Il mese di gennaio è una scadenza temporale che provoca non poche fibrillazioni nel management delle varie case costruttrici di auto elettriche europee. Proprio il nuovo anno, infatti, a meno di un accordo dell’ultimo minuto, potrebbe portare in dote le norme di origine. Norme il cui logico corollario è la minaccia di nuove tariffe a carico dei modelli green costruiti in Gran Bretagna e venduti all’interno dell’eurozona e viceversa.
Le norme in questione, sono uno dei tanti risultati del negoziato intrapreso tra Regno Unito e e Unione Europea all’indomani della Brexit. Al loro interno, in particolare si prevede che, proprio in corrispondenza del nuovo anno i veicoli che sono oggetto di commercio tra le due sponde della Manica dovranno essere caratterizzati da almeno il 45% di contenuto locale, mentre le batterie destinate ad alimentarli vedranno tale dato posizionarsi tra il 50 e il 60%.
Per contenuto locale, in pratica, si intende il concorso di elementi provenienti dal mercato di riferimento, prodotti cioè in loco. Le regole in questione erano state concordate prima che la pandemia di Covid riversasse i suoi effetti distruttivi sull’economia globale. E anche prima che la guerra tra Russia e Ucraina atterrasse su una situazione che era ancora lontana dai livelli pre-Covid. Le carenze nella catena di approvvigionamento che ne sono conseguite, hanno in pratica reso impossibile il rispetto di quanto concordato in precedenza, secondo l’industria automobilistica. Soprattutto per quanto concerne le norme di origine sulle batterie dei veicoli elettrici.
Ora, in caso non si ridiscutesse quanto concordato in materia, a pagare un dazio estremamente salato potrebbero essere le case automobilistiche europee. Che vedono approssimarsi un gennaio che si preannuncia di fuoco.
L’inquietudine è sempre più diffusa lungo le due sponde del canale
Di fronte ad una situazione sempre più chiara, in molti, all’interno delle case automobilistiche, hanno iniziato ad interrogarsi su cosa potrebbe accadere senza un accordo tra le parti. E la risposta difficilmente piacerà ai diretti interessati, considerato che in caso di mancata rinegoziazione, le auto elettriche scambiate tra Regno Unito e Unione Europea saranno gravati di dazi pari al 10%.
A rivelare il dato è stata la Society of Motor Manifacturers and Traders. Secondo la quale, la tariffa comporterà un aggravio di prezzo pari a 3.400 euro al costo di un veicolo elettrico prodotto nell’UE venduto a Londra e dintorni. Mentre si attesterebbe a 3.600 quello di un veicolo elettrico prodotto nel Regno Unito a sua volta venduto in Europa.
Occorre peraltro specificare che le auto con motore a combustione interna non sono interessate dalle nuove tariffe. Il motivo è da individuare nel fatto che non hanno batterie di grandi dimensioni, mentre i componenti i quali costituiscono la maggior parte del loro valore sono acquistati localmente.
Il combinato disposto tra questi due dati di fatto, preoccupa non poco anche gli ambientalisti. Il timore, infatti, è che il preventivato aumento dei prezzi dei veicoli elettrici possa infine ostacolare la transizione verso la mobilità sostenibile. I modelli green, nella situazione che si va formando, non sarebbero competitivi a livello finanziario, spingendo di conseguenza molti consumatori a ignorarli.
Un timore del resto confermato dagli ultimi dati relativi alle vendite di autoveicoli provenienti dalla Gran Bretagna. I dati in questione sono riferiti al mese di settembre, nel corso del quale le auto green sono state protagoniste di calo in termini di vendite pari al 14,3% nei confronti dello stesso periodo dell’anno precedente. In pratica, meno del 10% degli acquirenti ha rivolto la sua attenzione su un BEV, preferendo invece gli equivalenti alimentati con motore ICE. Una vera e propria Caporetto per la mobilità sostenibile.
Auto elettriche, le pressioni delle case
In questa situazione, i produttori di automobili su entrambi i lati della Manica stanno cercando di dare vita ad un pressing nei confronti delle istituzioni. In particolare, stanno facendo forti pressioni per impedire l’imposizione di tariffe a gennaio, chiedendo che sia messo in cantiere un ritardo di tre anni per le nuove regole. Soltanto in questo modo potrebbero essere costruite le gigafabbriche di batterie in Gran Bretagna e Europa che risolverebbero il problema.
A commentare la situazione è stato l’amministratore delegato di SSMT, Mike Hawes, il quale ha affermato: “I nostri produttori hanno dimostrato un’incredibile resilienza di fronte alle molteplici sfide degli ultimi anni, ma le norme di origine inutili, impraticabili e intempestive serviranno solo a ritardare la ripresa e a disincentivare proprio i veicoli che vogliamo vendere. Non solo i consumatori rimarrebbero senza soldi, ma la competitività industriale del Regno Unito e delle industrie continentali sarebbe compromessa. Un ritardo di tre anni è una soluzione semplice e di buon senso che deve essere concordata con urgenza”.
Occorre anche sottolineare come nel caso non si agisse per ovviare a quanto si sta profilando in vita del nuovo anno, si profilerebbe una situazione abbastanza grottesca. Da un lato, infatti, la Commissione europea investigherebbe contro i prezzi reputati troppo bassi delle auto cinesi, aprendo una crisi nei rapporti con la Cina che potrebbe terminare con la pratica espulsione delle auto europee dal più grande mercato mondiale. Mentre dall’altro sarebbe direttamente responsabile del rincaro dei veicoli green in Europa.
I problemi si stanno accumulando
Resta ora da capire se l’appello delle case costruttrici sarà ascoltato a livello istituzionale. Nel caso contrario si aprirebbe l’ennesimo varco in potrebbero infilarsi agevolmente le auto elettriche dei produttori asiatici e di Tesla. A quel punto, però, sarebbe complicato per l’UE accusare altri di concorrenza sleale.
Soprattutto alla luce di una serie di decisioni politiche che si stanno rivelando alla stregua di veri e propri autogoal. Oltre agli accordi post Brexit, infatti, nel 2024 la Gran Bretagna si potrebbe trovare di fronte ad un altro macigno. Stiamo parlando della decisione in base alla quale alla fine del nuovo anno ogni casa dovrà conseguire un livello del 22% di elettriche sul venduto. Chi non riuscirà nell’intento dovrà sobbarcarsi il pagamento di 15mila euro su ogni modello venduto.
Per capire meglio cosa si stia profilando, basterà ricordare che al momento la quota dei BEV rappresenta appena il 16,6% del totale dei veicoli venduti. Non solo sembra difficile conseguire il risultato, ma proprio i rincari previsti per il primo giorno del nuovo anno potrebbero renderlo un vero e proprio miraggio. Soprattutto alla luce del combinato disposto tra prezzi troppo alti delle auto elettriche e una situazione economica molto problematica.
In questa ottica, probabilmente qualcuno inizierà a capire i motivi della parziale marcia indietro fatta da Rishi Sunak per quanto riguarda il bando alle auto provviste di motori termici. Un provvedimento che nell’isola era stato messo in preventivo per il 2030, con cinque anni di anticipo sull’Unione Europea. Un termine che sarà posticipato di cinque anni anche per evitare l’ennesima crisi all’interno del partito conservatore. Al cui interno sono molti a esternare la contrarietà per politiche che si stanno rivelando al di fuori della realtà.