a idrogeno non hanno mai convinto il pubblico, nonostante grandi case automobilistiche, come Toyota, abbiano sondato la strada con piani precisi, volti a richiamare un’ampia platea di guidatori. Peccato che i buoni propositi espressi dall’azienda nipponica si siano rivelati finora un buco nell’acqua. Sebbene i portavoce delle Tre Ellissi preannuncino di volerci riprovare, loro stessi ammettono di aver fatto male i propri conti. Speravano di suscitare l’interesse di tanti affezionati acquirenti e invece sono andati incontro a un flop bruciante. Ora arrivano ulteriori notizie, altrettanto infelici.
La California, da sempre considerata un terreno fertile dove creare e sviluppare modelli innovativi, sta mostrando dei segnali preoccupanti di cedimenti. L’ultima fragorosa uscita è di Shell, con la chiusura delle stazioni di rifornimento H nello stato. Un segno evidente del clima di sfiducia venutosi a creare in proposito, frutto dei numeri commerciali insufficienti.
Auto a idrogeno: Shell mette una pietra sopra in California
Stando alla tesi ufficiale della compagnia petrolifera, dietro vi sarebbero delle complicazioni nella fornitura e altri fattori di mercato esterni. Tuttavia, alla luce della situazione venutasi a creare è difficile credere ciecamente nelle parole del colosso petrolifero. Malgrado la riluttanza nell’ammettere la sconfitta, la scarsa diffusione delle auto a idrogeno (FCEV) pare la ragione più plausibile. A fronte di un parco auto californiano di oltre 40 milioni di vetture, le FCEV immatricolate sono state appena 3.143 nel 2023, meno dell’1% delle auto elettriche vendute nello stesso arco temporale.
In aggiunta a Toyota, pure la connazionale Honda conferma di credere nella forma innovativa di alimentazione. Al di là delle parole, il marchio del Sol Levante prosegue gli investimenti, ma è difficile stabilire per quanto tempo ancora. Perché finora le operazioni compiute hanno riscosso la totale indifferenza dei potenziali consumatori. La scarsa diffusione è da imputare a una serie di fattori, tra cui l’elevato costo di produzione e di acquisto. Inoltre, incide in senso negativo la scarsità delle infrastrutture di rifornimento e, in confronto alle BEV, l’autonomia risulta inferiore. Ora, tenuto conto del timore manifestato dai conducenti circa l’eventualità di rimanere “appiedati” riguardante le full electric, il sentiment viene inasprito dalle FCEV.
La scelta di Shell, unita alla precedente interruzione del programma di espansione della stazione di rifornimento, costituisce l’ennesima battuta d’arresto per i piani di conquista degli operatori attivi nel campo.
Il 2024 si prospetta come un anno cruciale per capire il futuro delle auto a idrogeno. Le tecnologie innovative e le risorse economiche profuse dai player di settore potrebbero dare una svolta, oppure confermarne la marginalità nel panorama. Prima di gettare definitivamente la spugna, sarebbe il caso di attendere, ma il tempo stringe e, di questo passo, sarà dura rimettersi sui binari giusti.