L’Unione Europea deve annullare il suo piano teso a vietare le nuove auto che emettono combustibili fossili a partire dal 2035. Lo deve fare se vuole realmente ridurre la dipendenza dalla filiera di fornitura delle batterie cinese e puntare sui suoi punti di forza tecnologici. Parole e musica di Oliver Zipse, il CEO di BMW, espresse nella giornata di martedì, che vanno accolte come l’apertura di un nuovo fronte di guerra tra automotive europeo e Commissione Europea.
Un attacco al bando verso i motori termici che, curiosamente, arriva in contemporanea con le durissime parole espresse da Giorgia Meloni verso lo stesso divieto del 2035 e il Green Deal. Espresse nel caso del Presidente del Consiglio nel corso delle comunicazioni al Senato in vista del Consiglio d’Europa e tali da testimoniare in maniera evidente la spaccatura a più livelli in atto nell’UE. Un risultato del tutto evidente dell’approssimazione con cui Ursula Von der Leyen e la maggioranza che la sostiene hanno impostato il tema.
Oliver Zipse si esprime a favore dei motori termici
Le posizioni di Oliver Zipse sono abbastanza note. Da tempo il numero uno di BMW si batte affinché gli enti regolatori autorizzino alcune tecnologie, in particolare i carburanti alternativi come gli e-fuel o i biocarburanti, e le auto a celle a combustibile a idrogeno.
Ora, però, sembra aver deciso di spostare il campo della contesa, partendo da un assunto: l’umore in Europa “tende al pessimismo” e la regione necessita di un nuovo quadro normativo per rimanere competitiva. Queste le parole espresse al riguardo: “Una correzione dell’obiettivo del 100% di BEV per il 2035 come parte di un pacchetto completo di riduzione della CO2 permetterebbe inoltre agli OEM europei di dipendere meno dalla Cina per le batterie”. Parole pronunciate nel corso del Salone dell’automobile di Parigi, cui ha aggiunto le seguenti: “Per mantenere la rotta vincente, è essenziale un percorso rigorosamente indipendente dalla tecnologia all’interno del quadro politico”.
Occorre anche ricordare che le parole in questione vanno immerse nel quadro creato dalla decisione, presa nel marzo del 2023, dai paesi dell’UE, i quali hanno approvato una legge che imporrà a tutte le auto nuove di avere zero emissioni di CO2 a partire dal 2035. Per effetto di questa legge, sono stati di fatto vietati i veicoli diesel e a benzina. Cui si aggiunge la riduzione del 55% delle emissioni di CO2 a partire dal 2030 rispetto ai livelli riscontrati nel 2021.
L’offensiva a favore dei motori termici è sul punto di partire?
Le decisioni prese in ambito continentale, però, stanno causando una vera e propria depressione del mercato. Le vendite di auto elettriche hanno fatto registrare una forte caduta, anche se occorre segnalare la ripresa fatta registrare nel mese di settembre. Alcune case sono cadute in una crisi profonda, a partire da Volkswagen, cui potrebbero ora reagire con licenziamenti di massa. Tanto da paventare una vera e propria deindustrializzazione che terrorizza anche la politica, per le ovvie conseguenze.
In questo quadro, le case automobilistiche, a partire da BMW, VW e Renault, stanno ora cercando un raccordo con i governi che stanno esprimendo perplessità al riguardo. Se la Germania, che è forse il Paese più danneggiato dagli atti politici della Commissione Europea, a partire dai dazi contro le auto elettriche cinesi, continua a professare la sua fedeltà al Green Deal, non altrettanto può dirsi per l’Italia.
Il governo guidato da Giorgia Meloni, infatti, sta assumendo toni sempre più duri verso Green Deal e bando alle auto termiche. Una strada su cui potrebbe incrociare proprio le case automobilistiche, messe in grande difficoltà dall’approccio ideologico della Commissione Europea al problema del mutamento climatico.
Se la situazione è ancora in fase di definizione, occorre comunque sottolineare il crescente fronte del disagio rispetto alle conseguenze di un Green Deal agitato alla stregua di un totem. Un fronte in cui si è seduta nelle ultime ore anche l’associazione automobilistica francese PFA. Se la stessa non si è spinto ancora a chiedere l’abolizione del divieto del 2035, ha comunque affermato la necessità di tornare rapidamente al tavolo delle trattive al fine di discutere la revisione degli obiettivi, attualmente prevista per il 2026.