L’offensiva dei produttori cinesi sul mercato delle auto elettriche sta sollevando non pochi timori in Occidente. Anche l’Unione Europea ora mostra grande preoccupazione in tal senso. Tanto da spingere Ursula Von der Leyen ad annunciare una indagine tesa ad appurare se le sovvenzioni statali ai veicoli elettrici del governo di Pechino non vadano a ledere il principio di concorrenza.
L’iniziativa sarà condotta dalla Commissione Europea ed è stata annunciata nel corso del discorso sullo stato dell’Unione tenuto di fronte alla plenaria del Parlamento di Bruxelles. Se era abbastanza prevedibile, l’annuncio rischia di rendere ancora più tesi i rapporti tra Europa e Cina, aprendo un altro fronte di tensioni, che andrebbe ad aggiungersi a quelle già esistenti.
Occorre peraltro sottolineare come appaia abbastanza illogico accusare la Cina di sovvenzionare le auto elettriche, alla luce degli inviti ripetutamente rivolti dalle associazioni che appoggiano la svolta dell’automotive verso i modelli green. Appelli a concedere sussidi che sono spesso stati disattesi, ma destinati a tornare d’attualità nel corso dei prossimi mesi.
Scontro con la Cina per le auto elettriche
L’Unione Europea si avvia allo scontro con la Cina, sul tema delle auto elettriche? Sembra proprio di sì, considerato il tono delle affermazioni della Von der Leyen. Che ha avuto almeno il pregio di non nascondersi dietro le parole, quando ha affermato: “I mercati globali sono invasi da auto elettriche cinesi particolarmente economiche. Il loro prezzo è tenuto artificialmente basso da enormi sussidi statali. Questa tendenza provoca distorsioni di mercato. Oggi voglio annunciare che la Commissione europea sta avviando un’indagine anti-sovvenzioni sui veicoli elettrici provenienti dalla Cina. L’Europa è aperta alla concorrenza; non a una corsa al ribasso.”
In effetti sembra difficile dare torto ad una impostazione di questo genere. Almeno sino a quando non si rivolge l’accusa alla sola Cina, alla luce dei 370 miliardi di dollari stanziati da Joe Biden nel suo Inflaction Reduction Act (IRA). Una mole enorme di sussidi che stanno spingendo un gran numero di imprese, anche europee, ad approdare sul suolo statunitense, creando posti di lavoro in loco. Anche in quel caso il tutto si traduce in una distorsione del mercato, come dimostrano gli sconti applicati nel corso degli ultimi mesi da Tesla.
Una constatazione che rende abbastanza surreali le successive parole della Presidente della Commissione europea, sulla necessità di mantenere aperte le linee di comunicazione e di dialogo con la Cina: “Perché ci sono anche temi in cui possiamo e dobbiamo collaborare. Eliminare i rischi, non separarci: questo sarà il mio approccio con la leadership cinese al vertice Ue-Cina entro quest’anno.”
Il rapporto di UBS
Le dichiarazioni della Von der Leyen arrivano in un momento abbastanza particolare. Un momento che vede il Paese del Dragone all’attacco dei mercati globali delle auto elettriche. Basta in effetti vedere alcuni recenti rapporti per capire cosa sta accadendo. A partire da quello pubblicato da UBS, secondo il quale entro il 2030 il 32% del mercato automobilistico globale potrebbe essere appannaggio della Cina.
Un rapporto che arriva a confermare un trend già in atto. La Cina, infatti, proprio quest’anno ha sorpassato il Giappone, cogliendo la vetta nella graduatoria relativa ai produttori di auto a livello mondiale. Una supremazia conseguita proprio grazie all’apporto delle auto elettriche. Con una menzione speciale per BYD, il marchio cinese che sta crescendo con maggiore intensità.
A incentivarne il successo, secondo UBS, non sarebbero tanto i sussidi generosamente dispensati dal governo di Pechino, ma alcune caratteristiche di non poco conto. Tra le quali spicca la capacità di produrre il 75% dei componenti dei suoi all’interno, senza rivolgersi a fornitori esterni. Un dato che consegna all’azienda un grado di autonomia che gli permette di ritagliarsi un vantaggio in termini di costi del 25% rispetto ai marchi nordamericani ed europei. Da qui deriva la possibilità di offrire prezzi più convenienti, un aspetto sempre più rilevante per i consumatori.
Cosa potrebbe accadere ora
L’apertura di un nuovo fronte con la Cina dovrebbe preoccupare non poco molte imprese europee, a partire da quelle italiane. Il governo di Pechino, infatti, proprio negli ultimi mesi ha dimostrato di non essere intenzionato a fare da punching ball.
Basti pensare a quanto accaduto dopo il bando nei confronti di TikTok elevato dal governo statunitense e altri alleati, compresa L’UE. Subito dopo il provvedimento, infatti, le cosiddette Big Four della revisione contabile (KPMG, Deloitte, Ernst & Young e PWC) sono state estromesse dal mercato cinese. Una mossa che ha mandato praticamente in fumo i quasi tre miliardi di dollari che le stesse cumulavano fornendo i loro servizi alle aziende locali.
La ratio che sembra ispirare le mosse del gigante orientale sembra abbastanza evidente: se si intendono avere rapporti amichevoli, in grado di rendere possibili buoni affari da entrambe le parti, chiunque è benvenuto. In caso contrario Pechino sembra intenzionata ad adottare un detto famoso dalle nostre parti: a brigante, brigante e mezzo.
Tesla e i sussidi
Per quanto riguarda le auto elettriche, sembra abbastanza assurdo poter pensare di contrastare l’ondata di piena proveniente dalla Cina, proprio alla luce di quanto affermato da UBS. I cinesi, peraltro, sanno benissimo che anche Tesla gode di considerevoli sussidi, non solo da parte degli Stati Uniti. Basti pensare in tal senso alla recente rinuncia di 1,1 miliardi di euro di aiuti da parte del governo tedesco.
Una rinuncia non certo dettata dall’amore per il libero mercato, quanto dal fatto che i sussidi previsti da Washington sono molto più gratificanti di quelli tedeschi. Una candida ammissione in tal senso è arrivata proprio dalla casa californiana, senza sollevare alcun tipo di sdegno in Germania e all’interno della Commissione europea.
Una scelta, quella dell’azienda di Elon Musk, che del resto stanno facendo in molti. A beneficiare dell’IRA saranno infatti anche i francesi di Air Liquide, il cui CEO ha spiegato come l’azienda non abbia mai avuto nella sua storia una tale possibilità di investimento. O i tedeschi di Linde, che stanno operando la stessa scelta, per poter godere delle sovvenzioni statali promosse da Biden.
Di fronte a tutto ciò resta da capire perché Pechino non dovrebbe interpretare l’inchiesta dell’UE alla stregua di una vera e propria apertura delle ostilità. Dalla quale l’Europa potrebbe infine uscire con le ossa rotte.