Sino a qualche mese fa difficilmente qualcuno si sarebbe sognato di mettere in discussione l’auto elettrica. L’entusiasmo dell’opinione pubblica europea consigliava gli scettici a mettere la sordina alle proprie convinzioni, per non esporsi a possibili rovesci elettorali.
Da allora, però, il quadro è mutato completamente. Il mercato delle auto green è sostanzialmente fermo e sta causando una crisi gravissima nell’automotive continentale. Simboleggiato dalla situazione di Volkswagen, che a detta dei suoi dirigenti ha un anno o due per rimettere a posto le cose. In assenza di risultati concreti, in tal senso, il glorioso marchio tedesco potrebbe addirittura veder messa in pericolo la propria esistenza.
Thierry Breton convoca le aziende delle quattro ruote: vediamo perché
Anche la politica europea ha dovuto prendere atto degli eventi. A testimoniarlo è la decisione presa da Thierry Breton, commissario di Bruxelles al Mercato interno, il quale ha deciso di convocare le aziende del settore nel preciso intento di fare il punto della situazione. Desta però più di un dubbio il messaggio da lui lanciato: “Dobbiamo accelerare per raggiungere l’obiettivo del 2035”. Accelerazioni in tal senso, infatti, rischiano di far deragliare l’UE.
Una decisione che testimonia come si tratti di giorni decisivi per il destino dell’auto elettrica europea. Dopo settimane in cui l’opinione pubblica ha assistito ad una vera e propria sarabanda di indiscrezioni e avvertimenti, ora dalle schermaglie si passa ai fatti. Lo testimonia del resto la presentazione del piano di Mario Draghi per rendere realtà l’auto elettrica europea, “The future of European competitiveness”,in cui l’ex numero uno della BCE ha delineato le mosse da fare per riuscirci.
Ora è Breton a cogliere la palla al balzo. Nel convocare le aziende delle quattro ruote per fare il punto della situazione, lancia un messaggio che fa capire immediatamente le sua intenzioni: nessuna esitazione per raggiungere l’obiettivo del 2035. Un messaggio reso necessario dalla preoccupazione per i ritardi collezionati dai costruttori verso l’appuntamento con l’elettrificazione.
Auto elettrica: si va verso lo scontro?
Nessuna marcia indietro, di conseguenza, sullo stop alla vendita dei veicoli a benzina e diesel preventivato dall’Unione Europea. Una strada sulla quale, però, gli ostacoli sono talmente forti da rischiare il deragliamento di buona parte dell’automotive europeo. Con un risultato paradossale: ad arrivare a quell’appuntamento per approfittarne al meglio potrebbero essere gli odiati marchi cinesi.
Lo stesso Draghi non ha avuto particolari difficoltà a ricordare come i produttori orientali siano largamente avanti. Talmente avanti che i dazi contro di loro, alla fine potrebbero rivolgersi contro quelli europei, a partire da Volkswagen, chiudendo praticamente la possibilità di riversare i propri prodotti su un mercato chiave come quello del Dragone.
Al centro degli Stati generali saranno messi fondi per la transizione, colonnine di ricarica, batterie, materie prime e competenze dei lavoratori. Se l’obiettivo è quello di mettere nero su bianco quanto scritto da Draghi nel suo rapporto, l’evento potrebbe invece dare la stura per i malumori sempre più evidenti del settore. Resi pubblici dall’intervista rilasciata da Luca de Meo, in cui il CEO di Renault ricorda che le multe per lo sforamento degli obiettivi climatici potrebbero letteralmente affossare il comparto.
L’Italia spinge per lo stop alle auto termiche nel 2035
Mentre Breton spinge per l’auto elettrica, il governo italiano sembra deciso a porsi in veste di ostacolo sulla strada intrapresa. Se già da tempo erano noti gli scetticismi sul bando alle auto termiche nel 2035, ora i ministri Matteo Salvini, Adolfo Urso e Gilberto Pichetto Fratin sembrano aver rotto gli indugi.
I titolari di Interni, Imprese e Made in Italy e dell’Ambiente, si sono posti un primo obiettivo ben preciso: rimandare di un anno la clausola di revisione sull’addio ai motori termici inizialmente posta al 2025. In particolare è la Lega a spingere in tal senso. Tanto da proclamarsi pronta a presentare un documento ufficiale che impegnerebbe la Commissione Europea.
Tra gli obiettivi del governo l’assunzione di una visione pragmatica, tale da smantellare quell’impostazione ideologica che sta portando sul burrone un gran numero di imprese. Il tema sarà discusso il prossimo 25 settembre, nel corso di un vertice programmato in Ungheria.
La crisi di Volkswagen è uno spartiacque
E mentre Breton sembra fare orecchie da mercante preferendo i proclami, prosegue la terribile crisi di cui è protagonista il gruppo Volkswagen. Una crisi che del resto è stata preconizzata circa un anno fa da Daniela Cavallo, la combattiva sindacalista di origini italiane, che evocò il pericolo di una tempesta perfetta.
Il momento è assolutamente delicato, tanto da spingere la dirigenza del gruppo a mettere in campo l’ipotesi di chiudere due fabbriche in Germania. Ipotesi mai evocata, negli 87 anni di storia del marchio, e che ora sembra l’unica soluzione alla crisi.
Nel corso di un’intervista rilasciata alla Bild, il CEO Oliver Blume rassicura contro i licenziamenti di massa, che potrebbero essere evitati dalla riduzione della settimana lavorativa a quattro giorni. Resta sullo sfondo l’ipotesi dello sciopero. In questo quadro, evocare l’accelerazione verso l’auto elettrica potrebbe infine portare l’automotive europeo a sbattere contro il muro.