C’erano pochi dubbi che il governo italiano avrebbe sostenuto la Commissione Europea nella querelle sui dazi supplementari tesi a sbarrare la strada alle auto elettriche prodotte dalla Cina. E, infatti, il Ministro degli Esteri Antonio Tajani ha confermato l’assunto durante l’incontro con il ministro del Commercio con l’estero del gigante asiatico, Wang Wentao.
Lo ha fatto nel bilaterale tenuto presso la Farnesina, al termine del quale Tajani ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Al ministro ho ribadito la posizione dell’Italia per quanto riguarda i dazi sulle auto. Noi sosteniamo la posizione dell’Unione Europea”.
Naturalmente nulla di male, nel sostenere la posizione della propria istituzione di riferimento. Il problema è però quello di capire se valga la pena di farlo in un momento in cui l’Italia si trova in trattative coi marchi del Dragone per invitarli a venire da noi. Soprattutto dopo aver dimostrato scarsa affidabilità alla stessa Cina, uscendo dalla Via della Seta. Per poi tornare a Pechino nell’intento di cercare di ottenere qualche accordo commerciale addirittura meno conveniente.
Dazi UE, nessuna sorpresa: l’Italia sostiene le misure contro le auto elettriche cinesi
Wang Wentao si trova nel vecchio continente per provare a ristabilire rapporti più distesi, dopo l’annuncio dell’apposizione di dazi sulle auto elettriche cinesi. Il suo tour diplomatico è molto complicato, anche perché la stessa Unione Europea si trova in un momento particolare. Sono infatti di poche ore fa le dimissioni del commissario francese al Mercato Interno e all’Industria, Thierry Breton.
Il vertice è stato preceduto dallo sbarco di Giorgia Meloni in Cina e precede quello ormai prossimo del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Un importante via vai che è del resto dovuto anche ad interessi economici ben precisi. La Cina, infatti, rappresenta il primo partner commerciale in Asia e il secondo nell’ambito dei Paesi extra UE, dopo gli Stati Uniti. Senza contare la necessità di intrattenere rapporti con una superpotenza che, secondo gli analisti, si candida ad assumere il ruolo ricoperto sinora dagli stessi USA.
L’incontro tra Antonio Tajani e Wang Wentao ha toccato molti temi. Tra di essi la situazione geopolitica, resa incandescente dalle tensioni in Ucraina, a Gaza e nel Mar Rosso. E, ancora, la tutela della proprietà intellettuale e l’interscambio commerciale nel settore agroalimentare.
Naturalmente, però, quello che interessava il settore dell’automotive era proprio la questione dei dazi elevati dall’UE contro le auto elettriche cinesi. Una mossa che ha destato malumori anche in alcune aziende europee, a partire da quelle tedesche. Le prevedibili ritorsioni di Pechino, infatti, potrebbero rendere impraticabile un mercato che è per loro molto importante.
Da questo punto di vista, almeno da un punto di vista ufficiale non ci sono da registrare sostanziali novità. Come affermato da Tajani l’Italia appoggia l’UE. Stonano però a questo punto queste parole, da lui rilasciate al termine del bilaterale: “Ho voluto ribadire la necessità di un accesso equo al mercato cinese e di una parità di condizioni per le nostre aziende, in particolare per le Pmi e per le aziende del settore agroalimentare. Proprio partendo da questo presupposto vogliamo continuare a lavorare con i nostri partner cinesi per rafforzare la cooperazione economica e riequilibrare la bilancia commerciale tra Roma e Pechino”. Aggiungere ulteriori dazi contro le elettriche del Dragone non sembra il modo migliore per farlo.
L’incontro tra Wang Wentao e Adolfo Urso
I temi già ricordati, sono stati poi oggetto della successiva riunione con Adolfo Urso, il titolare delle Imprese e del Made in Italy. Anche in questo caso le dichiarazioni ad esso successive hanno ricalcato l’etichetta. Urso ha infatti affermato: “È nostra intenzione intensificare i rapporti tra i due Paesi in uno spirito di piena collaborazione e trasparenza, specialmente nell’ambito dell’interscambio commerciale Italia-Cina e degli investimenti reciproci”.
In questo caso, è però da evidenziare una parte del discorso che è aperto ad ogni possibile interpretazione. Queste le parole in oggetto: “In ogni caso, dobbiamo lavorare insieme per evitare una guerra commerciale che non è nell’interesse di nessuno”.
Parole che possono essere spiegate da quelle successive, le seguenti: “La nostra scelta di aprire agli investimenti cinesi nel settore automotive prescinde dalla procedura sui dazi: è infatti di oltre un anno fa e fa parte di una strategia di lungo respiro di politica industriale nel quadro del partenariato strategico globale Italia-Cina rinnovato nella visita del Presidente del Consiglio a Pechino”.
La comprensione di queste affermazioni sarà stata difficile anche per gli interpreti ufficiali. Potrebbe però essere la seguente: l’Italia si è praticamente trovata costretta a dover barcamenarsi di fronte alla necessità di tenersi buona l’UE, in vista di una manovra di bilancio che si presenta estremamente ardua. Al tempo stesso non vorrebbe perdere gli investimenti cinesi e la possibilità di avere impianti delle loro aziende lungo il territorio nazionale.
Resta da capire se il gioco sarà gradito dal gigante asiatico. A giudicare dall’invito fatto alle proprie aziende, di non investire in Europa, sembra proprio di no. E, cosa strana, Dongfeng ha subito precisato di non essere intenzionata ad aprire stabilimenti nell’eurozona. Almeno per ora…