Continuano a rincorrersi gli allarmi su una vistosa perdita di posti di lavoro, nella rincorsa verso l’auto elettrica. A quelli già lanciati nel corso degli ultimi mesi, va ora ad aggiungersi quello formulato da CLEPA, l’associazione che riunisce i fornitori del settore automotive e ne difende gli interessi.
In un rapporto pubblicato da poco a cura dell’associazione, si afferma che a partire dal 2020, il comparto europeo dei produttori di componentistica per l’auto ha perso circa 86 mila posti di lavoro. Un dato che vede la Germania staccare tutti gli altri Paesi, considerato che ben 52mila di questi posti, ovvero il 60% del dato totale, sono da ascrivere a suo carico.
L’allarme di CLEPA conferma i timori già espressi dalle case automobilistiche
Un panorama a tinte fosche, quello tratteggiato dallo studio di CLEPA. Tale da far comprendere il motivo delle resistenze sempre più forti da parte dell’automotive continentale ad una elettrificazione imposta dall’alto, senza alcun genere di consultazione con le imprese. Consultazione che potrebbe disegnare un atterraggio più morbido per un settore che rischia di pagare un prezzo altissimo alla necessità di arrivare ad una mobilità a zero emissioni.
Il documento arriva in un momento che vede elevarsi sempre più forti le lamentele delle case automobilistiche, e dell’indotto ad esse collegato, verso il Green Deal. Ovvero verso una transizione energetica calata dall’alto tramite una serie di normative vissute alla stregua di diktat dall’industria continentale.
L’allarme dell’associazione di rappresentanza dei fornitori del settore automotive, sembra confermare in pieno i segnali lanciati da più parti. E stavolta non si tratta di semplici pareri, bensì di dati veri e propri, tali da testimoniare come le nubi nere si stiano addensando anche per la filiera automobilistica.
A partire da quelli relativi ai primi mesi di quest’anno, in cui è stato annunciato il taglio di altri 32mila lavoratori. Vittime sacrificali del micidiale combinato disposto tra il calo della domanda, il rincaro dei costi produttivi e i ritardi degli investimenti nelle nuove tecnologie.
Secondo CLEPA, la situazione è addirittura peggiore di quella successiva alla comparsa del Covid
Un taglio che va addirittura a superare quello già drastico attuato nel secondo semestre del 2020 nel preciso intento di arginare la situazione creata dalla pandemia globale di Covid. Ovvero il periodo peggiore causato dalla necessità di misure sanitarie in grado di stendere un cordone in grado di arginare il virus.
Un dato che, peraltro, sembra destinato a peggiorare ulteriormente. Tanto da spazzare via le previsioni, ottimistiche, che erano state formulate in precedenza. Fino a non molto tempo fa, infatti, si prevedeva la creazione di oltre 100mila nuovi posti di lavoro entro il 2025. Resa possibile dalle opportunità collegate alla transizione ecologica e al passaggio alla mobilità elettrica. Purtroppo la tendenza in atto sembra dirigersi verso la soppressione di quasi 56mila posti di lavoro.
Inoltre, nella catena di approvvigionamento dei veicoli a batteria è stato possibile creare appena il 20% dei posti che erano stati originariamente previsti. Nel complesso, dal 2020 sono state create appena 29mila nuove posizioni, di cui circa 19 mila collegate alle Bev. Un quadro che definire preoccupante è forse troppo poco.
La redditività delle auto elettriche è insufficiente
Fin qui i numeri. Cui vanno aggiunte le considerazioni dell’associazione. Secondo CLEPA, infatti, “la redditività nel settore delle forniture rimane insufficiente a sostenere gli investimenti critici necessari per la transizione verde e digitale dell’Europa, il che mette in pericolo la leadership nell’innovazione automobilistica”.
E se il surplus commerciale evidenzia qualche segnale di ripresa, i fornitori europei “stanno perdendo il loro vantaggio competitivo nella creazione di valore a livello globale. Allo stesso tempo, la diminuzione degli afflussi di capitale sta bloccando i progressi nella transizione”.
Un quadro talmente preoccupante da spingere l’associazione ad affermare che lo stato di salute della catena di approvvigionamento del settore automobilistico è fondamentale non solo per l’industria automobilistica, ma anche per la competitività industriale dell’Europa.
Un chiaro campanello d’allarme
Lo studio prosegue poi chiedendo l’attenzione della politica, per cercare di salvare il salvabile: “Poiché la redditività in tutto il settore continua a diminuire e gli investimenti esteri calano, la catena di approvvigionamento è sottoposta a un’enorme pressione per raggiungere ambiziosi obiettivi ecologici e digitali. Questa situazione urgente richiede un’attenzione urgente da parte dei responsabili politici per salvaguardare il futuro automobilistico dell’Europa e prevenire un’ulteriore erosione della competitività del settore”.
Un chiaro campanello d’allarme, secondo il segretario generale dell’associazione Benjamin Krieger. Queste le sue dichiarazioni al proposito: “L’industria automobilistica, pietra miliare dell’economia europea, si trova di fronte a un punto di svolta. Per salvaguardare i posti di lavoro, accelerare la duplice transizione e riconquistare la nostra competitività globale, abbiamo bisogno di una ricalibrazione normativa. Ciò significa adottare l’apertura tecnologica nelle norme in materia di CO2, garantire un accesso equo ai dati di bordo e, in generale, stimolare l’economia e la competitività dell’Ue. Senza un’azione decisiva, l’Europa rischia di perdere la sua leadership nel settore automobilistico”.
Ora la palla passa alle rappresentanze politiche e, in particolare, alla Commissione Europea, Che, però, per il momento ha dimostrato di non voler mutare una linea definita suicida da più parti.