Nello sviluppo delle batterie per auto elettriche si sono compiuti evidenti progressi, tuttavia la strada è ancora lunga. Lo sanno gli appassionati di auto e ancor più i player della filiera, che cercano di trovare risposte soddisfacenti a problemi concreti.
Le vetture a zero emissioni hanno conosciuto una diffusione solo parziale nel mondo, almeno fino a questo momento. Una delle ragioni è di sicuro rappresentata dal loro elevato costo. In certi Paesi, tipo l’Italia, dove il reddito medio della popolazione risulta essere basso (almeno in confronto ad alcuni vicini di casa), ciò costituisce un grosso deterrente. Ancora oggi tra una vettura elettrica e l’equivalente a combustione interna c’è una differenza di almeno 5.000 euro, nella migliore delle ipotesi.
Lo ha ricordato pure il numero uno di Fiat, Olivier François, in una recente intervista, dove si è soffermato sulla nuova Panda, prevista per il prossimo anno. La city car torinese costituirà la gemella della Citroen e-C3, la cui presentazione è in programma fra solo pochi giorni, il 17 ottobre per essere precisi.
Il prezzo è comunque uno dei deterrenti all’espansione. Certe ragioni sono figlie di pregiudizi, tra cui il timore di rimanere a piedi per via della scarsa autonomia. Nel recente periodo, gli operatori del settore hanno compiuto enormi passi avanti, tanto da rendere ormai superata la vecchia critica. D’altro canto, alcune questioni rimangono attuali, come la scarsa diffusione delle colonnine e la lentezza dei processi di ricarica. Proprio su quest’ultimo punto le aziende hanno molto da fare per migliorare.
I Supercharger di Tesla costituiscono un rilevante progresso, tuttavia i margini di miglioramento restano evidenti. Persino Porsche cerca di ingannare l’attesa con le sue lounge. Uno spazio comodo sì, volto, però, a mascherare l’attesa. E questo è solo un esempio. Allora qual è la soluzione effettiva da mettere in pratica? Se lo sono chiesto i ricercatori dell’Università di Scienza e Tecnologia di Pohang in Corea del Sud, guidati dal professor Jin Yuanpei, autori di un rilevante progresso nelle batterie per auto elettriche.
Addirittura sarebbe in grado di garantire una capacità e un rifornimento così veloci da richiedere appena 6 minuti. Ovviamente, è un po’ presto per cantare vittoria. Prima di tagliare il traguardo andranno centrati diversi traguardi intermedi. In compenso, l’intuizione merita di essere analizzata perché è piena di potenziali vantaggi. La scoperta è talmente rilevante da lasciar presagire un impatto cruciale sul settore della mobilità energetica e dello stoccaggio dell’energia. Se sarà davvero così, ce lo potrà dire solo il tempo. Intanto, cerchiamo di comprendere quali sono le aree su cui gli studiosi hanno concentrato le loro energie.
Il progresso dimostra ancora una volta gli sforzi compiuti in Corea del Sud per riconquistare la leadership nel settore delle batterie, un tempo ritenuta intoccabile. Con un tangibile progresso, la speranza è di azzerare il gap rispetto alle rivali leader dei giorni nostri, definendo un nuovo standard di riferimento a livello internazionale. Cerchiamo allora di capire a quali conclusioni sono giunti i ricercatori universitari, sulla base di quali presupposti credono di essere in grado di centrare gli obiettivi e le prospettive future.
Batterie auto elettriche: il progetto degli scienziati coreani
Gli scienziati sudcoreani hanno sviluppato delle batterie per auto elettriche innovative che utilizzano un aneddoto costituito da nanofogli di ferrite al manganese. Un materiale che, in una serie di test, ha dimostrato di migliorare in misura considerevole la capacità delle celle e la loro velocità di ricarica. Il team chiamato a occuparsene ha trovato la chiave per eseguire un lavoro di sintesi, attraverso un metodo inedito di automiscelazione. L’approccio in questione ha consentito di incrementare la superficie utile del materiale, superando, dunque, la capacità teorica di oltre il 50 per cento.
