Bruxelles e Pechino sono prossime a una soluzione sui dazi emanati dall’Unione Europea sulle importazioni di veicoli elettrici cinesi nel territorio continentale? Stando a quanto dichiarato da Bernd Lange, deputato dell’Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici europei (S&D), stavolta sembrerebbe in effetti di sì.
Le dichiarazioni del presidente della commissione per il commercio del Parlamento Europeo sono state rilasciate a n-tv, un’emittente tedesca. Queste le parole da lui pronunciate per l’occasione: “Siamo vicini a un accordo: la Cina potrebbe impegnarsi a offrire auto elettriche nell’UE a un prezzo minimo. Ciò eliminerebbe la distorsione della concorrenza attraverso sussidi ingiusti, motivo per cui le tariffe sono state originariamente introdotte”. E a pagare, come al solito saranno i consumatori europei, del resto abituati alle beffe provenienti da Bruxelles.
Dazi UE: si va verso il prezzo minimo per le auto prodotte all’ombra della Grande Muraglia
Tanto tuonò che piovve: il vecchio detto noto anche nel nostro Paese sembra il migliore dei commenti possibili alle dichiarazioni di Bernd Lange. L’ipotesi di bypassare i dazi introducendo un prezzo minimo per le auto elettriche cinesi era infatti stata più volte adombrata. Anzi, era stato il governo di Pechino a rilanciarla, stando alle indiscrezioni di qualche settimana fa.
Ove fosse realmente questa la strada scelta per ristabilire normali relazioni commerciali tra le due controparti, ci sarebbe però da capire quale sarebbe il prezzo minimo in questione. Quello che era stato diffuso da alcuni organi di stampa, infatti, intorno ai 30mila euro, sempre secondo i media sarebbe stato rigettato dall’Unione Europea all’epoca. Ne conseguirebbe quindi l’ipotesi di un prezzo ancora più alto.
Proprio l’esosità dei prezzi, però, è forse il fattore principale che sta frenando la domanda di auto elettriche in Europa. Ove i ceti popolari, già estenuati dal caro energia e dall’inflazione, a tutto possono pensare tranne che a ridurre le proprie emissioni nocive con veicoli per acquistare i quali dovrebbero dissanguare i bilanci domestici. Ma, come al solito, l’Unione Europea ha dimostrato la totale incapacità di prescindere da vedute impregnate di ideologia. Ora non resta che attendere l’ennesima conferma della totale cecità della classe politica continentale, non a caso ormai snobbata dall’elettorato.
Dazi UE: il protezionismo è sempre contrario agli interessi dei consumatori
Il vero vincente della contesa tra UE e Cina, e tra quest’ultima e gli Stati Uniti, è il protezionismo. Ovvero l’esatto contrario di quel libero mercato con cui l’Occidente si sciacqua la bocca quando intende fregare il resto del globo. Rifilando il bidone, naturalmente, anche ai consumatori.
Stavolta a rimetterci saranno quelli europei, i quali dovranno rinunciare alla convenienza delle auto elettriche prodotte nel gigante asiatico. Neanche gli appelli delle stesse case concorrenti, a partire da quelle tedesche, sono riuscite a smuovere una Commissione Europea che, un provvedimento dopo l’altro, sta letteralmente affossando l’originale entusiasmo per la casa comune europea.
Oltre ad alcuni governi che hanno stolidamente deciso di inimicarsi quello di Pechino appoggiando un provvedimento palesemente sbagliato. A partire da quello italiano, che sull’altare della sinofobia ha praticamente affossato l’ipotesi di avere le case del Dragone in Italia, a partire da quella Dongfeng di cui si era vociferato a lungo. Nessuna azienda cinese verrà in Italia a salvare anche quell’indotto messo in larga sofferenza dalla crisi di Stellantis e dell’automotive tedesco. Un vero e proprio capolavoro di antidiplomazia da parte di quei politici che, pure, sarebbero gli eredi di quelli che nel corso della Prima Repubblica intrattenevano ottime relazioni con tutti.
Ora, ove fosse vero quanto affermato da Lange, non resta che attendere i comunicati ufficiali da parte di Commissione Europea e governo di Pechino. E capire dal prezzo minimo fissato quanto sarà profonda la fregatura per i consumatori europei. Del resto ormai abituati a fare i conti con il pressappochismo di Von der Leyen e soci.