La Corea del Sud sta adottando ulteriori misure nell’intento di riuscire a placare i timori della popolazione locale per gli incendi dei veicoli elettrici. Nel quadro della discussione intrapresa, ora è arrivata la decisione di obbligare i produttori di automobili a rivelare i fornitori delle batterie. Cui si aggiunge un nuovo schema per la certificazione delle batterie.
Nel corso del passato fine settimana, il governo coreano e il People Power Party (PPP), il locale partito conservatore, hanno rivelato che il nuovo programma di certificazione delle batterie sarà introdotto a ottobre. Con netto anticipo, dunque, rispetto a febbraio 2025, quando era prevista la sua implementazione. Una decisione che richiederà ai produttori di ottenere l’approvazione del Ministero del territorio, delle infrastrutture e dei trasporti per confermare che i loro prodotti siano conformi agli standard di sicurezza locali. Si tratta di una novità sostanziale, considerato come in precedenza tale passo fosse solo su base volontaria.
Corea del Sud: da ottobre è obbligatoria la certificazione delle batterie per le auto elettriche
A partire dal prossimo mese di ottobre sarà lanciato un programma di certificazione pubblico e trasparente anche per i consumatori, relativo alle batterie utilizzate sulle vetture elettriche in vendita. Una decisione che rappresenta la reazione del governo della Corea del Sud all’incendio che il primo giorno dello scorso agosto ha prodotto danni enormi a Incheon.
Com’è ormai noto, le fiamme si sono accese su una Mercedes EQE equipaggiata con batterie del produttore di secondo piano Farasis Energy in un parcheggio sotterraneo. Si sono poi estese in lungo e in largo, distruggendo non meno di 880 autoveicoli anch’essi parcheggiati e un gran numero di appartamenti. Con il corollario di centinaia di famiglie costrette a evacuare e trovare alloggiamenti di fortuna.
L’evento ha naturalmente colpito enormemente l’opinione pubblica, calamitando grande interesse anche per le oltre otto ore che sono state necessarie per spegnere la vettura. Già il primo bollettino emesso dalle autorità assomigliava ad una cronaca di guerra, parlando di 140 veicoli. Numeri che sono però molto minori di quelli definitivi, comparsi sulle cronache giornalistiche locali.
Una sorta di spartiacque per le auto elettriche, in Corea del Sud
Se l’incendio è stato spento in otto ore, nei giorni successivi è invece divampata la preoccupazione, costringendo la politica della Corea del Sud a concentrare la propria attenzione sul problema. Un problema che, del resto, non riguarda solo il Paese orientale, considerati i tanti episodi analoghi in molte parti del globo.
Il governo di Seul, sotto la spinta di opinione pubblica e opposizione, ha quindi deciso l’imposizione a carico dei costruttori di auto elettriche della rivelazione volontaria delle caratteristiche relative alle batterie di ogni veicolo green venduto all’interno del territorio nazionale.
Una volontarietà che ora si trasforma in certificazione obbligatoria. Un passo in avanti rispetto a quanto è al momento predisposto nella vicina Cina e nel resto del mondo. A dover rispondere non sarà naturalmente soltanto la Mercedes, ma anche tutte le altre case che commercializzano auto elettriche in Corea del Sud. Un elenco che comprende quindi Tesla, Volkswagen, General Motors e, ancora, Hyundai-Kia, Bmw, Renault, Polestar, Porsche, Jaguar-Land Rover e Stellantis.
Una partita tutta politica
Occorre sottolineare come il provvedimento deciso dal governo di Seul abbia una natura squisitamente politica. In pratica, l’esecutivo cerca di far capire all’elettorato che è assolutamente in grado di tenere sotto controllo il problema e risolverlo.
Per farlo propone quindi un intervento drastico, ma che all’atto pratico serve a poco. Il mercato delle auto elettriche, infatti, non latita dal punto di vista delle certificazioni e delle omologazioni a carico delle batterie. Presenta invece lacune di non poco conto per quanto concerne pubblicità e comunicazione verso un mondo che non è composto di addetti ai lavori.
Sono proprio gli esperti del settore a rilevare come una certificazione pubblica abbia un semplice scopo informativo. Da sola, però, non può certo dare una risposta nel senso di una maggior sicurezza delle vetture elettriche. Soprattutto se, come accade al momento, mancano informazioni su quali siano le batterie più o meno propense ad andare in fiamme, e in quali circostanze.
A guardare con molto interesse quanto sta accadendo nel Paese asiatico, naturalmente, sono gli stessi produttori di accumulatori. Un mercato in cui a fare la parte del leone è l’azienda cinese Catl, alle cui spalle si propongono la sudcoreana LG Energy Solution e la connazionale Byd di Shenzhen. Ai piedi del podio si ferma invece il primo brand giapponese, Panasonic, tallonata dalla SK Innovation e da Samsung SDI, altre aziende sud coreane che hanno grandi ambizioni.