Dongfeng, come previsto arriva l’ordine di Pechino: niente fabbrica in Italia, brava UE

Avatar photo
A riferirlo è Bloomberg, ricordando che il nostro Paese paga l’appoggio ai dazi UE contro la Cina
Dongfeng Nammi 01

Era sin troppo facile prevedere che la supina accettazione dei dazi UE contro le auto elettriche cinesi sarebbe costata cara al governo Meloni. E, infatti, ora il governo di Pechino presenta il conto: Dongfeng non aprirà una fabbrica per la produzione di EV nel nostro Paese. E la speranza è che non faccia lo stesso anche Chery, che pure ha preannunciato le sue intenzioni di espansione nel Belpaese, che prevedono non solo un sito produttivo, ma anche un centro di progettazione. A darne notizia è Bloomberg, affermando che l’esecutivo cinese ha chiesto alle proprie case di sospendere le strategie tese all’espansione commerciale e produttiva in Europa. E, notoriamente, se il governo cinese chiede, si tratta di un ordine cui è consigliabile piegarsi.

Secondo Bloomberg, Dongfeng non verrà in Italia

Il governo cinese aveva rilasciato eloquenti segnali, prima della votazione sui dazi UE contro le sue auto elettriche. Il governo Meloni, però, ha voluto far finta di nulla e accodarsi alla Commissione Europea. Dopo aver per giunta pensato bene di stracciare la Via della Seta, per far contenta Washington. Ora Pechino presenta il conto, che potrebbe rivelarsi drammatico per il Paese, in un momento in cui Stellantis chiude tutto ciò che è possibile.

Dongfeng EV S60

Secondo indiscrezioni dell’agenzia Bloomberg, il governo cinese sta premendo sulle sue case per fare in modo che non portino avanti i piani di espansione commerciale e produttiva nel Vecchio Continente. A partire proprio da quella Dongfeng che sembrava ormai sul punto di sbarcare lungo il Belpaese e con la quale il governo di centrodestra aveva flirtato a lungo.

La stessa Bloomberg ha poi aggiunto che la richiesta delle autorità centrali prevederebbero lo stop alla ricerca di siti produttivi, alla firma di accordi commerciali e l’adozione di un basso profilo. Questo almeno sin quando le trattative con l’UE non saranno sfociate in risultati concreti tali da soddisfare le esigenze di entrambe le parti. Non è complicato vedere in questo consiglio una strategia di pressione sull’UE, in un momento che vede l’automotive europeo in grande difficoltà.

Sempre secondo l’agenzia di stampa, oltre ai dazi ci sarebbe un’altra questione alla base della richiesta di Pechino. Ovvero quella della sovracapacità produttiva che potrebbe essere originata da una transizione elettrica che si sta rivelando più complicata del previsto. Il conseguente rallentamento della domanda di veicoli elettrici da parte dei consumatori europei consiglierebbe una pausa di riflessione.

Pechino ordina, Dongfeng esegue

Dongfeng ha subito accolto il “consiglio” del proprio governo e informato il governo italiano della sospensione del progetto. Nel farlo ha posto Roma davanti alle proprie responsabilità, ricordando il sostegno del centrodestra (ma probabilmente sarebbe stato lo stesso con il centrosinistra) al protezionismo di Bruxelles.

Dongfeng Nammi 01

Non si tratta però della sola azienda cinese ad essersi uniformata alle direttive centrali. Ad essa si sono subito accodate Changan e Chery. La prima ha cancellato l’evento previsto a Milano per rendere pubbliche le proprie strategie di ingresso in Europa. La seconda ha deciso di posticipare al 2025 l’avvio della produzione di veicoli elettrici nell’impianto di Barcellona rilevato con la spagnola Ebro mettendo sotto esame l’intera programmazione produttiva.

Il caso di Chery riguarda anche l’Italia. Nei giorni passati, infatti, Shawn Xu, amministratore delegato dei marchi Omoda e Jaecoo, nel corso di un incontro con la stampa italiana a margine della Global Innovation Week aveva affermato: “Di sicuro, quanto abbiamo fatto in Spagna non è abbastanza, quindi l’Italia è una delle candidate per una seconda fabbrica.”

Non solo, perché aveva anche risposto in tal modo ad una precisa domanda sull’apertura di un centro di progettazione: “Sì, puntiamo ad aprirlo molto presto. Abbiamo piani per una sede con un numero significativo di addetti, circa un centinaio all’inizio, ma poi saranno molti di più: in Italia ci sono molte competenze ingegneristiche, ma anche e soprattutto nel campo del design. Siamo attualmente in una fase di trattative e posso confermare che tra le alternative è in considerazione l’area di Torino.”

  Argomento: 
X
Share to...