Il Ministro dei Trasporti e della Mobilità Sostenibile spagnolo, Óscar Puente, sta portando avanti un intenso lavoro di comunicazione sui social network. Reso necessario dall’attenzione con cui il paese iberico segue quanto sta accadendo a Valencia, dopo le devastazioni e i lutti provocati da DANA.
Tra le cose interessanti che sta ufficializzando, ce n’è anche una che potrebbe rivelarsi interessante al di fuori dei confini nazionale e, in particolare, in Italia. Il riferimento è a quei radar pedagogici che sono in fase di installazione sulla tangenziale A-7, di cui molti non sospettavano neanche l’esistenza. Tanto da spingere più di un utente stradale a chiedersi se non si tratti di un espediente lessicale. A quanto pare, però, non è così.
Cosa sono i radar pedagogici? E a cosa servono?
Per radar pedagogici si intendono i dispositivi di controllo della velocità i quali, pur rilevando il superamento dei limiti consentiti non hanno la capacità di multare i conducenti che lo fanno. La loro funzione principale, in pratica, è quella di informare in tempo reale gli automobilisti sulla velocità alla quale stanno viaggiando, senza però raccogliere ulteriori dati dal veicolo.
La differenza coi radar convenzionali, è da individuare proprio nella funzione ad essi spettante. I primi dopo il rilevamento dell’infrazione emettono la sanzione pecuniaria collegata, mentre quelli pedagogici hanno il compito di educare e sensibilizzare gli automobilisti affinché rispettino i limiti di velocità. Una differenza, quindi, non da poco.
In pratica, quando un conducente si avvicina al radar, questo visualizza su uno schermo la velocità del veicolo mentre gli passa davanti. Generalmente utilizzano un codice colore: la velocità appare in verde se è adeguata e in rosso ove venga superato il limite consentito. Alcuni di questi radar vanno anche ad aggiungere messaggi: ad esempio “Grazie” se il conducente sta viaggiando alla velocità corretta, o “Rallenta” nell’ipotesi esattamente opposta.
Come funzionano e dove sono posizionati
Se la differenza principale tra radar pedagogici e normali è che i primi non inviano informazioni alle autorità stradali, non dispongono di telecamere per identificare le targhe, né di sistemi per emettere multe, la tecnologia è però simile. Si basano infatti sulle onde radio per sapere la velocità cui viaggia un veicolo.
Il radar emette onde radio verso il veicolo in avvicinamento che rimbalzano sul veicolo e ritornano al radar. Misurando la differenza di frequenza tra l’onda emessa e quella riflessa (noto come effetto Doppler ), il radar può calcolare la velocità di movimento del veicolo. Maggiore è la differenza di frequenza, maggiore è la velocità rilevata. Il processo avviene in frazioni di secondo, consentendo una misurazione precisa e quasi istantanea della velocità dell’auto, col risultato visualizzato su uno schermo nell’arco di pochi millisecondi.
I radar pedagogici sono diventati sempre più comuni nelle strade e nelle autostrade di molte città e Paesi. Non è raro vederli quando si entra in un centro abitato, all’interno di aree urbane e residenziali o vicino a scuole o parchi giochi. Il loro obiettivo è scoraggiare gli automobilisti dal superare la velocità in luoghi con un’elevata presenza di pedoni o su strade strette. Ovvero dove una velocità eccessiva potrebbe essere particolarmente pericolosa.
È anche possibile trovarli su strade secondarie, ad esempio in prossimità di un incrocio pericoloso, o su strade dove le autorità intendono incoraggiare il rispetto dei limiti di velocità senza ricorrere a multe. Proprio per questo sono indicati come pedagogici.
Perché i radar pedagogici possono essere preziosi
Naturalmente, ci si potrebbe chiedere ove sia l’utilità di questo genere di radar. Se non emettono multe, perché un conducente dovrebbe rallentare? A dare una risposta in tal senso sono studi condotti al proposito, dai quali risulta che molti conducenti tendono a ridurre la velocità quando vedono la loro velocità in rosso. Anche se resta da capire il motivo che li spinge a farlo.
E una spiegazione in tal senso arriva da un’altra constatazione: godono di maggiore accettazione sociale tra gli utenti delle strade. Non sono percepiti come una misura meramente economica, bensì come uno strumento effettivo per aumentare la sicurezza stradale. E forse, proprio per questo dovrebbero essere diffusi anche in Italia, ove gli autovelox sono considerati ormai un nemico.