In molti si stanno rivolgendo, in queste ore, la seguente domanda: Tesla sta pensando a prodursi da sola le batterie LFP (Litio-ferro-fosfato) di cui necessitano le proprie auto elettriche? La domanda è diventata del tutto logica alla luce di un annuncio che l’azienda di Elon Musk ha pubblicato sul proprio sito web. Il succo dell’annuncio è che si cercano figure specializzate in grado di lavorare su composizioni chimiche per batterie le quali ancora non sono utilizzate dalla casa per i propri modelli .
In particolare, la richiesta è rivolta a un Senior Cell Materials Engineer al quale verrebbe affidato il compito di seguire un programma di sviluppo di materiale catodico ed elettrodi per celle con chimica al litio-ferro-fosfato (LFP). Ad accogliere il prescelto sarebbe la sede centrale della casa per quanto riguarda intelligenza artificiale e ingegneria, quella ubicata a Palo Alto, in California.
Batterie al litio-ferro-fosfato (LFP): il dado è tratto?
Questo è il testo dell’annuncio pubblicato da Tesla sul proprio sito web: “Il tuo compito sarà guidare gli sforzi di convalida del team interfunzionale dei nostri materiali catodici LFP, sviluppando nuovi materiali e test elettrochimici per accelerare i tempi di qualificazione e portare le competenze del gruppo di lavoro nell’interpretazione dei dati elettrochimici e dei materiali a un livello superiore”.
Occorre anche sottolineare che l’azienda californiana non cerca soltanto un ingegnere capo. A questa, infatti, si vanno a unire altre posizioni, sempre nel campo della ricerca per le batterie. Un ambito che, anche per quanto concerne l’azienda fondata da Elon Musk, è destinato ad assumere una rilevanza sempre più ampia nella guerra tra i produttori di auto elettriche. Spingendo Tesla a cercare di posizionarsi al meglio nel campo delle batterie LFP.
Occorre a questo punto ricordare che Tesla, fin dalle origini, si è dato un obiettivo, quello di dare vita ad un ecosistema completo. Ovvero in grado di rifornire le linee di montaggio con prodotti nati al suo interno. Un input che può tradursi in una preziosa indipendenza che metterebbe la casa al riparo da qualsiasi problema derivante dal mercato.
Una direttiva che, del resto, è stata seguita già mettendo in piedi la Gigafactory posizionata in Nevada, insieme a Panasonic. Allora Tesla stava muovendo i primi passi e con l’aumento dei volumi produttivi è stato gioco forza affidarsi anche a produttori esterni. Si è venuto a creare un sistema misto, con forniture interne ed esterne, ma le prime sono naturalmente preferibili. E ora, sembra che la casa sia intenzionata a rafforzare la produzione di batterie. Anche se, per le nuove 4680, la costruzione di uno stabilimento destinato a produrle non taglierà fuori del tutto le aziende esterne. In pratica, a condizioni favorevoli Tesla potrebbe continuare gli acquisti.
Tesla: perché proprio le batterie LFP?
Il fatto che l’azienda californiana punti ora alle batterie LFP risponde a semplici logiche di mercato. Stiamo infatti parlando di quegli accumulatori che stanno conquistando quote sempre più larghe di mercato. Tanto che la stessa Tesla utilizza gli ioni di litio per alimentare i suoi modelli entry level, ovvero Model 3 e Model Y a trazione posteriore.
Occorre a questo punto anche ricordare che proprio la chimica al litio-ferro-fosfato è destinata nell’immediato futuro a dare prestazioni di sempre maggior rilievo. Soprattutto per effetto dei grandi sforzi che i produttori stanno facendo per conferire loro maggiori densità energetica e velocità di ricarica.
Progressi che sono stati individuati anche da General Motors, che proprio di recente ha annunciato l’addio alle celle NMC (nichel-manganese-cobalto). Gli alimentatori LFP, non solo sono più stabili ed ecofriendly rispetto ad esse, ma anche più economiche. E proprio questa, in fondo, è la caratteristica ritenuta necessaria per poter competere in un settore come quello delle auto elettriche, con fondate speranze di farcela.
Di conseguenza, Tesla intende impadronirsi di questa tecnologia senza dover dipendere da nessuno, in particolare da BYD e CATL, come accade al momento. Riuscendoci, si assicurerebbe un notevole vantaggio competitivo o, comunque, potrebbe annullare quello verso i produttori cinesi, che possono contare su un sistema nazionale integrato al meglio.