Quello dei prezzi spesso proibitivi rappresenta un freno di non poco conto per la diffusione delle auto elettriche. Basta in effetti vedere il caso italiano, ove le vendite di auto green stentano non poco, tanto da ridurre al minimo l’impiego dei bonus preventivati a livello governativo per l’acquisto delle stesse, per capirlo.
In pratica, tutti i grandi costruttori di auto elettriche affermano la loro intenzione di lavorare a modelli elettrici economici. Lo fanno ad esempio Tesla, Ford, General Motors e tutte le case europee. I risultati, però, al momento sono scarsi, almeno stando a quanto visto al recente IAA Mobility tenutosi a Monaco di Baviera, in cui proprio le auto elettriche low cost sono state le grandi assenti, oltre che una sorta di convitato di pietra.
Le auto cinesi, che sui costi sono in grado di fondare la loro forza, sembrano al momento in grado di mantenere agevolmente il gap maturato in tal senso con la concorrenza. A meno che, come del resto prospettato da alcuni osservatori, non siano le auto green giapponesi a rompere loro le uova nel paniere.
Auto elettriche economiche: potrebbe essere il Giappone a competere con la Cina?
Attaccare il dominio delle case cinesi nel settore delle auto elettriche economiche: una parola d’ordine che molti dichiarano di perseguire, ma che sino ad ora non sembra aver trovato risposte concrete. Tanto da spingere Bloomberg ad affermare che il primato in questione sembra destinato a restare in piedi ancora per molto, favorito da una serie di fattori, a partire dall’appoggiarsi ad un sistema in grado di fornire loro una rendita di posizione.
Ora, però, qualcosa sembra sul punto di cambiare. A farsi promotrice di questo cambiamento è la Toyota che, pure, sul tema della mobilità sostenibile sembrava in notevole ritardo. La casa nipponica, infatti, sembra aver deciso di fare da polo di aggregazione per le aziende del Sol Levante intenzionate a recuperare il ritardo che è stato accumulato sino ad oggi.
Un proposito che sembra aver trovato preziosi riscontri presso altre case, anch’esse arrivate alla risoluzione di essere in ritardo per l’appuntamento con la transizione ecologica. Tanto da dover produrre una decisa accelerazione in tal senso.
Toyota si dirige a tutta velocità verso il futuro green
Il passato primo aprile, proprio Toyota ha visto il passaggio di consegne tra Akio Toyoda e Koji Sato, il quale ha assunto la carica di amministratore delegato del marchio. Un passaggio di consegne che ha segnato anche un mutamento delle politiche aziendali, con la decisione di dare vita ad una decisa accelerata in direzione di quella transizione ecologica la quale sembra ormai inevitabile per cercare di alleviare lo stress ambientale.
La nuova politica decisa da Sato, in particolare, prevede ingenti investimenti per riuscire a proporre il brand nipponico tra i capofila del settore green. Investimenti che serviranno ad aiutare Toyota a conseguire la vendita di 3,5 milioni di auto elettriche entro il 2030. Un obiettivo quindi estremamente ambizioso, alla luce del ritardo accumulato sin qui nei confronti della concorrenza.
Per riuscire a conseguirlo, Toyota ha pensato bene di stringere alleanze con altre case, a partire da Subaru. Ovvero con un’altra azienda la quale non ha nascosto la sua intenzione di spingere con sempre maggior convinzione sulle auto elettriche. Tanto da spostare verso l’alto l’asticella degli obiettivi che intende conseguire.
La collaborazione tra Toyota e Suzuki
Oltre a Subaru, però, come affermato dal magazine giapponese Best Car, ci sono altri produttori giapponesi che hanno deciso di non restare indietro su questo percorso. A partire da Suzuki, con cui Toyota starebbe collaborando per il varo di un SUV compatto destinato a diventare il più piccolo della famiglia “bZ”.
Suzuki, del resto, ormai da tempo ha saputo concentrare i suoi sforzi sulla realizzazione di veicoli di piccole dimensioni. La collaborazione con la casa di Hamamatsu, peraltro, non rappresenta certo una novità per Toyota, e già in precedenza aveva condotto a realizzazioni come Swace e A-Cross. Cui ora potrebbe andare ad aggiungersi una sorta di Aygo X a zero emissioni, la quale dovrebbe chiamarsi FT-3e.
Una anticipazione del modello potrebbe sbarcare già al prossimo Japan Mobility 2023, in programma a partire dal 26 ottobre a Tokyo. A caratterizzarlo potrebbe proprio essere il prezzo, il quale dovrebbe attestarsi in quella fascia dei 25mila euro considerata il vero campo di battaglia in Europa.
Questa collaborazione sembra il prodromo ad altri arrivi in questo particolare ambito. Arrivi che sarebbero estremamente graditi in quel continente europeo ove la diffusione dell’auto elettrica sta procedendo a macchia di leopardo. Se, infatti, i Paesi nordici continuano a fare da punta di lancia in tal senso, in Italia le auto elettriche stanno segnando il passo in maniera evidente.
Un trend che se sino a qualche tempo fa veniva addossato alla mancanza di una rete di ricarica adeguata lungo le strade peninsulari, ora viene più correttamente ascritto proprio ai prezzi ancora eccessivi dei veicoli elettrici. Che sono effettivamente proibitivi anche per la classe media di un Paese che nel corso degli ultimi due decenni ha visto regredire le retribuzioni, caso unico in Europa.
Le case cinesi sembrano difficilmente attaccabili
Se il Giappone intende provare a contrastare le case cinesi nella fascia di prezzo intorno ai 25mila euro, la sua potrebbe comunque rivelarsi la classica missione impossibile. Diversamente da quanto affermato dalla Commissione europea, infatti, i produttori del Dragone fondano le proprie fortune su un sistema ormai oliato alla perfezione. Un sistema che non dipende dai sussidi statali, che del resto sono dispensati, e anche con maggiore generosità da UE e Stati Uniti.
A rendere sempre più solida la loro posizione è proprio la capacità della Cina di fare sistema. Un sistema cui concorrono la produzione delle batterie e gli approvvigionamenti delle materie prime necessarie per tutta la catena produttiva. Una capacità la quale è completamente mancata agli altri paesi e che si è tramutata nella necessità di fare da soli da parte dei produttori.
Un tema che è del resto stato compreso da Donald Trump, quando ha deciso di attaccare Joe Biden e i suoi provvedimenti tesi a condurre gli Stati Uniti verso una mobilità sostenibile destinata ad essere dominata dai produttori cinesi. Anche l’ex inquilino della Casa Bianca sembra aver preso atto della posizione praticamente inattaccabile dei marchi cinesi. Su cui la Commissione europea potrebbe addirittura rivelarsi alla stregua del classico elefante nella cristalleria, spingendo Pechino a rispondere alle eventuali sanzioni con provvedimenti analoghi, i quali taglierebbero fuori dal suo mercato interno i maggiori costruttori europei, a partire da Volkswagen.