Piovono le correzioni sulle previsioni delle case automobilistiche, la crisi continua ad aggravarsi

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Dopo le case tedesche sono arrivati i profit warning di Aston Martin e Stellantis, con esiti disastrosi in borsa
Crollo azioni case automobilistiche

L’allarme sul peggioramento delle prospettive per quanto riguarda la vendita di automobili è ormai generale, unendosi ad un forte aumento dei costi che rende sempre più probabile uno scenario generalizzato come quello che distingue in questo momento il gruppo Volkswagen.

Basta in effetti dare una rapida occhiata a quanto sta accadendo in borsa, ove le case automobilistiche stanno perdendo miliardi di dollari in termini di valore azionario, per capire cosa si stia preparando. Le aziende stanno lottando contro il concatenarsi di una serie di problemi, come la debole domanda in Cina e negli Stati Uniti e una potenziale guerra commerciale tra Pechino e l’Unione Europea. Il tutto mentre l’UE si prepara a definire i dazi sulle importazioni di veicoli elettrici cinesi, noncurante delle sicure ritorsioni del gigante asiatico.

Le case automobilistiche rischiano di crollare come un castello di carte

L’ultimo gruppo dell’automotive crollato in borsa è Aston Martin. La casa britannica dedita alla produzione di autovetture di lusso, ha infatti dato vita ad un crollo del 28% nel corso dell’ultima seduta. Un tonfo attribuito, come del resto già fatto da BMW, Mercedes e Volkswagen, alla flessione in atto sul mercato cinese, il più importante a livello globale.

Aston Martin V12 Vantage

Le revisioni dei profit warning sono ormai una consuetudine, tra le varie case, giorno dopo giorno. Anche Stellantis, che pure vanta azioni molto popolari tra gli investitori, ha dovuto lasciare sul terreno il 15% del proprio valore. A causare lo smottamento la considerazione dell’eccessiva lentezza con cui il marchio sta affrontando i problemi del mercato statunitense.

Per effetto di questo ulteriore calo i titoli del gruppo italofrancese hanno toccato il minimo da dicembre 2022, perdendo immediatamente tutto ciò che avevano immagazzinato sulle ali delle voci relative ad una fusione con Renault. Nel corso dell’anno hanno perso il 38%, facendo della casa l’azienda automobilistica con le peggiori performance a livello europeo.

Il muro del pianto

Gli ultimi avvisi sui profitti seguono l’annuncio fatto da Volkswagen il passato venerdì sera, in cui sono state tagliate le previsioni di profitto per il 2024. Per inciso, è la seconda volta in meno di tre mesi che ciò accade. Le azioni del gruppo sono scese di poco più del 2,8% nelle contrattazioni di metà mattina della prima seduta settimanale.

I giganti automobilistici tedeschi sono particolarmente esposti, in questo momento. Fanno infatti affidamento sulla Cina per circa un terzo delle loro vendite e sono stati colpiti dalla debolezza dell’economia locale, dalla concorrenza più agguerrita delle case automobilistiche cinesi e da una guerra dei prezzi sempre più feroce nel mercato dei veicoli elettrici (EV).

A tutto ciò si è poi andata ad aggiungere la frenata della domanda europea. Le vendite di auto nuove nell’UE sono infatti calate del 18,3% ad agosto, ovvero al minimo degli ultimi tre anni. Causando perdite a due cifre nei principali mercati di Germania, Francia e Italia, soprattutto per effetto del calo relativo al mercato delle auto elettriche.

Il caso Stellantis

Il caso di Stellantis, rappresenta però una realtà a parte. Il gruppo italofrancese, infatti, si trova a scontare soprattutto i problemi accumulati nel Nord America. Si tratta in pratica del mercato più importante per Stellantis, in quanto le Jeep e i pick-up costosi venduti al suo interno sono quelli che generano praticamente tutti i suoi profitti da quando la casa automobilistica è stata fondata dalla fusione del 2021 tra FCA e PSA. Tanto da rendere i suoi margini di profitto invidiabili rispetto ai suoi concorrenti tradizionali.

Ora, però, la situazione si sta modificando in maniera visibile. L’azienda ha infatti valutato male i trend di mercato. Si trova quindi a dover convivere con elevati inventari e scarse vendite. Stellantis ha provato a reagire tagliando la produzione e proponendo allo stesso tempo sconti molto ampi. Ciò non ha impedito l’affollamento dei suoi veicoli sui piazzali di vendita dei concessionari lungo tutto il territorio degli Stati Uniti.

Il risultato del concatenarsi di tali fattori si è tramutato in una riduzione del margine di profitto, per l’anno in corso, in una forbice tra il 5,5 e il 7%. Un calo notevole rispetto alle doppie cifre cui era abituata l’azienda. Cui si è unito un flusso di cassa negativo compreso tra 5 e 10 miliardi di euro.

In una nota ai clienti, successiva alla conference call tenuta dal team addetto alle relazioni con gli investitori di Stellantis, sono stati gli analisti di Bernstein ad affermare che la società era stata lenta nell’affrontare le preoccupazioni relative alle dimensioni dei suoi inventari negli Stati Uniti. Queste le parole rilasciate, al riguardo: “Il taglio di oggi… segnala un drastico dietrofront”, hanno scritto. Per poi aggiungere che alla mancanza di velocità di reazione si aggiunge “l’evidente assenza del management durante la chiamata di oggi”. Mentre le preoccupazioni sulla disciplina dei prezzi “richiederanno uno sforzo significativo per ricostruire la fiducia in futuro”.

Le case automobilistiche europee non sanno cosa fare, contro la concorrenza cinese

Se si va a osservare il rapporto tra costi e utili a 12 mesi, una delle migliori misure del valore di mercato di un’azienda, si scopre che per i tre maggiori produttori di automobili europei: VW, Stellantis e Renault è molto più basso non solo rispetto ai rivali americani, GM e Ford, ma anche nei confronti di quello vantato dalla più grande casa automobilistica del mondo, Toyota

BYD Atto 3

C’è poi l’evidente problema rappresentato da una concorrenza, quella delle auto elettriche cinesi, contro la quale le case automobilistiche europee non sanno cosa fare. O meglio, saprebbero cosa fare, ovvero comportarsi come i produttori del Dragone, ma non sono in grado di farlo.

Il problema non è rappresentato dalle sovvenzioni di Pechino, visto che anche le aziende occidentali ne hanno di analoghe. Le case cinesi, come ricordato in un rapporto di Bloomberg, fanno sistema e possono appoggiarsi su di esso per abbattere i costi. Ne conseguono auto elettriche non solo migliori tecnologicamente, come riconosciuto dal CEO di Ford, Jim Farley, ma anche più convenienti.

In conseguenza di ciò, le auto elettriche europee si vendono poco. E sarà assolutamente inutile confidare sui dazi UE per fermare l’invasione orientale. Anche perché Pechino risponderà colpo su colpo, rendendo impraticabile il suo mercato automobilistico.

La strada è quindi quella che conduce ad un bivio: maggiori investimenti o riduzione dei costi. La seconda voce va tradotta doverosamente in un termine molto in voga in Europa: licenziamenti. Solo che licenziando a tutto spiano si prosciugano anche i bilanci familiari. Con la conseguenza che i soldi da spendere saranno sempre meno, per molti consumatori, i quali saranno costretti a rivolgersi al mercato dell’usato. Come del resto sta già accadendo.

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