La discussione sullo stop ai motori termici preventivato dall’Unione Europea per il 2035 sta provocando accese polemiche. Anche perché il tema è cavalcato da una politica che teme fortemente i contraccolpi a livello occupazionale che il bando a benzina e diesel potrebbe provocare.
Ora, sul tema si pronuncia anche l’amministratore delegato di BMW, Oliver Zipse, insolitamente ciarliero nel corso delle ultime settimane. Durante il Salone di Parigi, andato in onda negli ultimi giorni, ha infatti affermato senza tanti giri di parole che lo stop dell’Unione Europea ai motori a combustione interna avrà un impatto drammatico sull’industria automobilistica del Vecchio Continente, avviandola sulla strada di una profonda recessione.
Motori termici, il messaggio di Zipse è molto chiaro: confermarlo aprirebbe alla recessione
Il Salone di Parigi 2024 è stato utile non solo per capire gli orientamenti delle varie case per l’immediato futuro, ma anche per avere notizie sullo stato psicologico di un settore fondamentale dell’economia europea. Tra i tanti dirigenti dell’automotive continentale, c’era anche Oliver Zipse, il numero uno di BMW, che sta segnalandosi per l’insolito movimentismo delle ultime settimane.
Dopo essersi pronunciato in maniera molto netta sui dazi UE contro le auto elettriche cinesi, negli ultimi giorni giorni Zipse ha concentrato la sua vis polemica sullo stop ai motori termici. Un argomento che sta provocando non poche fibrillazioni a livello politico, con il governo italiano all’offensiva per toglierlo di mezzo, senza però trovare per il momento adeguate sponde.
La Germania, infatti, sul tema ha assunto una posizione estremamente sfumata: da un lato sembra critica verso il provvedimento, dall’altro non esita a pronunciarsi per il suo mantenimento. Un atteggiamento che deriva con ogni probabilità dal fatto che le esigenze della sua industria automobilistica saranno accontentate con l’attenzione agli e-fuel.
Zipse, però, non sembra accontentarsi di aver ottenuto questo risultato in ambito europeo, con la Commissione guidata dalla connazionale Ursula Von der Leyen che si è già pronunciata in tal senso. E ha deciso di partire lancia in resta contro il termine del 2035. Un termine che non nasconde di vedere con grande preoccupazione.
Il bando ai motori termici potrebbe tradursi in una serie di importanti controindicazioni, sia di carattere sociale che economico. Questo è il pensiero di Oliver Zipse sullo stop del 2035. A giustificarlo è il modo in cui la burocrazia di Bruxelles sta affrontando il tema della transizione verso forme di mobilità sostenibili.
Tanto da spingere il numero uno di BMW verso una affermazione poco meno che lapidaria: la deadline del 2035, oltre la quale sarebbe vietata la vendita di auto dotate di motore endotermico, non è più realistica.
A giustificazione di questo giudizio estremamente chiaro, Zipse pone una previsione che non sembra del resto azzardata: il bando ai motori a combustione interna si tradurrà in una drammatica contrazione dell’industria automobilistica continentale. E per capire di cosa si stia parlando, sarà utile fornire i dati occupazionali del settore che più di ogni altro può essere considerata figlia del boom economico europeo seguito alla fine della Seconda guerra mondiale.
L’industria automotive e tutta la sua filiera forniscono occupazione a ben 12 milioni di persone lungo il territorio europeo. Si tratta del 7% del mercato del lavoro nel suo insieme, con una filiera la quale va a comprendere tutte le imprese coinvolte nella produzione di autoveicoli, a partire da quelle dedite alla produzione di materie prime (le vernici, le plastiche, i tessuti, i coloranti e molto altro). Cifre tali da far capire meglio l’allarme del CEO di BMW.
Il fronte del No al bando del 2035 si allarga di giorno in giorno
L’argomentazione di Zipse va in pratica a riprendere quelle che molti esponenti politici stanno portando avanti in queste ore. Rendendo sempre più impopolari le controparti, a partire dagli ecologisti, che non sembrano invece nutrire dubbi sulle sorti magnifiche e progressive del Green Deal.
Il divieto del 2035, però, secondo il massimo dirigente di BMW rappresenterebbe una minaccia nel profondo, per l’automotive europeo. Traducendosi in una massiccia contrazione con conseguente perdita di posti di lavoro. Un’ipotesi destinata a fare ancora più presa sulle masse se collegata allo spettro dell’intelligenza artificiale, altro pericolo a livello occupazionale in un mondo del lavoro che gode di tutele sempre minori. Non è complicato capire che su questa strada la battaglia di una parte importante dell’industria automobilistica europea è destinata a saldarsi con la politica.