A sorpresa, le case automobilistiche cinesi sono sempre più interessate all’automotive italiano. Una sorpresa derivante non certo dalla grande qualità della filiera tricolore, quanto dai detriti lasciati sul campo dalle mosse del governo Meloni nei riguardi di Pechino, a partire dall’appoggio ai dazi aggiuntivi dell’Unione Europea nei confronti delle auto elettriche costruite lungo l’immenso territorio del gigante asiatico.
A dimostrare questo rinnovato interesse è la notizia relativa alla partecipazione di Geely al tentativo di rilanciare Menarinibus, un tempo Industria Italiana Autobus. Cui l’azienda cinese, una delle principali nel suo Paese, prenderà parte dopo aver acquistato una partecipazione del 25%. Se non stiamo parlando di un grande nome, occorre comunque sottolineare la valenza strategia dell’operazione. Soprattutto in un momento di grande difficoltà per la filiera Made in Italy dell’automotive.
Geely entra in Menarinibus: è il preludio ad una svolta?
L’entrata di Geely in Menarinibus, che vanta un sito produttivo ad Avellino e un centro ricerca a Bologna, può essere il segnale di una vera e propria svolta, per l’automotive tricolore. A testimoniarlo è del resto proprio l’importanza crescente del gruppo cinese, a capo di una galassia che vede tra le altre la presenza di Volvo e Lotus, con partecipazioni anche in Daimler, per il 9,7%, e in Aston Martin, per il 7,6%.
Naturalmente, il governo è subito corso a cercare di mettere il cappello sull’evento, nonostante non abbia praticamente fatto nulla per agevolarlo, anzi. È stato il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo D’Urso a cavalcarlo, nel corso di una visita presso lo stabilimento avellinese di Flumeri, affermando: “Il rilancio di Menarinibus è il simbolo della rinascita industriale del paese e i soci cinesi avranno un ruolo importante in questo progetto industriale”.
La rinascita industriale, purtroppo deve ancora avere luogo e non è scontato che ci sia. E a tal proposito, occorre constatare come in pratica le imprese stiano facendo da sole. Potendo contare sull’aiuto di alcuni dirigenti di spicco dell’industria automobilistica tricolore, come quell’Alfredo D’Altavilla che sta spendendo il suo prestigio in qualità di special advisory di BYD per l’Europa. Veste in cui si sta adoperando per conseguire una collaborazione tra la più grande casa cinese e la nostra componentistica.
Resta da capire se la politica italiana riuscirà stavolta a comprendere l’importanza di lasciare da parte le sterili valutazioni ideologiche e tendere la mano a Pechino. Operando nell’interesse nazionale come sta facendo un altro governo distante sotto questo punto di vista dal gigante asiatico, ovvero quello ungherese. Con Viktor Orban ben lieto di accogliere i capitali cinesi, a partire da quelli di BYD e CATL, in modo da favorire l’occupazione dei suoi connazionali.
A proposito di Menarinibus
Per quanto concerne Menarinibus, l’azienda è stata acquisita la scorsa estate dalla Seri Industrial (società che focalizza i suoi sforzi sul business delle batterie, ma non per l’automotive) della famiglia campana Civitillo. La cessione del gruppo è avvenuta ad opera di Invitalia e Leonardo, non senza polemiche. Quelle cui si abbandonò per l’occasione una cordata concorrente, in cui erano rappresentati tra gli altri imprenditori come l’attuale numero due di Confindustria, Maurizio Marchesini, Valerio Gruppioni (Sira Industrie) e Maurizio Stirpe, anche lui ex vice di Confindustria e attivo proprio nel settore dell’automotive.
Per condurre a termine l’acquisizione di quella un tempo nota come Industria Italiana Autobus, Seri Industrial ha dovuto sborsare 80 milioni di euro. Un esborso importante, cui non ha però fatto seguito un analogo impegno finanziario a supporto delle attività produttive. Ne è conseguita una fase di stasi, che ha praticamente vanificato l’assicurazione relativa all’assunzione di 180 persone entro l’anno appena iniziato. La speranza è che la nuova proprietà possa realmente vivificare Menarinibus. E proprio la presenza dei cinesi di Geely potrebbe in effetti rappresentare una sorta di garanzia, in tal senso.