Auto elettriche, il bluff della transizione italiana: molte colonnine non funzionano

Daniele Monteleone Autore
Se le auto elettriche devono diventare normalità, allora dovrà essere normalità anche una ricarica possibile ovunque. Forse è possibile salvare molto di più dei costruttori messi in crisi dalla Cina.
Auto elettriche, il bluff della transizione italiana: molte colonnine non funzionano

Potremmo non essere tutti d’accordo sul fatto che la mobilità elettrica sia una tappa fondamentale nel percorso verso un futuro sostenibile. Lo sappiamo, l’inquinamento e le emissioni sono un grandissimo problema dentro il quale esiste una buona percentuale rappresentata dal contributo negativo dei gas di scarico delle auto a combustione interna. Ma siamo tutti d’accordo sul fatto che se le auto elettriche devono diventare normalità, allora dovrà essere normalità anche una ricarica possibile ovunque.

Auto elettriche, il bluff della transizione italiana: molte colonnine non funzionano

Si dice che le auto elettriche stiano andando a rilento in Italia perché costano troppo – vero –, perché non emozionano come la propulsione tradizione – vero anche questo – e c’è una diffusa sfiducia nei confronti di queste nuove tecnologie. Ma per potersi diffondere su larga scala, il possesso e l’utilizzo di veicoli elettrici deve superare alcune sfide importanti. Prima fra tutte è senza dubbio l’efficienza dell’infrastruttura di ricarica, forse quella lamentata su diversi livelli, dal costruttore al consumatore.

In Italia, il numero di colonnine disponibili sul territorio sembra adeguato, ma è la loro affidabilità che lascia molte perplessità. Come sottolineato da Fabio Pressi, presidente di Motus-e, un importante ostacolo per la “comodità” paventata dai costruttori e promotori di auto elettriche è proprio la “diffusa presenza di colonnine non funzionanti o che erogano energia a potenze inferiori a quelle nominali”.

Auto elettriche, il bluff della transizione italiana: molte colonnine non funzionano

Il problema è complesso e non si limita a semplici malfunzionamenti. Diverse colonnine sul territorio nazionale risultano inutilizzabili per via di intoppi burocratici legati alla loro installazione. Eccola, la stavamo aspettando: la burocrazia, questa novità all’italiana. Altre colonnine, inoltre, soffrono di carenze tecniche o di una gestione inadeguata.

Qualcuno lamenterà il fenomeno dell’occupazione abusiva da parte di veicoli non elettrici, quella solita inciviltà lamentata da chi si prodiga per non inquinare andando a caricare la sua auto elettrica. Anche questo si può ascrivere alle cause, per completezza, ma è certamente residuale rispetto all’inadeguatezza infrastrutturale. A pagarne le conseguenze sono gli utenti e, indirettamente, un mercato che stenta a decollare davvero nel nostro Paese.

La ricarica si rivela un’esperienza frustrante e, come se non bastasse, si rischia di rimanere a piedi con la batteria scarica per l’inefficienza della colonnina. Serve, infatti, installare colonnine con potenze adeguate, con funzionamento efficiente e continuo. Il Ministero dell’Ambiente dovrebbe prodigarsi per mappare le colonnine disponibili e il loro stato di funzionamento, in modo da tenere sempre aggiornati gli utenti. Ma, si sa, il mondo dei condizionali è affidato alla filosofia, mentre nella realtà le azioni sono ben diverse.

Non si tratta solo di installare più colonnine, ma di garantire almeno tutte quelle esistenti per incoraggiare gli utenti in primis, e un intero mercati in secundis. La strada verso un futuro più verde passa dall’impegno sul territorio, oltre che in fabbrica. Sembra esserci sempre meno spazio per l’ottimismo. Siamo partiti per salvare il Pianeta e, forse, stiamo semplicemente finendo per salvare dal fallimento i costruttori.

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