Il settore automobilistico europeo si trova in una fase estremamente negativa, con conseguenze pesanti a livello occupazionale. A dimostrarlo è anche la decisione presa da Michelin, che prevede di chiudere due dei suoi stabilimenti francesi per la produzione di pneumatici. Una decisione che costerà il posto a non meno di 1.250 lavoratori occupati al loro interno.
I siti interessati sono quelli di Cholet e Vannes, posizionati nel territorio della Francia occidentale e come motivazione per la loro chiusura Michelin ha addotto gli elevati costi e la modifica intervenuta nel mercato. Naturalmente, la risposta dei sindacati è stata dura, anche perché la mossa dell’azienda francese, fondata 135 anni fa, potrebbe essere solo l’antipasto di una vera e propria ondata di licenziamenti.
Anche Michelin licenzia: l’automotive europeo è sempre più in crisi
L’annuncio di Michelin arriva a pochi giorni di distanza dalle indiscrezioni relative alla Volkswagen, che sembra intenzionata a chiudere tre delle sue fabbriche tedesche. Com’era facilmente prevedibile, l’accumularsi dei problemi, alcuni dei quali creati dalle classi dirigenti europee, sarà pagato ancora una volta dai lavoratori.
I profit warning pubblicati da molte aziende, a partire da Volkswagen, BMW e Stellantis, non potevano che andare a riflettersi anche su quelle che le riforniscono. Prima di Michelin, ad esempio, era stata la tedesca Schaeffler, altro importante fornitore del settore, ad annunciare l’intenzione di mandare a casa ben 4.700 lavoratori.
Michelin, l’indignazione dei sindacati
La mossa della Michelin ha naturalmente indignato i sindacati francesi. La CGT, la centrale considerata storicamente più intransigente, ha invitato tutti i lavoratori della Michelin a scioperare, mentre la sua controparte più moderata, la CFDT, ha preferito esortare la dirigenza e il governo a riesaminare le chiusure e a cercare alternative.
I sindacati avevano del resto già provveduto a mettere sull’avviso i lavoratori, riguardo la possibile chiusura degli stabilimenti di Cholet, che produce principalmente pneumatici per autocarri leggeri di piccole dimensioni, e di Vannes, che si dedica ai telai per pneumatici in metallo. Il primo sito impiega 955 persone, mentre il secondo fornisce lavoro a 299 dipendenti.
Martedì sera, il personale del primo sito ha votato a favore di uno sciopero per protestare contro la chiusura programmata, come riferito a Reuters da una fonte sindacale. Resta il fatto che per i lavoratori interessati si prospetta un Natale all’insegna dell’incertezza.
Le motivazioni dell’azienda
Michelin, dal canto suo, ha affermato che la quota di mercato degli pneumatici entry-level per auto, camion leggeri e veicoli pesanti è aumentata in modo significativo nell’ultimo decennio. Andando a colpire le categorie premium e determinando una sovraccapacità in alcuni dei suoi stabilimenti.
Sulla questione si è pronunciato Florent Menegaux, il presidente di Michelin. Queste la sue parole, al riguardo, espresse a le Monde: “Abbiamo valutato le nostre opzioni ma non siamo riusciti a trovare alternative alla chiusura di questi due siti. L’unica costante della Michelin è che è sempre in movimento”.
Intervenendo all’Assemblea nazionale, il primo ministro Michel Barnier ha a sua volta espresso il suo rammarico per la decisione presa dall’azienda. Ha poi aggiunto che i lavoratori interessati devono essere aiutati, con tutti i mezzi disponibili. Ha poi aggiunto: “Il settore automobilistico si trova in una situazione difficile e non solo nel nostro Paese”. Inoltre, ha affermato che l’Europa deve proteggere la propria industria automobilistica dalla concorrenza estera “sleale” con misure più incisive e meno “ingenuità”. Sembra chiaro il riferimento ai dazi elevati dall’UE contro le auto elettriche cinesi, che però sono contestate dagli stessi marchi europei.
Un piano di emergenza per salvare l’automotive
Il ministro dell’Industria Marc Ferracci ha invece chiesto un “piano di emergenza” europeo per salvare il settore, affermando che nelle prossime settimane lavorerà per formulare proposte politiche a livello UE. La stessa Unione che, però, è indicata da molti come la principale responsabile della situazione che sta vivendo l’automotive continentale.
Lo stesso Ferracci ha poi affermato che i due siti da chiudere sono stati “gravemente colpiti dalla trasformazione strutturale dei mercati delle autovetture, dei camion leggeri e degli pneumatici per camion e dal peggioramento della competitività dell’Europa, in particolare a causa dell’inflazione e dell’aumento dei prezzi dell’energia”.
Nel frattempo, Michelin ha già provveduto a sospendere la produzione in entrambi gli stabilimenti interessati. Una chiusura fino all’11 novembre che, nelle sue intenzioni, dovrebbe dare alla dirigenza e ai sindacati il tempo di discutere, anche individualmente con i dipendenti. Inoltre sono stati accantonati 330 milioni di euro sotto forma di spese non ricorrenti, nei bilanci consolidati al 31 dicembre.
La speranza è che la crisi non si aggravi, mettendo a rischio anche altri dei 15 impianti produttivi gestiti dall’azienda sul suolo transalpino, per un totale di circa 15mila dipendenti. Anche perché, nel corso del passato mese di ottobre, Michelin ha abbassato le sue previsioni di profitto annuale a causa di un rallentamento più marcato del previsto nel mercato automobilistico nel corso del terzo trimestre.