Ora la tempesta perfetta non riguarda solo Volkswagen, ma l’industria automobilistica europea

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Ad affermarlo, in una intervista rilasciata a Bloomberg Television, è Sigrid de Vries
Proteste sindacali

La tempesta perfetta evocata dalla sindacalista tedesca di chiare origini italiane, Daniela Cavallo, rischia di colpire non solo la Volkswagen, bensì l’intera industria automobilistica europea. A sostenerlo è Sigrid de Vries, direttore generare di ACEA, l’associazione che riunisce le case del vecchio continente. Un giudizio che deriva dalla constatazione di un momento sempre più complicato, reso tale dal mix micidiale tra crollo del mercato delle auto elettriche e costi destinati ad aumentare a causa delle nuove e più severe normative dell’Unione Europea volte a ridurre le emissioni di carbonio.

ACEA: la tempesta perfetta riguarda l’intera industria automobilistica europea

L’industria automobilistica dell’Unione Europea non si è ancora ripresa dopo lo choc della pandemia globale di Covid. Rispetto al periodo antecedente alla diffusione del virus mancano ancora più di 2 milioni di veicoli sul mercato e nelle fabbriche. Lo ha ricordato lo stesso Sigrid de Vries, direttore generale del gruppo di pressione, in un’intervista rilasciata a Bloomberg Television il 25 settembre.

Proteste sindacali in Germania

Tanto da spingerlo ad affermare: “Ciò crea molta tensione: a volte lo chiamiamo la tempesta quasi perfetta”. Una denominazione, tempesta perfetta, che non a caso era già stata usata circa un anno fa da Daniela Cavallo. La sindacalista aveva all’epoca circoscritto il suo giudizio al Gruppo Volkswagen, ma a dodici mesi di distanza lo stesso può essere allargato a tutte, o quasi, le case presenti lungo l’eurozona.

Per cercare di limitare i danni, che comunque ci saranno, ora ACEA sta cercando di correre ai ripari. La passata settimana, infatti, l’associazione europea dei costruttori di automobili, con sede a Bruxelles, ha infatti chiesto azioni urgenti in vista degli obiettivi più severi sulle emissioni dell’UE che entreranno in vigore nel 2025.

I nuovi limiti previsti al loro interno, infatti, potrebbero tradursi in una vera e propria stangata, comportando miliardi di euro in multe per molte aziende. Stimate da Luca de Meo, il numero uno di Renault, in una quindicina di miliardi di euro. Il tutto in concomitanza con una crescita sempre più evidente in termini di vendite nella zona da parte dei produttori cinesi.

Parola d’ordine: flessibilità

Le case automobilistiche dell’UE restano impegnate nella transizione verde, almeno stando a quanto affermato da de Vries. Per poter giungere senza scossoni all’appuntamento con il 2035, però, occorre che le autorità politiche adottino un atteggiamento più flessibile, basandosi sul buon senso. In assenza del quale l’intero settore potrebbe trovarsi in grande difficoltà.

Proteste sindacali in Germania

Le prime avvisaglie in tal senso sono del resto già arrivate da Wolfsburg, con la Volkswagen costretta a lottare in pratica per la propria sopravvivenza. La politica dei tagli adottata dai vertici aziendali ha però provocato la decisa reazione di IG Metall. I sindacati, infatti, non intendono accettare che a pagare gli errori dei vertici e della politica siano le maestranze e minacciano un vero e proprio autunno caldo.

Lo stesso che si prospetta in Italia, all’interno degli stabilimenti del gruppo Stellantis. La situazione è talmente disastrata da spingere le centrali sindacali a tornare sulle barricate, dopo anni in cui avevano assistito a quanto stava accadendo senza praticamente toccare palla. Lo sciopero generale è quindi tornato d’attualità e stavolta gli operai potrebbero trovare dalla propria parte anche molti imprenditori, ovvero quelli dell’indotto, anch’esso messo in ginocchio dalla crisi di Mirafiori.

Una situazione che potrebbe presto diventare difficilissima da fronteggiare, anche per le dirigenze. Tanto da spingerle a chiedere una revisione della linea oltranzista e sin troppo ideologica adottata dall’Unione Europea. E su questa strada, le imprese potrebbero trovare un alleato in Mario Draghi, che sembra non proprio un grande sostenitore del Green Deal. Oltre che in alcuni governi, a partire da quelli tedesco e italiano, che stanno cercando di moderare l’oltranzismo ambientalista di Bruxelles. Non resta quindi che attendere i prossimi passi di Bruxelles, per capire se ci sarà un ripensamento in tal senso. Senza il quale la situazione potrebbe sfuggire di mano.

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