Neanche Bosch sembra dare credito all’ipotesi di una rapida scomparsa dei motori termici. L’azienda leader a livello globale nella produzione di componenti per automobili ha con tutta evidenza capito che neanche le imposizioni dall’alto provenienti dall’Unione Europea riusciranno a incrementare in maniera decisiva la popolarità delle auto elettriche, se non ci saranno mutamenti decisivi nelle politiche tese a favorire la transizione verso un modello di mobilità leggera effettivamente sostenibile. A confermarlo è stato Camillo Mazza, general manager di Robert Bosch GmbH Branch in Italy, nel corso dell’ultima edizione dell’evento organizzato da Quattroruote Next.
Bosch: la tecnologia non può essere calata dall’alto
Il tema della transizione energetica continua a caratterizzare la discussione nel settore dell’automotive. A spingere in tal senso è la crisi sempre più profonda di un pezzo fondamentale dell’industria europea, messa in grande difficoltà dal modo in cui l’Unione Europea sta cercando di imporre le proprie decisioni e favorire l’avvento dell’auto elettrica.
In un mondo della mobilità che sta cambiando con grande rapidità, il parere di un’azienda leader nel settore della componentistica dev’essere ascoltato con estrema attenzione. E a portarlo all’edizione 2024 di Quattroruote Next è stato Camillo Mazza, general manager di Robert Bosch GmbH Branch in Italy. Il quale ha fatto il suo esordio ricordando un dato che molti sembrano dimenticare: “La neutralità climatica può e deve essere raggiunta grazie alla neutralità tecnologica. La tecnologia non può essere imposta dall’alto, ma deve essere scelta dai clienti: per questo noi stiamo lavorando su tutti i fronti, dall’Euro 7 agli e-fuel , passando per l’idrogeno”.
E, di conseguenza, pensare di calare dall’alto una tecnologia come quella dell’auto elettrica, senza affrontare i problemi che essa comporta, a partire dai costi sociali, non può che aumentare le difficoltà dell’impresa. Come confermano del resto i rapporti che continuano ad essere pubblicati al proposito. A partire da quello di Prognos, intitolato “Prospettive occupazionali nell’industria automobilistica”, in cui si afferma che la Germania potrebbe pagare salato il conto dell’elettrificazione, lasciando a piedi, da qui al 2035, ben 186mila addetti del proprio automotive.
I motori termici continuano a resistere
Proprio nel corso dell’evento organizzato da Quattroruote Next, Bosch ha pensato bene di presentare le ultime stime di cui è entrata in possesso. Dalle quali risulta che nel 2035 una vettura su due venduta nel mondo sarà completamente elettrica.
Mazza, però, ha presentato un altro dato che dovrebbe essere oggetto di grande attenzione. Queste le sue parole, al proposito: “Ma la fase più interessante, sarà quella della transizione: nel 2030 ancora almeno il 50% dei veicoli venduti avrà un motore a benzina. Per questo è importante che un’azienda come la Bosch sia nelle condizioni di lavorare a 360 gradi. Lo sottolineano anche i dati di mercato, che dimostrano il gradimento dell’ibrido, in grado di coniugare risparmio di carburante, di CO2 e di non avere il dramma dell’autonomia sulle lunghe distanze”.
Il rappresentante per l’Italia del gruppo tedesco ha quindi aggiunto: “Bosch crede molto anche nell’idrogeno. Qualche mese fa, a Le Mans, abbiamo presentato una vettura con questa tecnologia, con risultati e prestazioni straordinarie. La tecnologia c’è e noi abbiamo programmato 2,5 miliardi di investimento tra il 2021 e il 2026. Stiamo anche lavorando sugli elettrolizzatori per la produzione di idrogeno locale: il primo di serie verrà messo in funzione proprio nelle prossime settimane, qui in Italia”.
Dalle parole di Mazza emerge, in buona sostanza, come pensare all’auto elettrica alla stregua di un totem sia una scelta assolutamente discutibile, da un punto di vista non solo economico, ma anche sociale. Tanto che l’automotive tedesco sta dirigendosi con decisione verso formule alternative, a partire dall’idrogeno e dagli e-fuel. Visti evidentemente come lo strumento ideale per evitare contraccolpi durissimi, in termini occupazionali, derivanti da una adesione acritica all’auto elettrica.