Il preventivato stop alla vendita di auto dotate di motori termici in Europa e Gran Bretagna ha provocato non poche polemiche tra i consumatori. Il motivo è da ricercare nel fatto che le auto elettriche continuano a viaggiare su livelli di prezzo che sono praticamente al di fuori della portata delle classi popolari. Il rischio, insomma, è che dopo il 2035, anno in cui è prevista l’introduzione del divieto, molti debbano giocoforza rinunciare alla mobilità privata e accontentarsi del trasporto pubblico.
Anche la politica sembra essersi accorta di questo pericolo. A dimostrarlo è in particolare la decisione adottata da Rishi Sunak, il primo ministro della Gran Bretagna, il quale ha deciso di prorogare il divieto originariamente fissato nell’isola al 2030 di cinque anni. Una decisione controversa, che è stata bollata dagli evangelisti della mobilità sostenibile come una mossa politica. Sunak, infatti, si trova di fronte alla contrarietà di ampi settori del suo partito, i conservatori, che non può permettersi di ignorare in vista delle politiche del prossimo anno.
Proprio in considerazione di quanto sta accadendo, lo sguardo di molti è appuntato sui laboratori di ricerca. Proprio dal loro interno, infatti, potrebbe arrivare qualche novità decisiva in grado di togliere drammaticità alla questione dello stop ai motori termici. E, magari, riaprire una porta che l’Unione Europea e la Gran Bretagna sembrano avere al momento sbarrato, o quasi.
La salvezza per i motori termici potrebbe arrivare da Tokio
I ricercatori dell’Università delle Scienze di Tokyo hanno annunciato il recente sviluppo di un innovativo elettrodo realizzato in biossido di titanio trattato con plasma in un liquido, il quale è stato in un secondo momento integrato con nanoparticelle d’argento. L’obiettivo di tale operazione è da ravvisare nel tentativo di riuscire a fare del biossido di carbonio, utilizzato nei gas di sintesi, una reale alternativa pulita ai combustibili fossili.
Quanto ottenuto nel corso della ricerca, è stato reso noto dalla rivista Science of the Total Environment. Il punto di partenza è da ravvisare nel fatto che sino ad oggi, la conversione elettrocatalitica dell’anidride carbonica in risorse utili, ad esempio monossido di carbonio, acido formico e metanolo, è stata resa possibile tramite l’utilizzazione di catalizzatori convenzionali, a partire da oro e piombo, che sono stati supportati su materiale conduttivo al carbonio. Un utilizzo il quale ha però comportato un problema di non poco conto, il degrado dei catalizzatori, tale da renderli infine inefficaci.
Per ovviare a questo limite, il team di ricercatori nipponici ha deciso quindi di sviluppare un supporto catalitico ideato sul biossido di titanio (TiO2). Ovvero di un composto il quale è solitamente utilizzato in prodotti come le vernici, le creme solari, i farmaci e i dentifrici. Una alternativa in grado di assicurare una riduzione più efficace in termini di anidride carbonica.
Il TiO2 ottenuto per questa via, è stato usato al fine di creare un elettrodo di diffusione del gas per la riduzione della CO2. Il nuovo elettrodo ha da parte sua dato vita ad un aumento per quanto concerne la produzione di idrogeno e una migliore prestazione catalitica rispetto al TiO2 non trattato. Ha inoltre evidenziato una maggiore selettività per la CO2 rispetto a quella tipica del nero di carbonio.
Perché la nuova tecnologia è estremamente promettente
La nuova tecnologia scoperta dai ricercatori di Tokio è considerata estremamente promettente. Il motivo delle aspettative è da ricercare nel fatto che la proporzione tra idrogeno e monossido di carbonio è fondamentale per una conversione efficace dell‘anidride carbonica. Per come si è palesata nel corso del lavoro in questione, sembra garantire in particolare una conversione della CO2 in gas di sintesi, considerato un combustibile pulito caratterizzato da un elevato valore economico.
Inoltre, la riduzione elettrocatalitica della CO2 è in grado di essere integrata con fonti di energia rinnovabile, ad esempio eolico o fotovoltaico. Sarebbe cioè in grado di garantire una conversione sostenibile dell’anidride carbonica. Il mix di benefici che abbiamo elencato, quindi, fa dello studio giapponese un passo estremamente significativo in direzione di una gestione più efficiente delle emissioni di gas serra e, di conseguenza nella lotta contro il cambiamento climatico.
Per quanto concerne le ricadute sul settore automotive, se da un lato quelle termiche continueranno a produrre emissioni, dall’altro i loro livelli saranno in grado di avvicinarsi agli obiettivi climatici indicati per il 2050. Resta ora da capire se lo studio possa tradursi in prodotti in grado di arrivare sul mercato. Ove ciò accadesse, per i motori termici si aprirebbe una nuova speranza di non essere eliminati completamente in Europa.
Motori termici: il fronte del no è molto largo
Lo studio giapponese arriva in un momento topico. Il preventivato divieto alla vendita di motori termici dopo il 2035 sta incontrando un’opposizione sempre più forte. Se Germania e Italia sono la punta di lancia di questo fronte del no, dello stesso fanno parte anche Polonia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Portogallo, Ungheria, Romania e Slovacchia.
L’asse tra Roma e Berlino sancito da una telefonata di Matteo Salvini, Ministro dei Trasporti Italiano, con il Ministro federale tedesco per il Digitale e i Trasporti, Volker Wissing, ha quindi trovato preziosi alleati lungo il territorio europeo. Un fronte che promette di dare battaglia anche nell’immediato futuro.
I Paesi che abbiamo ricordato, peraltro, si sono riuniti a Strasburgo il passato 13 marzo, su iniziativa della Repubblica Ceca e al termine della riunione hanno espresso il loro parere negativo anche su Euro 7. Come è noto, questa direttiva dovrebbe entrare in vigore il 1° luglio del 2025 per i veicoli leggeri, due anni più tardi per quelli pesanti.
I motivi di questa opposizione sono stati ricordati da Martin Kupka, il ministro dei Trasporti della Repubblica Ceca. Secondo lui, infatti, gli obiettivi fissati sono praticamente irrealizzabili. Inoltre, potrebbero sortire una vera beffa, ai danni dell’ambiente. L’aumento dei costi conseguente alla decisione di puntare esclusivamente sui veicoli green, si tradurrebbe in un mancato aggiornamento delle flotte.
A rinforzare la posizione degli scontenti, è poi arrivato anche Thierry Breton, commissario europeo al Mercato interno e all’Industria. Proprio lui si è rivolto direttamente alle case produttrici, invitandole ad aspettare e non abbandonare per il momento i motori termici a combustione interna. Proprio le parole da lui pronunciate fanno capire come la battaglia sui motori termici sia da considerare tutt’altro che conclusa. Soprattutto se dai laboratori arrivassero nuove scoperte in grado di sparigliare le carte.