Crisi Volkswagen: potrebbe chiudere anche la fabbrica di Nanchino

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Ad affermarlo le indiscrezioni che stanno circolando con forza in queste ore
Fabbrica auto Volkswagen

La crisi in cui si dibatte il Gruppo Volkswagen sembra destinata ad aggravarsi, nonostante i tentativi in atto da parte delle dirigenza per cercare di contenerla. Lo si deduce anche dalle notizie provenienti dalla Cina, ove si stanno inseguendo in queste ore le indiscrezioni relative alla possibile chiusura della fabbrica che VW condivide con SAIC a Nanchino.

Occorre sottolineare che, almeno per il momento, non sono state rilasciate dichiarazioni ufficiali al proposito. Al tempo stesso, però, almeno secondo una fonte vicina all’azienda, la quale ha preferito però restare nell’anonimato, già il prossimo anno il sito di Nanchino potrebbe chiudere. Al momento, la sua capacità di assemblaggio si attesta su circa 360mila veicoli ogni dodici mesi, tra quelle del marchio Volkswagen, compresa la Passat, e i veicoli di Skoda.

Secondo le voci, Volkswagen non chiuderebbe soltanto Nanchino, in Cina

Le voci relative alla possibile chiusura dello stabilimento di Nanchino rappresentano l’ennesima conferma della gravità della crisi in cui si dibatte Volkswagen. Peraltro, va sottolineato come tali indiscrezioni non siano assolutamente isolate. Stando a quanto riportato da Automotive News Europe, infatti, ad esso se ne potrebbero aggiungere altri lungo il territorio del gigante asiatico.

Stabilimento Volkswagen in Cina

Il motivo di queste chiusure sarebbe da individuare nell’indebolimento della domanda di auto dotate di motore a combustione interna di cui è oggetto il mercato locale. Decisioni definitive non sembrano comunque essere state prese. Questo almeno è quanto si può dedurre dalla risposta di Volkswagen China alle domande rivolte da Bloomberg News, affidata ad una e-mail. Le parole testuali, sono le seguenti: “Tutte le fabbriche SAIC Volkswagen stanno operando normalmente secondo i requisiti del mercato e le nostre previsioni”.

È ancora Automotive News Europe, però, a pubblicare dati che fornirebbero la base per decisioni in tal senso. Nei ben 39 stabilimenti che il gruppo tedesco possiede lungo il territorio cinese, la produzione ha continuato a restare sotto di circa un quarto rispetto ai livelli pre-Covid. Mentre la quota di utili operativi provenienti dalle produzioni cinesi ha visto una flessione nell’ordine del 20% nel corso del 2023. I 2,62 miliardi di euro conseguiti, rappresentano circa la metà rispetto al picco rilevato nel corso del 2015.

Ne consegue la necessità di riorganizzare modelli produttivi basati su motori termici i quali, in Cina, stanno lasciando sempre più spazio alle auto elettriche. In questo quadro, quindi, le indiscrezioni sulla chiusura di Nanchino e non solo non sembrano una boutade.

Intanto, la situazione in Europa continua a essere molto critica

Se in Cina la situazione non è certo rosea, in Europa il dramma sembra ormai dietro l’angolo. La maggiore testimonianza in tal senso è quella relativa alla rottura dell’accordo con i potenti sindacati tedeschi in base al quale l’ipotesi di licenziamenti in sei siti locali era soltanto un’ipotesi di scuola.

Veicoli Volkswagen in uno stabilimento

Dal prossimo mese di giugno del 2025, quindi, il Gruppo Volkswagen potrebbe avviare i licenziamenti in vari stabilimenti. Una ipotesi che IG Metall guarda alla stregua del classico drappo rosso agitato di fronte agli occhi del toro.

Sulla questione si è espressa anche Daniela Cavallo, la sindacalista di origini italiane che funge da presidente del consiglio di fabbrica della casa di Wolfsbug. Queste le sue parole: “È necessario un negoziato. Altrimenti Volkswagen potrà procedere con licenziamenti forzati a partire dall’estate 2025, ma allo stesso tempo si troverebbe ad affrontare immediatamente enormi aumenti dei costi per tutti coloro che rimarranno”.

Parole tali da far presagire un aspro scontro in cui anche la politica sarà chiamata a fare la sua parte. Il governo locale, infatti, ha un peso decisionale decisivo, per effetto della particolare formula di governance in vigore. E, in un momento in cui le ali estreme di destra e sinistra mietono consensi elettorali a danno dei partiti tradizionali, sembra difficile che si possa schierare per licenziamenti i quali sarebbero pagati a caro prezzo nelle urne. Si prospetta quindi una situazione incandescente.

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