L’ansia da autonomia rappresenta un freno di non poco conto per una diffusione capillare dell’auto elettrica e di un modello di mobilità più sostenibile. E per cercare di ovviare al problema, in ogni parte del globo fervono i lavori da parte di centri di ricerca e aziende, con conseguente rilascio di un gran numero di annunci che cercano di accreditare svolte in tal senso.
L’ultimo di essi arriva ad opera di Theion, una startup tedesca, che ha deciso di puntare su una miscela di zolfo, nanotubi di carbonio e a un elettrolita solido brevettato, per mettere a segno un colpo decisivo in un settore in grande fermento. La loro combinazione, infatti, a detta dei responsabili aziendali sarebbe in grado di conseguire una densità pari a 500 Wh/kg. Per capire meglio, oltre il triplo rispetto ai 160 Wh/kg che sono in grado di garantire gli attuali accumulatori al litio-ferro-fosfato (LFP) e ai 250 Wh/kg di quelli al nichel-manganese-cobalto (NMC).
Theion intende rivoluzionare la mobilità elettrica
L’obiettivo che si prefigge Theion è molto ambizioso: triplicare la densità energetica delle batterie delle auto elettriche a un terzo del costo degli accumulatori agli ioni di litio. E, al contempo, renderle più leggere, più efficienti e anche più sostenibili da un punto di vista ambientale. E per farlo punta su batterie al litio-zolfo. Ove riuscisse a conseguire questi traguardi, si potrebbe realmente parlare di una rivoluzione nel settore della mobilità elettrica.

Proprio di recente, Theion, che in greco significa zolfo, ha annunciato di aver condotto in porto un round di finanziamento da 15 milioni di euro. Una somma con cui punta allo sviluppo della sua chimica a base di cristalli di zolfo. La tecnologia proposta da Theion è incentrata su un anodo proprietario cui è affidato il compito di andare a prolungare la durata delle batterie. Per farlo è necessario conseguire una densità energetica di 1.000 Wh/kg, che è circa tre volte superiore a quella che caratterizza le attuali celle al nichel-manganese-cobalto (NMC), a partire dalle celle 4680 utilizzate nel Cybertruck Tesla.
Inoltre, si propone di arrivare a mille cicli di ricarica contro gli attuali cinquecento e di non andare a impattare in maniera significativa sull’ambiente. In effetti, almeno stando a quanto dichiarato dall’azienda teutonica, le nuove batterie richiederebbero il 90% in meno di energia. Inoltre non contengono cobalto o nichel, materiali critici che non sono soltanto costosi, ma anche difficili da reperire, in quanto collegati a operazioni minerarie estremamente dispendiose.
Oltre a non presentare solventi altamente inquinanti, lo zolfo si prospetta con un atro asso nella manica, offerto dalla sua abbondanza. Si tratta, infatti, del 16° elemento più presente sul nostro pianeta. Aprendo grandi ritorni dal punto di vista economico, con un prezzo che può addirittura arrivare a pesare il 99% in meno rispetto ai materiali concorrenti.
Gli ostacoli da superare
Il piano prospettato da Theion sembra aver fatto breccia, stando ai risultati conseguiti dal round di finanziamento appena concluso. I 15 milioni di euro entrati nelle casse sociali sembrano essere il logico risultato delle ampie promesse elargite, tali da prospettare una vera svolta nel settore delle batterie per auto elettriche.

Gli alimentatori in questione, infatti, dovrebbero essere in grado di ricaricarsi nell’arco di pochi minuti e possono essere impiegati anche in altri campi. Tra di essi, in particolare, il settore aerospaziale, quello dei droni e i dispositivi portatili.
L’obiettivo è quindi ambizioso e non così semplice da conseguire. Per riuscire ad arrivare alla commercializzazione delle batterie allo zolfo-litio dovranno essere superate sfide tecnologiche di ampia portata. La prima delle quali è rappresentata proprio dalla durata del ciclo di vita, che dovrà essere portato a oltre mille cicli di carica e scarica. Questo è il traguardo da tagliare per dare effettiva validità commerciale ai nuovi alimentatori. I prototipi di cella su cui sta lavorando Theion, però, sono al momento fermi a 500 Wh/kg con 500 cicli di vita attivi. Un dato che fa capire come per l’avvio della produzione sia ancora azzardato fare previsioni.