L’iniziativa della Thailandia di incentivare l’elettrificazione del paese tramite sussidi ai produttori cinesi di veicoli elettrici non sta portando ai risultati sperati. Il dato principale lo si evince dallo sviluppo dell’industria automobilistica locale e dai posti di lavoro creati. Il settore automobilistico thailandese si troverebbe nel mezzo di un eccesso di offerta di auto elettriche, con conseguenze a catena negative.
Dal 2022, il programma di sussidi per auto elettriche della Thailandia ha portato all’importazione di 185.029 veicoli, offrendo ai produttori cinesi sovvenzioni fino a 150.000 baht (circa 3,8mila euro) per vettura. Tuttavia, i dati del dipartimento dei trasporti indicano che sono stati immatricolate solo 86.043 auto elettriche, lasciando circa 90.000 mezzi invenduti. Un bruttissimo affare per il Paese asiatico.
La sovrabbondanza ha innescato una guerra dei prezzi, con ripercussioni sui produttori di veicoli a combustione interna e sulle catene di fornitura locali. Le case automobilistiche hanno ridotto la produzione e chiuso stabilimenti, mentre almeno una dozzina di produttori di componenti hanno cessato l’attività. I produttori cinesi di auto elettriche, d’altronde, non acquistano da produttori in Thailandia.
Il programma di sussidi ha anche eliminato le tariffe sui veicoli elettrici cinesi importati, a condizione che le aziende cinesi costruiscano in Thailandia un numero di veicoli almeno pari a quelli importati dal 2022. La produzione doveva iniziare quest’anno, con la possibilità di vendere o esportare i mezzi sovvenzionati.
Tra i produttori più aggressivi compare, ovviamente, un nome come BYD, che ha recentemente aperto un nuovo stabilimento in Thailandia e ha tagliato il prezzo del suo modello, Atto fino a 340.000 baht (quasi 9mila euro), uno sconto del 37% rispetto al prezzo di lancio. Anche Neta ha ridotto il prezzo del modello V-II di 50.000 baht (circa 1.300 euro), un calo del 9% rispetto al prezzo iniziale. Le difficoltà economiche generali del Paese, però, portano con sé il calo delle vendite di veicoli del 23% nei primi cinque mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Lo scenario disastroso ha colpito duramente l’intero settore automobilistico, che impiega oltre 750.000 lavoratori e rappresenta circa l’11% del PIL della Thailandia.
Honda, Subaru e Suzuki stanno allentando la presa e gli investimenti nel Paese e interrompendo la produzione. M la riduzione della produzione ha colpito anche i produttori di componenti. “Gli ordini di ricambi sono calati del 40% quest’anno”, ha detto Sompol Tanadumrongsak, presidente della Thai Auto Parts Manufacturers Association. Al momento, solo una dozzina dei 660 produttori di parti thailandesi può rifornire i produttori cinesi di auto elettriche, che preferiscono importare componenti dalla Cina o utilizzare le proprie catene di fornitura. Il governo thailandese, però, non sembra intenzionato a cambiare la sua politica, nonostante la mostruosa pressione crescente sui produttori tradizionali e sui fornitori di componenti.