La ricetta di Morgan Stanley: collaborazioni tra marchi cinesi e occidentali per il rilancio delle auto elettriche

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Quella in corso, secondo gli analisti della banca d’affari, sarebbe una contrapposizione sterile
BYD Atto 3

Come riaccendere l’interesse intorno alle auto elettriche? Secondo gli analisti della banca d’affari Morgan Stanley, il modo migliore per riuscirci consiste in una crescente collaborazione tra costruttori tradizionali e startup cinesi dedite alla mobilità sostenibile. Anche se lo stallo attuale dovrebbe durare ancora per un arco temporale che si va ad attestare in un range tra i 12 e i 18 mesi. Una strada, quella delle collaborazioni che è del resto stata già intrapresa dai costruttori più lungimiranti. Ne sono eloquente testimonianza quelle tra Volkswagen e XPeng, Stellantis e Leapmotor, e Volkswagen e Rivian.

Auto elettriche: per riportarle in auge serve collaborazione

“La crescente collaborazione tra i costruttori di auto tradizionali e gli operatori del settore dei veicoli elettrici, come dimostrano le recenti alleanze tra Volkswagen e XPeng, Stellantis e Leapmotor e Volkswagen e Rivian, potrebbe contribuire a riaccendere l’interesse per le auto elettriche a livello globale”: questa è la tesi di un rapporto pubblicato a cura degli analisti di Morgan Stanley.

Una Volkswagen Golf

Una ricetta che, comunque, non darà i suoi frutti prima di un anno o un anno e mezzo. Nello studio dedicato al settore dell’automotive, viene comunque promossa la strategia di Stellantis culminata nell’accordo con il marchio cinese Leapmotor. Una strategia culminata nella creazione di Leapmotor International, la società al 51% del gruppo nato da Fca e Psa che ha appena lanciato in Europa la citycar T03 e il Suv C10.

Per Morgan Stanley queste collaborazioni sono destinate ad imprimere una notevole spinta alla redditività del settore. Sino a farne scaturire un vero e proprio rally, tale da permettere il conseguimento entro il 2030 di una quota pari al 30% nel mercato globale delle auto, da parte di quelle green.

La contrapposizione tra costruttori tradizionali e aziende cinesi è deleteria

Il rapporto della banca d’affari statunitense prosegue affermando che il motivo della contrazione in atto nel settore della mobilità sostenibile è da attribuirsi in particolare a tre cause. La prima è da individuare nelle tensioni geopolitiche globali, con evidente riferimento ai conflitti in Ucraina e in Medio Oriente. Mentre il secondo sarebbe rappresentato dagli sconvolgimenti determinati dalla crescente influenza dell’intelligenza artificiale. Infine, la fragilità economica della Cina, che è il più grande mercato mondiale.

Per il periodo compreso tra l’anno in corso e il 2026, gli analisti di Morgan Stanley prevedono comunque una penetrazione delle auto elettriche tra il 14 e il 17%. Abbassando quindi di ben tre punti percentuali le stime fatte in precedenza. Ennesima dimostrazione della crescente avversione dei consumatori verso un modello di mobilità che sembra essere al momento inaccessibile alle classi popolari.


Una svolta in tal senso potrebbe essere possibile nel 2027, dando lo slancio per riuscire a raggiungere nel 2030 una quota di mercato globale intorno al 32%. La condizione indispensabile per conseguire un risultato simile, però, è lo stop all’attuale contrapposizione tra le case automobilistiche americane ed europee e i produttori cinesi.

Una contrapposizione sterile

I costruttori occidentali cercano di produrre auto elettriche in modo redditizio e a prezzi accessibili, mentre i competitori cinesi sarebbero aiutati dalle sovvenzioni statali e in grado di ottenere cicli di sviluppo rapidissimi, tecnologia avanzata e bassi costi di produzione, venendo ostacolati nella loro avanzata sui mercati occidentali dai dazi.

Leapmotor C10

Una contrapposizione sterile, che andrebbe bypassata. Ove accadesse, mettendo in comune i punti di forza, ci sarebbero vantaggi per tutti. I costruttori occidentali potrebbero assicurare grande capacità produttiva, catene di fornitura globali sviluppate, marchi forti e accesso al capitale, mentre quelli cinesi porterebbero in dote software, tecnologia, in particolare la guida assistita, e robuste dosi di innovazione.

I nuovi legami “strategici” che ne conseguirebbero, sarebbero in grado di limitare i tempi di sviluppo dei veicoli elettrici globali del 30% e tagliare i costi fino al 40% nel corso del prossimo decennio. Rendendo possibile una significativo aumento della quota di mercato e il conseguimento della sospirata redditività nel settore. Il tutto andrebbe a culminare in un’opportunità potenziale di investimento pari a 150 miliardi di dollari, per effetto della localizzazione della produzione cinese di veicoli elettrici nei mercati globali entro il 2030.

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