Il tema delle auto elettriche di piccole dimensioni è ormai da tempo all’ordine del giorno. Secondo molti osservatori, infatti, proprio da questa strada passa la salvezza dell’automotive europeo di fronte all’offensiva delle case cinesi. Tra di essi spicca Luca de Meo, amministratore delegato di Renault, il quale continua a perorare la loro causa, senza comunque riuscire a smuovere eccessivamente le acque.
Ora, però, il presidente di ACEA, la lobby dei costruttori continentali, sembra intenzionato a riportare il tema al centro del dibattito. Per farlo ha scelto come tribuna LinkedIn, ove ha pubblicato un lungo intervento in cui non ha esitato a ribadire la sua “passione” per una categoria di veicoli i quali “potrebbero essere la soluzione alle sfide della sostenibilità e dell’industria più urgenti”.
Parole cui ha deciso di aggiungere una proposta ben precisa: la creazione di una grande società, sul modello della Airbus, in grado di produrli. Una proposta che sembra in effetti tale da poter finalmente smuovere le acque per portare l’elettrificazione della mobilità verso le classi popolari, sinora escluse dal processo in atto.
Luca De Meo: la soluzione è un’Airbus delle piccole elettriche
Occorre prendere come modello Airbus, il consorzio dedito al settore aerospaziale e alla difesa di stanza a Leida, per arrivare alla produzione di piccole auto elettriche e salvare l’automotive europeo. A sostenerlo è Luca de Meo, CEO del gruppo Renault e presidente di ACEA.
Il manager italiano lo ha fatto con un lungo e articolato intervento pubblicato su LinkedIn, in cui ha messo ancora una volta l’accento sulla necessità di ridurre l’impatto ambientale dei trasporti facendo leva su veicoli elettrici di piccole dimensioni. In pratica la strada opposta a quella praticata sin qui dai costruttori europei, i quali stanno escludendo di fatto le classi popolari dall’elettrificazione dei trasporti leggeri.
Nel farlo, de Meo ha indicato la futura Twingo, di cui si sta molto parlando in queste ore. Ecco quanto da lui dichiarato al proposito: “Ha un’impronta di carbonio inferiore di quasi il 75%, cradle to grave (dalla culla alla tomba, ossia dall’estrazione delle materie prime allo smaltimento del prodotto finito, ndr), rispetto alla media delle auto vendute oggi.” Il paradosso denunciato dal numero uno della casa francese, consiste nel fatto che ormai da due decenni la regolamentazione spinge tutto il sistema in Europa a consegnare auto più grandi e pesanti. Mettendo in tal modo ai margini quella soluzione, la citycar, che è la più adatta alle strade strette e tortuose delle città europee.
Lo studio del CNRS
Nel suo intervento, de Meo ha poi sottolineato un altro trend sempre più evidente, l’aumento del peso delle auto europee, che è mediamente nell’ordine del 60% rispetto all’inizio del millennio. Cui si è accompagnato quello dei prezzi, che sono cresciuti anch’essi del 60%, rispetto a dieci anni fa. Un aumento che, peraltro, è avvenuto mentre stipendi e pensioni stentavano a tenere testa al rincaro dei prezzi.
Il CEO della losanga ha poi citato uno studio di Tommaso Pardi del CNRS (Centre National de la Recherche Scientifique) e dei ricercatori di Gerpisa. Il motivo è da rintracciare nel fatto che questo rapporto si mostra favorevole alla produzione di elettriche piccole ed economiche in Europa. Un lavoro indicato come tempestivo da de Meo, considerato il pronunciato rallentamento del mercato delle auto elettriche. Una tendenza tale da mettere a repentaglio non solo gli obiettivi di decarbonizzazione, ma anche i posti di lavoro e le aziende nel vecchio continente. A partire da Volkswagen, di cui sono ormai palesi le difficoltà.
La ricerca del CNRS, in particolare, avanza una serie di suggerimenti che sono del resto già stati proposti dallo stesso de Meo, In particolare all’interno della sua Lettera all’Europa, pubblicata in veste di presidente di ACEA. A partire dalla necessità di creare una nuova categoria di veicoli con dimensioni, peso e potenza specifici, avendo come modello le kei car giapponesi.
Occorre inoltre, sempre secondo il manager italiano, sarebbe necessario un adeguamento delle normative sulle emissioni di CO2 per supportare le auto elettriche di piccola dimensione. Con l’individuazione di obiettivi per la valutazione del ciclo di vita per tutti i segmenti e una sostituzione di quelle che ostacolano il varo di vetture più piccole. E, ancora, lo sviluppo di un punteggio ecologico (Eco Score) dei veicoli in qualità di strumento per la valutazione del loro impatto ambientale e impronta di carbonio durante l’intero ciclo di vita, dalla culla alla tomba.
Non dovrebbero poi mancare politiche di supporto e la definizione di incentivi a favore dei possessori di veicoli di piccola dimensioni. A partire dai parcheggi gratuiti, dall’eliminazione degli ostacoli per l’ingresso nei centri urbani e da polizze assicurative più favorevoli.
Occorre puntare sul collettivo
La ricerca del CNRS viene quindi elogiata da de Meo, in quanto i ricercatori hanno individuato una serie di elementi chiave. A partire dalla proposta di veicoli elettrici accessibili a tutti, che farebbero da base per il ristabilimento dell’automotive europeo e una transizione senza scossoni.
Dopo essersi proclamato in assoluto accordo coi ricercatori, il numero uno di ACEA ha quindi indicato la proposta che potrebbe mettere insieme gli obiettivi da essi indicati. Ovvero la creazione di un qualcosa di simile a Airbus, in modo da riportare al centro dei processi produttivi le piccole auto elettriche.
Il destinatario della proposta è, naturalmente, quella Ursula Von der Leyen che, in veste di Presidente della Commissione Europea sembra al momento interessata esclusivamente a frapporre ostacoli alle case costruttrici. Tanto da destare un’avversione sempre più evidente nelle stesse, come trapela in maniera evidente dalla questione dei dazi che stanno provocando una guerra commerciale con la Cina di cui nessuno avverte il bisogno.
Basta in effetti dare uno sguardo alle dichiarazioni della dirigenza di Skoda, per capire come sia sempre più evidente l’inconcludenza di una linea di scontro con i produttori cinesi. Mentre sarebbe molto più produttivo provare nuove strade come quella indicata da de Meo e puntare sulle collaborazioni e la revisione delle normative. Resta solo da capire se l’UE sia intenzionata a tutelare realmente l’industria automobilistica europea o usarla come pretesto per un conflitto commerciale del tutto ideologico con il gigante asiatico. Un conflitto che potrebbe risolversi in un totale disastro per i lavoratori europei.