Stando ai valori registrati nei test iniziali, gli accumulatori così realizzati sarebbero ricaricabili in circa 6 minuti in una vettura full electric con un pacco di medie dimensioni. Laddove i buoni propositi dovessero dare i risultati auspicati in futuro, allora gli operatori risolverebbero la principale criticità segnalata dagli scettici sulla reale utilità di una BEV come veicolo di primo utilizzo.
Sul conto delle BEV si sentono giudizi contrastanti. In effetti, non è oro tutto ciò che luccica, basti pensare all’impatto creato sull’ambiente dalla produzione degli accumulatori. Un impatto che, stando a un lavoro di recente pubblicato dall’Università di Harvard, le rende una buona soluzione esclusivamente per chi usa spesso il veicolo. La convenienza avrebbe luogo a partire da almeno 45 mila km, altrimenti – sostengono gli americani – è preferibile puntare sempre sulla benzina. Sebbene suoni paradossale, i numeri lo stanno a indicare. Ad ogni modo, la Commissione Europea sembra essere convinta ad andare fino in fondo.
Il 2035 è lontano, ma nemmeno troppo, perciò per realizzare il disegno occorrerà rimboccarsi le maniche e andare avanti. Ampliando gli orizzonti, pure gli Stati Uniti paiono aver abbracciato il cambiamento, come testimonia il notevole incremento delle immatricolazioni delle BEV nel recente periodo.
L’IPA introdotto dall’amministrazione Biden avrebbe dato lo slancio definitivo alla diffusione pure oltreoceano. E, dall’altra parte del Pianeta, la Cina ha già messo da un po’ il piede a tavoletta sull’acceleratore. Ormai le rappresentanti del Paese asiatico puntano quasi solo sull’elettrico e ben presto invaderanno pure il Vecchio Continente. La presenza in massa al Salone di Monaco 2023, andato in scena a inizio settembre, ha spazzato via gli eventuali dubbi circa le ambizioni di conquista di Pechino.
Risposta alla Cina
I passi in avanti compiuti in Corea del Sud mirano a fornire una risposta coi controfiocchi alla nemesi cinese. Sulle batterie per auto elettriche erano i migliori in passato, mentre adesso si trovano costretti a rincorrere. Qualora le intuizioni dei ricercatori universitari si dovessero rivelare corrette, allora la partita potrebbe riaprirsi. Del resto, l’idea del professor Jin Yuanpei e della squadra di collaboratori mira a superare le criticità associate alla durata degli accumulatori. Il caposquadra sostiene di aver fornito delle nuove informazioni su come superare i limiti elettrochimici dei materiali anodici convenzionali e aumentare la capacità della batteria.
Inoltre, la tecnologia ha il merito di richiedere una percentuale inferiore di litio, a beneficio del costo complessivo da superare. Tenere basso il prezzo rappresenta una grossa sfida a carico dei costruttori proprio a causa delle batterie per auto elettriche. Al momento, nessuno ha saputo fornire una risposta esaustiva alla questione, data la necessità di utilizzare delle materie rare in natura e il cui processo di estrazione richiede parecchio tempo.
Se conseguisse l’ok alla commercializzazione, l’idea dei ricercatori potrebbe stabilire un nuovo standard sulla scena globale, grazie ai notevoli progressi compiuti. La ricerca è stata sostenuta dalla Fondazione nazionale di ricerca coreana e dal Ministero della scienza, della tecnologia e della comunicazione. Nel recente periodo le istituzioni coreane hanno intensificato il sostegno all’industria delle batterie, allo scopo di riconquistare la precedente posizione di leader in detto settore strategico.
In passato compagnie come LG Energy Solutions, Samsung SSDI e SK On hanno dominato l’industria, tuttavia Pechino ha di recente messo la freccia. Per questo il Governo ha stabilito di stanziare 15 miliardi di dollari fino al 2030, così da rilanciare lo sviluppo dell’industria degli accumulatori, ponendo particolare enfasi sulla tipologia ad elettrolita solido. Lo sforzo sarà sostenuto congiuntamente tra il ramo pubblico e quello privato. Inoltre, il Paese prevede di quadruplicare la rispettiva capacità produttiva di materiali catodici nell’arco del prossimo quinquennio.