Qual è il segreto dei bassi prezzi delle auto elettriche cinesi? Nel preciso intento di cercare di capirlo le case automobilistiche giapponesi hanno naturalmente puntato sulla retroingegneria. Ovvero quella disciplina che è, giustamente, considerata essenziale dai costruttori di auto per riuscire a capire cosa stia facendo la concorrenza e quale direzione intraprendere al fine di cercare di emularla o sorpassarla.
In pratica, gli ingegneri delle grandi case testano i modelli della concorrenza, in modo da scoprirne eventuali punti di forza e imitarli. Si tratta a tutti gli effetti di spionaggio industriale, ma fa parte del gioco, tutti i marchi lo sanno e accettano il fatto che i loro rivali proveranno a copiare ciò che viene riversato nei modelli di grande successo.
Un modus operandi il quale è stato applicato da quelli delle case giapponesi nei confronti di BYD, il brand cinese che si appresta ad assumere il ruolo di guida mondiale nel settore dei veicoli full electric. Dai test condotti in particolare sulla Atto 3, però, sono emerse più domande che risposte. Andiamo a vedere perché.
BYD Atto 3, come fa a costare così poco?
Che i marchi conducano attività di spionaggio a danno della concorrenza non è certo un segreto. Anzi, sarebbe stupefacente il contrario, in un settore in cui la tecnologia è in continuo divenire. Non tenere conto dei progressi delle case che competono in un determinato segmento di mercato potrebbe in effetti condannare le aziende le quali reputassero utile un atteggiamento di splendido isolamento.
Questa politica è quindi oggetto di applicazione in ogni parte del mondo. Anche i cinesi l’hanno usata a piene mani, quando i loro modelli suscitavano la facile ironia delle case occidentali. E lo hanno fatto bene, a giudicare dai progressi fatti, tali da spingere il CEO di Ford, Jim Farley, a proclamarne la grande superiorità tecnologica. Un gap che fa di essi un vero e proprio pericolo esistenziale non solo per l’Ovale Blue, ma per tutti.
Il Giappone non fa certo eccezione alla regola. Anzi, i giapponesi hanno molto da imparare nel settore delle auto elettriche. Sono infatti partiti con un certo ritardo e ancora oggi mostrano di non credere del tutto alle prospettive di una mobilità a emissioni zero che veda l’esclusiva presenza di modelli full electric. Per capire meglio a cosa sia dovuta la posizione di forza della concorrenza sorta all’ombra della Grande Muraglia, hanno quindi deciso di smontare una BYD Atto 3. Un lavoro dal quale sono emersi spunti di grande interesse.
Il vantaggio di BYD? L’ecosistema circolare
Insieme a Tesla, BYD è ormai considerata dagli esperti la più grande forza dominante nel mercato internazionale dell’elettricità. A stupire nel lavoro del brand di Shenzhen è in particolare la grande capacità di produrre e sviluppare veicoli a ritmi vertiginosi. In pratica, non passa settimana senza che BYD non presenti un nuovo modello o l’aggiornamento di uno che è già in fase di vendita.
Anche dal punto di vista commerciale la casa ha provveduto a dotarsi di una serie di ramificazioni che ne attestano la totale presenza internazionale. In questo ambito, il Giappone rappresenta un fattore abbastanza trascurabile, trattandosi di un mercato molto limitato in termini di immatricolazioni totali. Sono appena l’1% e, di conseguenza, non sono molti i marchi che decidono di sbarcare sull’isola coi propri modelli. BYD è uno di questi, essendo sbarcato sull’isola con Atto 3, seguito poi da Dolphin e Seal.
Per quanto concerne il prezzo di vendita, Atto 3 si attesta a 4,4 milioni di yen, circa 26.765 euro al cambio. Si tratta quindi di un prezzo estremamente interessante per gli standard giapponesi. Nonostante il prodotto sia ormai ben noto, la sorpresa dei giapponesi è arrivata quando ad essere sottoposti ad esame sono stati gli interni del veicolo. I cui risultati sono stati esposti dall’Ufficio economico e commerciale del Giappone centrale nel corso di un seminario delegato all’esplorazione delle tendenze nei veicoli elettrici a batteria. Nel corso dell’evento, cui hanno partecipato una settantina di aziende locali di componentistica, sono stati portati all’attenzione generale più di 90mila pezzi e 16 veicoli elettrici stranieri. Tra cui Model Y di Tesla, ET5 di NIO e, ovviamente, Atto 3 di BYD.
Il vantaggio nel campo delle batterie conferisce alle aziende cinesi una vera propria rendita di posizione
E proprio Atto 3 ha rubato la scena a tutti gli altri modelli presentati. Tutti coloro che hanno avuto la fortuna di presenziare all’evento, sono infatti rimasti sorpresi per il modo in cui è stata costruita l’auto e dalla sua ingegneria.
In particolare, però, i giapponesi non sono riusciti a capire come BYD riesca a produrre a un costo così basso i propri veicoli. Tra le principali spiegazioni arrivate dalla fiera, spicca quella relativa alle batterie, che come è ormai noto vanno a rappresentare un terzo circa dei costi collegati alla costruzione di un’auto elettrica. E, anche questo è noto, BYD rappresenta ormai il secondo produttore di batterie per veicoli elettrici a livello mondiale. Superato peraltro da un altro marchio del Dragone, ovvero CATL.
L’azienda, però, non si limita a sviluppare solo le batterie. Ad esse, infatti, va ad aggiungere quasi tutti i componenti, si tratti di propri o locali, con la sola eccezione rappresentata dai finestrini e dai pneumatici. Si tratta, quindi, di un vero e proprio ecosistema, su cui BYD si basa per configurare e proporre condizioni commerciali che non hanno eguali.
Condizioni che la casa di Shenzhen propone non solo in Giappone, ma in qualsiasi parte del globo in cui esporta i propri prodotti. Con un corollario di non poco conto: marchi come Toyota, Nissan, Honda o Mazda sono stati troppo lenti nell’adottare le auto elettriche. E continuano a guardare con un certo scetticismo alle prospettive della mobilità ormai istradata verso l’elettrificazione. Un atteggiamento che, a detta di molti esperti, potrebbe tramutarsi in un problema estremamente serio, una volta che il mercato si sarà ristabilito. I giapponesi, da parte loro, assicurano che stanno lavorando su tecnologie e sistemi evoluti che saranno pronti quando l’auto elettrica sarà davvero una domanda globale. In quel momento, però, potrebbero scoprire di aver accumulato uno svantaggio difficilmente colmabile, almeno nel breve periodo.