La crisi dell’industria automobilistica è argomento di grandi discussioni da mesi, anche a livello politico. Una crisi che deriva non solo da una situazione economica che frena la propensione agli acquisti dei consumatori, ma anche di scelte errate. In particolare quelle emanate per favorire un nuovo modello di mobilità più sostenibile, incentrato sull’auto elettrica.
E proprio l’auto elettrica è finita sul banco degli imputati. Secondo molti osservatori, e non solo, l’insistere esclusivamente su di essa per il futuro si sta traducendo in un vero e proprio bagno di sangue, a livello occupazionale. Una tendenza evidente soprattutto in Europa, ove sono decine di migliaia i posti di lavoro saltati a causa di una domanda di EV inferiore alle previsioni. In Italia, però, sta fiorendo un sottobosco di imprese che non hanno paura di abbracciare l’elettrico. Con il corollario di nuovi posti di lavoro creati e da creare.
In Italia l’auto elettrica sta producendo nuova occupazione
Se non pochi grandi gruppi automobilistici sono costretti a licenziare manodopera, per far fronte ad una situazione molto problematica, nel nostro Paese l’auto elettrica promette di creare nuovi posti di lavoro. Una realtà che è stata esplicitata dallo studio presentato presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) dall’Osservatorio TEA fanno i conti coi posti di lavoro da mantenere, in Italia spunta un sottobosco di imprese che continua ad abbracciare l’elettrico.
La ricerca, intitolata “Mobilità elettrica e industria italiana: i risultati della survey 2024”, è andata a indagare sulle trasformazioni in atto all’interno della filiera, facendo leva sul coordinamento offerto dal Center for Automotive & Mobility Innovation dell’Università Ca’ Foscari Venezia (CAMI) e dal CNR-IRCrES.
E dando una rapida occhiata all’analisi che ne è scaturita, si evidenzia come nell’arco temporale compreso tra il 2024 e il 2027, più della metà delle imprese interpellate, ovvero il 51,9% di esse, sia intenzionata a investire in nuovi prodotti per l’auto. Tra di esse, il 31% è intenzionata a farlo in tecnologie collegate all’elettrico. E proprio queste ultime sono le realtà produttive che dichiarano la propria intenzione di procedere all’assunzione di competenze dotate di una specializzazione nel settore.
Questo quanto affermato al proposito, dallo studio: “Emerge come nel complesso le imprese della filiera estesa non dichiarino impatti occupazionali particolarmente negativi a seguito dell’elettrificazione del veicolo, e sono soprattutto le imprese maggiormente innovative ed orientate all’elettrico a mostrare migliori prospettive occupazionali per il prossimo futuro, non soltanto per i ruoli professionali più qualificati e di ricerca, ma anche a livello di addetti diretti ed indiretti alla produzione”.
La crescita occupazionale collegata all’auto elettrica sarà pari all’1,6%
Se il discorso viene tradotto in semplici numeri, il risultato che ne deriva è pari ad una crescita occupazionale dell’1,6%. Tanto da spingere il professor Francesco Zirpoli , che dirige l’Osservatorio TEA, ad affermare: “La ricerca rende il quadro di una filiera estesa che non è esposta in modo particolare all’elettrificazione del drivetrain”.
Lo stesso Zirpoli ha poi aggiunto: “Le crisi in atto sono da attribuire prevalentemente ad una diminuzione significativa e generalizzata delle commesse che riguarda prevalentemente i fornitori che hanno un alto volume d’affari con Stellantis. L’analisi identifica un numero molto significativo di imprese che presenta alte potenzialità di crescita nel prossimo triennio. Sono quelle che investono più della media in innovazione e che dall’Italia sono cresciute verso l’estero”.
Quindi, sarebbe l’indotto collegato al gruppo italofrancese ad essere entrato in crisi a causa della scarsità di commesse da esso proveniente. Mentre sarebbe del tutto diverso il quadro per quanto concerne le tante realtà disseminate lungo il territorio nazionale che collaborano con altri gruppi.
Il problema rappresentato dal software
In questo quadro, c’è però un ambito che desta non poche preoccupazioni. Il riferimento è al software, per il quale solo il 3,8% delle imprese che si dichiarano pronte ad effettuare nuovi investimenti afferma di volersi impegnare.
Si tratta però di un problema di non poco conto. Il software, infatti, è destinato a rappresentare uno dei principali terreni su cui sarà condotta la sfida verso l”auto elettrica nel corso dei prossimi anni. È il responsabile dati di Osservatorio TEA, Giuseppe Calabrese, a sottolineare il perdurare delle difficoltà nel reperimento di personale specializzato in questo ambito, in particolare per quanto concerne le posizioni più qualificate.