Nel 2030 le case automobilistiche cinesi potrebbero detenere il 32% del mercato globale

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A sostenerlo sono gli analisti di UBS in un documento uscito alla fine di agosto
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Un rapporto redatto dagli analisti di UBS sembra destinato a far perdere il sonno ai dirigenti delle case automobilistiche occidentali. Stando ai dati contenuti al suo interno, infatti, nel 2030 le case automobilistiche cinesi potrebbero attestarsi al 32% del mercato globale di settore.

Un risultato il quale sarebbe favorito in particolare dal grande attivismo dei marchi del Dragone nel settore delle auto elettriche. Per effetto del preventivato dominio cinese nel comparto green, infatti, le case automobilistiche occidentali potrebbero perdere oltre un quinto delle quote attualmente detenute.

Se già in precedenza esistevano grandi timori in tal senso, resi tali dalla grande aggressività commerciale dei brand cinesi, proprio l’ampiezza delle perdite sembra destinato a deprimere ulteriormente le case occidentali. Già richiamate del resto a reagire nei giorni passati da Luca De Meo, CEO di Renault, il quale non aveva esitato a mettere in rilievo ciò che sta accadendo.

Se De Meo, però, aveva concluso la sua intervista nel corso dell’IAA Mobility con parole di speranza, sembra proprio che la realtà possa assumere contorni ben diversi rispetto ai suoi propositi di riscossa. Andiamo a vedere perché.

Tesla

Il rapporto del Gruppo UBS sul mercato globale

Il rapporto del Gruppo UBS è stato pubblicato il passato 31 di agosto e ha immediatamente iniziato a suscitare reazioni impaurite nelle sedi dei principali gruppi automobilistici occidentali. Il documento, infatti, afferma senza mezzi termini che la quota dell’81% del mercato automobilistico globale che le case automobilistiche occidentali detenevano nel 2022 è destinata a scendere al 58% nel 2030.

Di contro, la quota detenuta da Tesla, pari al 2% nel 2022, dovrebbe quadruplicarsi nell’arco temporale preso in considerazione. Il risultato del gruppo di Elon Musk, che sta del resto già volando nelle vendite negli ultimi mesi, rappresenta però la classica eccezione che conferma la regola. Tutti gli altri principali produttori di auto occidentali, infatti, sono destinati a fare i conti con perdite di grande rilievo.

Proprio questa constatazione, del resto, sta pesando non poco sui titoli azionari, come dimostra il recente crollo delle azioni Renault a Parigi. Un crollo determinato proprio dal downgrade di UBS fondato sull’analisi in questione.

La grande forza di BYD

Altro marchio che esce alla grande dall’esame degli analisti di UBS è BYD, azienda cinese che si è segnalata in questi giorni al salone dell’auto di Monaco per la presentazione della Seal, il modello destinato a fare da contraltare alla Model 3 sul vecchio continente. Il brand cinese, infatti, sembra destinato senz’altro a raddoppiare la sua quota dei mercati globali entro la fine del decennio.

Un giudizio, quello su BYD derivante dall’accurato esame proprio della Seal, operato dagli analisti di UBS. Un esame dal quale è emerso come il 75% dei suoi componenti sia prodotti all’interno dell’azienda. Un dato in grado di rafforzarne decisamente le posizioni in un momento in cui il mercato delle auto elettriche vede una tenzone estremamente dura. Per effetto di questo grado di autonomia, infatti, BYD gode di un vantaggio in termini di costi del 25% rispetto ai marchi nordamericani ed europei. Un vantaggio che gli permette di offrire prezzi più convenienti, un aspetto cui sempre più consumatori guardano con grande attenzione.

Inoltre, meno del 10% delle parti utilizzate dal Seal provengono da fornitori esteri, un dato di fatto che consente all’azienda di controllare quasi completamente una catena di fornitura completamente integrata. Per capire meglio il significato di queste affermazioni, occorre a questo punto sottolineare che BYD avrebbe un vantaggio in termini di costi del 15% rispetto alle Tesla Model 3 che sono attualmente prodotte in Cina.

BYD Seal 2

I produttori cinesi all’arrembaggio

BYD, però, rappresenta soltanto la punta di lancia, per quanto riguarda i produttori cinesi. Ad essa si accompagnano molti altri marchi, al momento non tutti conosciuti nel resto del mondo, che si stagliano minacciosamente sullo sfondo.

È Patrick Hummel, uno degli analisti di UBS, a far capire meglio quello che potrebbe accadere da qui alla fine del decennio: la quota di mercato da essi detenuta, infatti, dovrebbe praticamente raddoppiare, passando dal 17 al 33%. Un raddoppio secco al quale pagheranno dazio proprio i marchi occidentali, la cui quota di mercato passerà dall’81 al 58%.

Alle parole scolpite nel suo documento, peraltro, UBS ha fatto seguire le parole, declassando non solo Renault, ma anche Volkswagen. Ovvero i marchi europei che più degli altri sono esposti alla concorrenza delle case automobilistiche cinesi e di Tesla in tutta Europa. In una nota inviata ai clienti, l’analista di UBS David Lesne ha avanzato l’ipotesi che la quota di mercato europea di Renault potrebbe ridursi di ben tre punti percentuali da qui al 2030, passando dal 10 al 7%. Mentre per quanto concerne la casa tedesca, UBS aggiunge che “ha ceduto il suo vantaggio di first mover nei veicoli elettrici con l’esecuzione in aree chiave al di sotto delle nostre aspettative”.

La conferma di un trend già noto

L’analisi di UBS non suona come nuova, bensì come una conferma di quanto già detto e ripetuto. Basta infatti dare una rapida occhiata ad un rapporto di Visual Capitalist, piattaforma specializzata per quanto riguarda mercati, tecnologia, energia ed economia globale, per trovare le stesse tesi.

Nel suo documento, uscito nel mese di maggio, sono stati raccolti tutti i dati relativi alla produzione di veicoli elettrici nel corso del 2022. Il primo dato che salta all’occhio è l’incredibile balzo compiuto da BYD (acronimo di Build Your Dream), con un incremento del 211% in termini di produzione.

Con 1.858.364 unità sono in testa alla graduatoria e quanto a crescita, l’azienda è stata superata soltanto da Geely che vanta però volumi molto più bassi (351.356 unità), tali da consegnargli l’ottavo posto nella classifica in questione. Tutti gli altri grandi brand cinesi vantano una crescita in tripla cifra, tranne Saic, che è la più grande fabbrica di proprietà totalmente statale della Cina. 

GAC è undicesima in classifica, posizionandosi proprio davanti a Saic mentre Chery Auto e Changan Auto occupano rispettivamente il 14° e il 15° posto. Se Volvo è stata scorporata da Geely e con 253.266 unità si trova in tredicesima posizione, tutte le case fuori dalla top 15 sono state raggruppate totalizzando una produzione pari a 1.927.211 di vetture.

Nella classifica di Visual Capitalist spicca un altro dato, quello relativo all’assenza di marchi giapponesi nella Top 15, se si fa eccezione per Nissan, conglobata con Renault. A spiegare il dato è il fatto che per Toyota i plug-in rappresentano un’entità marginale, mentre la bZ4X elettrica ha fatto il suo esordio solo di recente. Un dato che spiega in maniera eloquente il recente sorpasso della Cina a danno del concorrente asiatico per quanto riguarda la produzione globale di autoveicoli.

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