Al capezzale dell’industria automobilistica europea ora è stato chiamato anche Mario Draghi. L’ex governatore della Banca Centrale Europea ha infatti elaborato un suo rapporto sul tema, intitolato “The future of European competitiveness”, in cui ha snocciolato le linee lungo le quali si dovrebbe dipanare un vero e proprio piano d’azione industriale per il settore.
Un tema approcciato dall’ex primo ministro italiano con un giudizio estremamente severo su quanto fatto sinora. Secondo lui, infatti, la crisi in cui versano le vendite di auto elettriche lungo il territorio continentale, non sarebbe altro che un “esempio chiave della mancanza di pianificazione dell’Ue, che applica una politica climatica senza una politica industriale”. Anche se forse occorrerebbe aggiungere anche una adeguata politica salariale, per poter vendere prodotti i cui costi sono praticamente fuori portata per le classi popolari, e non solo.
“The future of European competitiveness”: la ricetta di Mario Draghi per aiutare l’auto elettrica ad uscire dall’impasse
Il piano elaborato da Mario Draghi per sospingere la mobilità sostenibile fuori dal pantano in cui è stata precipitata da un mercato sempre più asfittico, è stato messo nero su bianco nel report “The future of European competitiveness”.
Lo studio è stato presentato dall’economista insieme alla presidente Ursula von der Leyen e si propone di indicare una nuova rotta per riuscire a sospingere l’auto elettrica verso gli obiettivi indicati. Secondo l’ex numero uno della BCE, per riuscire a riportare la situazione sotto controllo, occorre porre quelle basi che sinora non sono state poste.
Per riuscirci, però, occorre fare tutto al meglio. Tempo per farlo ce n’è ancora, ma è vietato sprecarne altro. Ove non si riesca a ricondurre la situazione nei binari giusti, il rischio è che le imprese europee inizino a pensare a delocalizzare o diventino una preda per possibili acquisizioni da parte dei concorrenti provenienti dall’esterno del vecchio continente.
Maggiori aiuti alle imprese
I primi passi indicati da Mario Draghi sembrano andare in una direzione ben precisa: maggiori aiuti alle imprese. Cui si andrà ad aggiungere una tabella di marcia coerente su elettrificazione della mobilità e sviluppo di batterie, materie prime e colonnine per la ricarica. Solo in tal modo le auto elettriche europee piccole e convenienti potranno non solo essere prodotte, ma anche rivelarsi competitive.
Draghi afferma poi che l’Unione Europea dovrebbe sfruttare meglio le proprie risorse. In particolare puntando sull’estrazione e il riciclo delle materie prime. Se è vero che il Critical raw materials act (Crma) è già riuscito a ridurre in maniera significativa i tempi necessari per ottenere le autorizzazioni dei lavori nelle miniere, sarebbe comunque consigliabile accelerare ulteriormente il ritmo.
Ove l’Unione Europea fosse in grado di accelerare il proprio ritmo, nel 2050 potrebbe rivelarsi in grado di soddisfare dal 50 al 75% del proprio fabbisogno di metalli da destinare alle tecnologie pulite.
È mancata una spinta sincronizzata alla conversione della catena di approvvigionamento
Lo studio di Mario Draghi ricorda poi quanto deciso in vista del 2035, ovvero l’obiettivo delle zero emissioni allo scarico tramite la pratica eliminazione delle nuove immatricolazioni di veicoli con motore a combustione interna. Anche in questo caso, però, non sono mancate le critiche.
Queste le parole al riguardo, espresse nel documento: “Tuttavia, l’Ue non ha dato seguito a queste ambizioni con una spinta sincronizzata alla conversione della catena di approvvigionamento. Ad esempio, la Commissione ha lanciato l’Alleanza europea delle batterie per costruire una propria catena del valore solo nel 2017 e l’Europa è molto indietro per quanto riguarda l’installazione delle infrastrutture di ricarica.”
Proseguendo poi in questo modo: “La Cina, al contrario, si è concentrata sull’intera catena di approvvigionamento dei veicoli elettrici dal 2012 e, di conseguenza, si è mossa più velocemente e su scala più ampia ed è ora una generazione avanti nella tecnologia dei veicoli elettrici praticamente in tutti i settori, producendo anche a costi inferiori”.
Il risultato si è tradotto in una perdita delle quote di mercato nel Vecchio Continente. Al suo interno, infatti, le case cinesi hanno visto crescere la propria quota dal 5% del 2015 a quasi il 15% del 2023. Di converso, quella dei costruttori europei si è contratta di ben 20 punti percentuali, passando dall’80 al 60%.
La speranza è che stavolta le previsioni dell’ex governatore della Banca Centrale Europea si rivelino più rispondenti alla realtà di quelle formulate in relazione agli effetti delle sanzioni contro la Russia. Nel maggio del 2022, infatti, così si espresse l’ex Premier: “Le sanzioni che abbiamo imposto a Mosca hanno avuto un effetto dirompente sulla macchina bellica russa, sulla sua economia”. Talmente dirompente che oggi Mosca viaggia a suon di incrementi di PIL che l’UE neanche si sogna.