In casa BMW è tutto pronto per iniziare a fare sul serio con l’idrogeno. Il marchio teutonico, infatti, ha confermato i suoi piani relativi al lancio di un’auto di serie con celle a combustibile nel corso del 2028. Per porre le basi in grado di facilitare il progetto, l’azienda di Monaco di Baviera sta stringendo sempre più i legami con Toyota. Proprio quello giapponese, infatti, è uno dei pochi brand ancora disposti a dare credito all’idrogeno. A dimostrarlo è la Mirai, berlina a emissioni zero che sfrutta al meglio tale tecnologia.
L’arco temporale lungo il quale sarà distribuito il lavoro è quindi di un quadriennio. Quattro anni nel corso dei quali saranno scoperti anche quei dettagli che al momento BMW non fornisce. La casa tedesca, infatti, si è limitata a dichiarare dichiarare che la sua prima auto a idrogeno di serie sarà basata su un modello esistente.
Principale candidata in tal senso è al momento la BMW X5 e a renderla tale è una circostanza: si tratta infatti della vettura trasformata in un SUV FCEV nel corso degli ultimi tempi, dopo un restyling presentato nel corso del 2023. Al tempo stesso, è lecito pensare che non sarà caratterizzata dallo stesso aspetto dell’attuale generazione. La nuova edizione del veicolo è prevista entro un paio d’anni e potrebbe essere la per l’auto a idrogeno di BMW.
Si tratterà di una vera e propria BMW
A prescindere dalla forma che andrà ad assumere, si può essere sicuri di una cosa: si tratterà di una vera e propria BMW. Ovvero un prodotto del tutto in linea con il DNA del brand. L’unica cosa che sarà condivisa con Toyota è la tecnologia di base, coi tecnici giapponesi che sono già al lavoro per lo sviluppo di una nuova generazione di powertrain a idrogeno. Qualcosa di assolutamente diverso, quindi, da quella BMW iX5 Hydrogen fornita direttamente dall’azienda giapponese.
Il SUV con celle a combustibile è stato costruito all’interno di una flotta composta da meno di 100 unità che sono state costruite a Spartanburg, per poi essere modificate all’interno di un impianto pilota a Monaco di Baviera. Proprio al suo interno la iX5 da 396 cavalli viene dotata di una coppia di serbatoi per idrogeno da 700 bar realizzati in plastica rinforzata con fibra di carbonio (CFRP). Al cui interno possono essere ospitati sei chilogrammi di idrogeno, tali da assicurare un’autonomia WLTP pari a circa 500 chilometri. Il tempo necessario al pieno va ad attestarsi tra i tre e i quattro minuti, gli stessi di cui necessita una X5 dotata di motore termico.
Per quanto concerne la meccanica, proprio il fatto di essere basata sulla X5 dovrebbe comportare l’utilizzo della piattaforma CLAR, destinata alle versioni con unità a combustione. Escludendo quindi quella Neue Klasse che è invece stata ideata con l’occhio rivolto ai modelli elettrici.
Un rapporto vecchio di decenni
Occorre a questo punto sottolineare come il rapporto tra BMW e idrogeno rappresenti tutt’altro che una novità. Il suo inizio è infatti datato 1979, quando a Monaco di Baviera fu ideata la 520, una vettura caratterizzata da un motore a combustione opportunamente modificato per farlo funzionare a idrogeno, un modello del resto seguito da alcune concept Toyota che sono state presentate di recente.
Una formula che è stata poi riproposta negli anni a cavallo del nuovo millennio, in particolare con due berline, E38 e E65 equipaggiate da un motore V12. Questo lavoro è stato poi tralasciato, a seguito della decisione di puntare su quelle celle a combustibile che sono state ritenute in grado di assicurare una maggiore efficienza.
Il tema è stato poi affrontato all’inizio di quest’anno da Jürgen Guldner, vicepresidente della tecnologia delle celle a combustibile a idrogeno e dei progetti di veicoli del BMW Group. Lo ha fatto nel corso di una conversazione intrattenuta con GoAuto, dichiarando: “Fondamentalmente, con la X5 Hydrogen FCEV otteniamo circa 500 km con un pieno. Se mettessi un motore a combustione nella stessa auto con lo stesso serbatoio, non arriverei nemmeno a 300 km. Questa è la differenza tra un prodotto che possiamo vendere e un prodotto che non possiamo vendere. Al traguardo dei 500 km e con un tempo di rifornimento di tre o quattro minuti, credo che le persone prenderanno in considerazione il passaggio all’idrogeno, quindi è importante”.
Auto a idrogeno, il problema dell’infrastruttura di rifornimento
Sin qui abbiamo parlato del modo in cui BMW sta approcciando il tema dell’auto a idrogeno. La casa bavarese, però, si ritrova a doversi scontrare con un problema di non poco conto, quello rappresentato dal rifornimento. L’auto a idrogeno necessita di ricarica per poter funzionare, come del resto ogni altro veicolo.
L’infrastruttura di rifornimento, però, rappresenta ancora un’utopia, a livello globale. Basti pensare che in Italia esistono solo due stazioni del genere, che dovrebbero diventare 36 entro il 2026. Entro il secondo trimestre di quell’anno, infatti, dovrebbero entrare in funzione le stazioni corrispondenti ai 36 progetti ammessi al contributo concesso dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con fondi del PNRR.
Siamo quindi soltanto agli inizi. Se si parla di difficoltà per l’elettrico, con migliaia e migliaia di colonnine sparse in ogni angolo del globo, è facile capire quelle con cui si va a scontrare l’auto a idrogeno, al momento. Tanto da spingere più di un osservatore a ritenere impossibile una futura mobilità incentrata su di essa.
Il primo drappello di produttori interessati all’auto a idrogeno
Non è azzardato, quindi, prevedere che i veicoli in questione potrebbero vedere limitata la loro commercializzazione alle zone in cui il pieno di idrogeno è possibile. La speranza, non solo di BMW, è che nel corso dei quattro anni che ci separano dall’esordio della BMW a idrogeno la rete si espanda a ritmi sufficienti.
Dal canto loro, BMW e Toyota affermano di muoversi al fine di riuscire a individuare “progetti regionali o locali per promuovere ulteriormente lo sviluppo dell’infrastruttura a idrogeno attraverso iniziative di collaborazione”. In assenza degli stessi, sembra complicato pensare alla fortuna commerciale dell’auto a idrogeno.
Per ora, quindi alle due case non resta che lavorare sui punti chiave del sistema. Che vanno dalla capacità di stoccare idrogeno nei serbatoi all’efficienza della pila a combustibile fino al contenimento degli ingombri dell’intero schema FCEV e l’evoluzione dei motori elettrici. Contribuendo alla formazione di una prima vera offerta globale di prodotto e alla ricerca e sviluppo sulla mobilità a idrogeno attraverso fuel cell. Il drappello che persegue questa direttrice, oltre a loro, vede impegnati anche Opel sui veicoli commerciali, Renault e Hyundai, con una gamma di modelli già presenti sul mercato.