C’è una guerra all’interno dell’Unione Europea contro gli interessi dell’Italia e i biocarburanti. Ad affermarlo è il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin. Una affermazione non certo destinata a stupire l’opinione pubblica del nostro Paese, che non a caso mostra grandi segnali di pentimento per l’adesione ad un blocco economico ove il nostro Paese non riesce praticamente mai a beccare palla per portare a casa qualche risultato in grado di giustificarne la presenza. Ma andiamo a vedere cosa ha affermato il ministro, in questa occasione.
Biocarburanti, in Europa c’è chi rema contro: la scoperta di Pichetto Fratin
Forse Pichetto Fratin pensava di essere in un sodalizio di gentleman, pronti a farsi in quattro per mettere a proprio agio tutti i commensali. Purtroppo per lui non è così, si tratta semplicemente di un blocco basato su una moneta unica, ove i Paesi che ne fanno parte devono cercare di affermare i propri interessi. E altri lo fanno molto meglio dell’Italia, a partire dalla Germania.
La questione su cui si è pronunciato il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica è quella relativa ai biocarburanti. Su cui gli interessi dell’Italia non sono stati presi in considerazione, a differenza di quelli tedeschi sugli e-fuel.
Lo ha fatto intervenendo al #FORUMAutoMotive, ove ha ribadito la posizione del governo su alcuni temi al centro della discussione per il settore automobilistico. Il primo dei quali è stato la presenza di “particolarismi e interessi nazionali” che impedirebbero di portare avanti “una vera ed efficace decarbonizzazione in Europa”. Cui si andrebbe ad aggiungere a suo avviso, l’ostilità contro gli interessi italiani nel settore dei biocarburanti, in cui siamo il maggiore produttore. Per poi aggiungere: “I Paesi che producono energia dal nucleare o possono produrre carburanti sintetici vogliono tagliare fuori i biocarburanti che, invece, possono giocare un ruolo importante nella lotta alle emissioni. Sul tema automotive, Italia e Germania, visti i rapporti commerciali in essere, devono agire in modo sinergico come un unico produttore, puntando a mantenere il livello di produzione e di occupazione”.
Lo stop ai motori termici non sta economicamente in piedi
Pichetto Fratin ha poi affrontato il bando delle nuove auto a benzina e diesel, su cui ha affermato: “Lo stop nel 2035 dei motori endotermici non sta economicamente in piedi. Se l’obiettivo è la decarbonizzazione è giusto porre vincoli alle emissioni, ma non scadenze che mettano fuori gioco alcune tecnologie (come è accaduto con i motori endotermici). L’elettrico avrà un ruolo strategico e tra 10 anni potrebbe essere anche maggioritario rispetto all’endotermico, ma non vanno posti limiti ideologici”.
Il ministro non ha poi mancato di affrontare anche la questione energetica. E anche qui lo ha fatto tornando ad agitare un cavallo di battaglia che, però, gli italiani hanno già bocciato per ben due volte tramite referendum, ovvero il nucleare. Sul tema ha infatti affermato: “Dati alla mano, i consumi di energia cresceranno rapidamente nei prossimi anni. Le rinnovabili non sono in grado di soddisfare questa esigenza, solo il nucleare può dare risposte efficaci a questo boom di domanda. Anche l’Italia deve percorrere questa strada. Vanno create le condizioni di consenso su questa soluzione, per arrivare, come previsto nel Pniec, ad avere produzione di energia da fonti nucleari, attraverso le tecnologie più innovative, a partire dal prossimo decennio. Non serviranno grandi centrali”.
La chiusura è stata invece dedicata ai dazi aggiuntivi UE sulle macchine elettriche cinesi. Queste le parole pronunciate al riguardo: “Le chiusure di mercato, con i dazi, possono essere solo temporanee. I cinesi rappresentano oggi una potenza anche nel mercato automotive, ben venga che avviino la produzione di auto in Europa e nel nostro Paese, rispettando tutte le norme nazionali. Siamo aperti agli investimenti sul nostro territorio. Dobbiamo procedere rapidamente alla riconversione e riprofessionalizzazione del sistema per assecondare la transizione”. Il problema è che grazie all’incauto modo di procedere del governo in cui siede, Dongfeng ha già declinato l’invito. Magari, la difesa degli interessi nazionali sarebbe più efficace coltivando rapporti migliori con il governo di Pechino.