Da alcuni giorni è arrivata l’ufficiale introduzione dei nuovi dazi sulle auto elettriche cinesi. Dal 5 luglio, infatti, le tariffe aggiuntive su molti modelli hanno scatenato il dibattito sulla guerra commerciale che si profila all’orizzonte. La Commissione Europea, adesso, ha reso pubbliche le conclusioni della sua indagine durata ben nove mesi a proposito dei sussidi statali, gli aiuti “scorretti”, ricevuti dai produttori cinesi.
Le conclusioni dello studio dell’Ue mostra di fatto come sia arrivato il calcolo dei dazi sulle auto elettriche cinesi e quali prove ci siano a sostegno. La Cina utilizza i suoi marchi automobilistici come strumento in una guerra economica?
Tra i costruttori, SAIC, proprietario del marchio inglese MG, è quello che subirà l’incremento causa dazi più elevato: le auto di SAIC dovranno pagare il 37,6% in più oltre all’attuale 10% per accedere al mercato Ue. Questo potrebbe far lievitare il prezzo della MG 4, la più venduta nella loro gamma di auto elettriche, di circa 12.000 euro, nel caso si trasferisse tale costo sui consumatori. SAIC potrebbe comunque “coprire” l’aumento mantenendo margini di profitto sufficientemente interessanti, dato che in Europa le auto elettriche stanno a prezzi doppi rispetto alla Cina.
Per BYD e Geely, collaborative al momento dell’indagine Ue, le tariffe aggiuntive sono rispettivamente del 17,4% e del 19,9%. L’Ue giustifica la tariffa totale di quasi il 50% per MG con la scarsa collaborazione dimostrata da SAIC durante l’indagine.
Nel rapporto si sottolineano i principali sussidi pubblici ricevuti da ciascuna azienda cinese di produzione (anche) di auto elettriche. SAIC, ad esempio, riceve sussidi pari al 34,4%, di cui l’8,56% in sussidi diretti e il 13,24% da batterie a prezzo ridotto. Ammontano al 15,1% i sussidi per BYD e al 19,72% per Geely. SAIC e Geely ottengono batterie a costi molto ridotti, inoltre, BYD beneficia di materiali sovvenzionati, in particolare il litio. La Cina, infatti, ha il controllo totale sulla catena di approvvigionamento delle auto elettriche, dalla miniera alla produzione di batterie. Insomma, le aziende non sarebbero strettamente orientate al profitto ma costrette ad agire come braccio del governo cinese. In questo modo, la Cina cerca di imporre la sua industria delle auto elettriche a scapito delle case automobilistiche europee.
Intanto, gli stessi produttori cinesi potrebbero spostarsi su auto ibride e a benzina, modelli che sono i più venduti in Europa, per dribblare i dazi Ue. Le auto elettriche cinesi hanno provato ad agire da cavallo di Troia del Dragone in Europa. Per il momento, ibridi e PHEV restano esenti dalle tariffe aggiuntive.