BMW UK abbandona X, scoppia la guerra nell’automotive mondiale

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I concorrenti di Tesla sembrano decisi a sfruttare la questione per danneggiare l’immagine della casa californiana
Elon Musk

Forse stavolta Elon Musk ha fatto il passo più lungo della gamba. In vena di iconoclastia, infatti, il numero uno di Tesla si è abbandonato ad un gesto che molti hanno interpretato alla stregua del famigerato saluto nazista ormai fuori legge da un bel pezzo. Lo ha fatto nel corso della cerimonia inaugurale per l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, ma stavolta ha fatto male i conti. Perché, si tratti realmente di un saluto nazista o di una errata interpretazione del gesto, ora le polemiche stanno rimbalzando in ogni parte del globo. E stanno dando vita anche ad una guerra all’interno dell’automotive, con alcune case che sembrano intenzionate a sfruttare la scarsa o nessuna prudenza dell’uomo più ricco del mondo.

BMW, la divisione britannica abbandona X

Elon Musk, ha davvero fatto il saluto nazista a Washington o è stato soltanto mal interpretato? L’opinione pubblica si sta dividendo sulla questione, ma la divisione inglese di BMW non sembra avere dubbi al proposito. E per far capire come la pensa ha ha annunciato su X la decisione di abbandonare la piattaforma detenuta dal fondatore di Tesla.

BMW UK profilo x

Lo ha fatto nella mattinata di mercoledì, con il seguente post: “Non pubblicheremo più su X. Non preoccuparti, il nostro team di assistenza clienti è ancora qui se hai bisogno di noi. Puoi anche vedere tutte le ultime notizie BMW seguendoci su Facebook e Instagram su BMWUK”.

Se non fornisce spiegazioni, il post è apparso meno di 48 ore dopo che Musk si era esibito a Washington. E molti non hanno avuto alcuna difficoltà a collegare i due fatti. La stessa BMW ha dichiarato dal canto suo che presto fornirà la motivazione, ma intanto da più parti il collegamento è già in atto, danneggiando ulteriormente la già traballante immagine pubblica di Elon Musk.

BMW e i suoi legami con il nazismo

BMW e Tesla sono due marchi concorrenti. Non dovrebbe eccessivamente stupire quanto sta accadendo, alla luce di un mercato automobilistico che si trova in una fase molto complicata. E se anche dovesse arrivare dalla casa di Stoccarda una spiegazione diversa per la decisione di abbandonare X, sembra evidente l’intenzione di rivoltare il coltello nella piaga.

Lo stesso Musk, del resto, sembra essere caduto nella trappola. Ha infatti risposto alla campagna in atto nella maniera peggiore. Invece di scusarsi e spiegare di essere stato mal interpretato, ha infatti pubblicato il seguente messaggio sul suo profilo X: “Francamente, hanno bisogno di trucchi sporchi migliori. L’attacco ‘tutti sono Hitler’ è così stanco”.

Nel caso delle case automobilistiche tedesche, peraltro, una reazione del genere è abbastanza comprensibile. Non poche di esse avevano legami con il regime nazista e di fronte ad episodi di questo genere scattano come una molla. La BMW è una di esse, tanto che nel 2016 si è dovuta scusare pubblicamente per aver utilizzato detenuti nei lager nazisti come manodopera, naturalmente non retribuita.

Polestar ha preceduto tutti

Se BMW ha deciso di abbandonare X, Polestar ha deciso di approfittare delle disgrazie di Musk proprio da un punto di vista commerciale. Il marchio scandinavo, parte integrante della galassia di Geely, ha infatti chiesto ai propri responsabili delle vendite di contattare i potenziali clienti di Tesla non d’accordo sulle scelte politiche di Musk per sottrarli alla casa californiana.

Si tratta di una vera e propria offensiva inaugurata dal nuovo CEO di Polestar, Michael Lohscheller, che vede con tutta evidenza tutto ciò come una notevole opportunità per il suo marchio. Un’offensiva che potrebbe rivelarsi molto pericolosa per Tesla, soprattutto alla luce della reazione dei suoi clienti statunitensi. Molti dei quali hanno deciso di testimoniare il proprio disagio mettendo un adesivo sul parafango della propria vettura in cui affermano di essere in disaccordo con Musk. Assicurando di converso le fortune commerciali dell’azienda che li propone, a conferma del fatto che proprio le aziende sono intenzionate a sfruttare la questione per fare soldi. Insomma, gli affari sono affari.

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