Come la globalizzazione ha cambiato per sempre il design delle auto

Quella che potrebbe sembrare una perdita di varietà stilistica è in realtà una trasformazione del linguaggio del design. Cos’è cambiato?
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Quando pensi al design automobilistico americano, l’immagine che probabilmente affiora nella mente è quella di un gigantesco pick-up dalla carrozzeria squadrata o una muscle car dalle proporzioni generose. Se invece ti sposti con l’immaginazione nel cuore dell’Europa, il quadro cambia: si fa più sobrio, elegante, con berline e coupé dalle linee fluide, dove l’ingegneria si sposa con la raffinatezza. E poi c’è l’Italia, dove l’estetica automobilistica si trasforma in arte, in una continua celebrazione della forma attraverso auto sportive affusolate.

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Questi cliché, in parte veritieri, sono oggi messi alla prova da una forza trasversale che ha ridefinito completamente la produzione e il design a livello mondiale: la globalizzazione. Non si tratta soltanto di delocalizzare impianti o di vendere veicoli oltre confine, ma di un processo più profondo e capillare, che ha trasformato il design automobilistico contemporaneo in un linguaggio globale, spesso a scapito delle identità locali.

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Di questo fenomeno ha parlato Luc Donckerwolke, Chief Creative Officer del Hyundai Motor Group, mente creativa dietro ai progetti di Hyundai, Genesis e Kia. Con un passato illustre in Lamborghini, Bentley e Audi, Donckerwolke ha contribuito a delineare l’estetica di vetture iconiche come la Lamborghini Murciélago, la Gallardo, e la Bentley Continental GT.

Luc Donckerwolke, design hyundai ioniq 9

Donckerwolke ha condiviso con la nota rivista The Drive una riflessione ampia e approfondita su come la standardizzazione globale abbia lentamente “neutralizzato” il design automobilistico, rendendolo meno riconoscibile da un punto di vista geografico.

Afferma il designer che una volta esistevano “dialetti stilistici”. C’era il metodo europeo, orientato alla precisione geometrica; quello italiano, votato alla leggerezza visiva e alla sensualità delle superfici; e il design nordamericano, più scultoreo, audace. Ma con l’arrivo della globalizzazione, questi approcci si sono mescolati, sovrapposti, fino a confondersi.

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“Le automobili hanno iniziato a essere concepite per un mercato globale, dove devono piacere a pubblici diversissimi tra loro e soddisfare normative internazionali”, ha spiegato Donckerwolke. “Il risultato? Le vetture hanno perso parte della loro identità territoriale, diventando prodotti visivamente simili, quasi intercambiabili”.

Luc Donckerwolke, design genesis concept

Eppure, questo scenario non è privo di spunti positivi. L’unificazione culturale ha infatti aperto le porte a una varietà di talenti internazionali, creando team di design eterogenei, creativamente stimolanti, capaci di contaminazioni virtuose. “Il nostro obiettivo – continua Donckerwolke – è quello di costruire un design che rifletta l’essenza coreana, ma sia allo stesso tempo comprensibile e desiderabile ovunque. Per farlo, bisogna tornare all’autenticità, al DNA del marchio, evitando i trend effimeri e concentrandosi su ciò che rende un’auto davvero unica”.

In un’epoca dominata da display sempre più grandi, interfacce digitali e comandi touch, Donckerwolke auspica anche un ritorno ai comandi analogici, più intuitivi e coinvolgenti. Una visione in controtendenza che ben si sposa con la sua filosofia del design riduttivo, dove la forma segue la funzione e ogni linea ha uno scopo.

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In definitiva, quella che potrebbe sembrare una perdita di varietà stilistica è in realtà una trasformazione del linguaggio del design, un’evoluzione che riflette il nostro mondo sempre più interconnesso. La sfida, oggi, non è evitare la globalizzazione, ma riuscire a emergere all’interno di essa, mantenendo autenticità, coerenza e personalità.

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