Piemonte, il 12% delle aziende automotive pensa ad abbandonare il settore

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Il tutto mentre il governo Meloni taglia 4,6 miliardi di euro al Fondo Automotive
Componenti per automobili

Un anno di arretramento per tutti i vari indicatori economici: questo è il bilancio del 2024 per le aziende della filiera automobilistica. A pagarne il conto, per ovvi motivi, è soprattutto il Piemonte, ove l’indotto sorto intorno alla Fiat rischia di non reggere di fronte ad una crisi devastante.

La situazione in cui versa l’automotive sabaudo emerge dall’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana dell’Anfia e della Camera di Commercio di Torino. Un rapporto che arriva a poche ore di distanza dall’incredibile annuncio relativo al taglio di ben 4,6 miliardi di euro al Fondo Automotive, da parte di quel governo Meloni che pure annuncia il massimo sostegno ad un settore fondamentale per il futuro industriale del Paese.

Il 12% delle imprese per la componentistica auto del Piemonte è intenzionata a lasciare il settore

Le imprese della componentistica auto nutrono seri dubbi sul proprio futuro nell’automotive. E il 12% di quelle posizionate in Piemonte starebbe valutando di spostare il proprio modello di business in un altro settore. Un trend del resto giustificato dal fatto che il fatturato cresce solo per il 23% degli operatori, mentre un 55% lo vede calare, con un saldo del -32%.

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A rappresentare il punto debole sono gli ordinativi interni, con previsioni di contrazione per il 57% delle imprese e saldo tra attese di aumento e riduzione del -40%. Una situazione che non migliora neanche sui mercati esteri, ove si prospetta una riduzione degli ordinativi esteri per il 50% degli operatori e un saldo del -30%.

Il dato del Piemonte è la cartina di tornasole del malessere di cui è preda l’automotive italiano. Il suo territorio è quello che vede il maggior numero di imprese insediate, tanto che alla regione è riconducibile il 34,7% del fatturato e il 33,1% degli occupati. Nel corso del 2023 le 713 imprese piemontesi hanno generato un fatturato di 20,4 miliardi di euro circa e fornito occupazione a 56.356 addetti.

Il 33,6% di queste aziende si trova praticamente sotto assedio. Si tratta quindi della regione che, in termini di prospettiva, evidenzia tutti gli indicatori ancora più negativi. Dati che sono disastrosi soprattutto per quanto riguarda ordinativi interni (-52%), esteri (-46%) e fatturato (-46%).

Il dato più preoccupante è proprio quello relativo al possibile forfait di cui si parlava. A porre l’accento su questo aspetto è Nicola Scarlatelli, vicepresidente della Camera di Commercio di Torino, il quale dichiara: “Il dato preoccupante è quel 12% di aziende che ritiene possibile uscire dal settore automotive, si stanno creando altre opportunità come aerospazio, medicale, macchine movimento terra e nautica. Si perde storia, cultura, competenze, tecnologie che sono nate in Piemonte”.

Una situazione sempre più grave

Lo stesso Scarlatelli ha poi sottolineato come anche la crisi di Volkswagen rischi di riverberarsi in negativo, essendo il Piemonte il primo fornitore della Germania. Anche perché la politica sembra andare in direzione contraria agli interessi dell’automotive, tanto da spingerlo a dichiarare: “Sono in aumento le richieste di casse integrazione. I dazi non so a cosa possono portare. Servono politiche attive del lavoro.”

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In un quadro simile, si va ad immergere la notizia relativa al drastico taglio del Fondo Automotive. Sul quale Marco Stella, presidente del Gruppo Componenti di ANFIA non usa mezzi termini: “E’ stata una pessima notizia e un non sense politico. Un errore grave, che spero si potrà rimediare nella discussione parlamentare attivando almeno 500 milioni per il prossimo anno”.

E proprio sul taglio al Fondo Automotive, il parere di ANFIA si incrocia con quello, anch’esso durissimo, fornito da Michele De Palma, leader dei metalmeccanici della Cgil: “È un suicidio per il nostro Paese. Una bomba che farà il deserto. Non è in gioco solo un settore. Distruggere l’automotive rischia di avere ricadute pesantissime su tutta la nostra industria. Dobbiamo impedirlo”. Sicuramente sarà difficile farlo senza una politica industriale per il settore, unico Paese sprovvisto di uno strumento fondamentale, e ora anche senza fondi.

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