Tesla, un guaio dopo l’altro: i suoi veicoli potrebbero essere bloccati in Svezia

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Il blocco potrebbe scattare il prossimo 7 novembre
Tesla stabilimento

Tesla si trova in un momento molto delicato. Dopo il crollo del titolo in borsa, a seguito di una trimestrale giudicata molto deludente, ora l’azienda di Elon Musk è impelagata in una vertenza dai contorni sempre più preoccupanti, in Svezia. Il Paese nordico, infatti, potrebbe arrivare addirittura alla decisione di impedire l’entrata dei veicoli della casa californiana a causa di una controversia con gli addetti delle sue officine.

La vertenza in questione vede protagonista il sindacato IF Metall, che rappresenta 57mila lavoratori, non solo del gruppo. Lo stallo nelle trattative tra le controparti è già sfociato in una decisione durissima, ovvero il blocco a partire dal 7 novembre, il quale sarebbe attuato dai lavoratori portuali dello stesso sindacato, chiamati a dare manforte ai loro colleghi di Tesla. In pratica i veicoli del gruppo non sarebbero più scaricati sul suolo svedese. Una risposta durissima al comportamento della dirigenza, che potrebbe rendere ancora più irta di ostacoli la strada per il gruppo statunitense.

Tesla stabilimento

Tesla e Svezia: cosa sta accadendo

La misura decisa dal sindacato IF Metall rappresenta la più dura mai attuata contro il gruppo di Elon Musk in Europa. A scatenare la guerra è stata l’azione antisindacale condotta dalla casa automobilistica, fedele ad una linea di vecchia data, contraria alla presenza dei sindacati in fabbrica. Quando l’azienda ha rifiutato di sottoscrivere un contratto collettivo con i suoi lavoratori, IF Metall ha deciso di passare all’offensiva e ora la guerra sembra bussare con decisione alle porte.

Occorre sottolineare che le mosse di Tesla assomigliano a quelle del classico elefante nella cristalleria. In Svezia, infatti, la presenza dei sindacati è tradizionalmente molto forte e agguerrita. Opporsi ad una situazione tipicamente locale è sembrato a molti un atto di pura e semplice arroganza. A spiegarlo è stato un portavoce del sindacato: ” Vorremmo che i nostri membri che lavorano in Tesla abbiano gli stessi vantaggi di praticamente tutti gli altri sul mercato del lavoro svedese. Non vediamo alcun motivo per cui Tesla dovrebbe giocare secondo regole diverse.”

La vertenza è iniziata addirittura nel 2018 quando IF Metall ha cercato di convincere l’azienda di Elon Musk a firmare un contratto collettivo il quale darebbe ai lavoratori delle officine una pensione e altri benefici lungamente attesi. Dopo quattro anni di trattative, però, nel 2022 Tesla ha deciso di abbandonare il tavolo negoziale. Una mossa non gradita dai lavoratori, i quali hanno ora deciso di passare al contrattacco.

Lo sciopero lanciato venerdì scorso, però, è stato fortemente criticato, in quanto ritenuto inefficace. Nonostante ciò, Tesla è dovuta tornare a trattare, sotto l’incalzare dei lavoratori, i quali hanno trovato il soccorso di quelli portuali, Questi ultimi, infatti, hanno minacciato di bloccare la consegna dei veicoli Tesla e ora è stata indicata anche la data, il prossimo 7 novembre.

Il mercato svedese è importante, per Tesla

Occorre sottolineare che la Svezia rappresenta un mercato non propriamente secondario, per l’azienda californiana. Nel corso dei primi nove mesi di quest’anno, infatti, Tesla ha consegnato 16mila auto elettriche. Dati che ne fanno il quinto più importante in ambito europeo.

La vertenza, peraltro, è osservata con grande attenzione anche negli Stati Uniti. La United Automobile Workers (UAW), è infatti nel pieno di una lotta che prevede anche la sindacalizzazione dei lavoratori statunitensi di Tesla. Ove l’azienda cedesse in Svezia non è difficile prevedere l’apertura di un nuovo fronte. E proprio questo, probabilmente, ha spinto la controparte all’irrigidimento.

Anche a livello europeo, peraltro, si prospettano le stesse dinamiche. L’arroganza dell’azienda di Elon Musk stride fortemente con la pronunciata sindacalizzazione che è caratteristica di lunga data all’interno del vecchio continente. Lo ha ricordato in particolare Mikael Stahl, vicesegretario generale della Confederazione europea dei sindacati.

Le sue parole al riguardo sono state abbastanza chiare: “Il veicolo elettrico è un simbolo dell’intera transizione verde, ed è una grande ironia che Tesla si rifiuti di impegnarsi nella dimensione sociale della grande transizione che stiamo attraversando. Penso che vedere questo sarà di ispirazione per i sindacati di altri paesi, perché penso che il sindacato svedese avrà successo nel lungo periodo”.

Il regalo di San Valentino

Occorre anche sottolineare che non è del tutto esatto affermare che i sindacati non siano presenti negli stabilimenti statunitensi di Tesla. Il passato 14 febbraio, infatti, i lavoratori dello stabilimento di Buffalo, nello Stato di New York, hanno lanciato l’ipotesi di impiantare il sindacato all’interno dello stesso. Per farlo hanno espresso l’intenzione di entrare a far parte dell’associazione Workers United Upstate New York.

“Roses are red, violets are blue, forming a union starts with you”: questo lo slogan che era contenuto nei volantini distribuiti nel giorno di San Valentino, telematicamente. In cui i lavoratori della divisione Autopilot di Tesla chiedevano maggiori diritti, turni meno massacranti e la possibilità di negoziare direttamente con la dirigenza.

Tesla stabilimento

La loro lettera è stata pubblicata da Blomberg News, mentre all’interno del comunicato stampa rilasciato per l’occasione si affermava: “Crediamo che la sindacalizzazione ci darà una voce sul posto di lavoro che riteniamo sia stata ignorata fino a questo punto. Stiamo solo chiedendo un posto nell’auto che abbiamo contribuito a costruire”. In pratica, l’invito a Tesla era quello di firmare i Fair Election Principles, che stabiliscono le regole di base per un corretto rapporto tra azienda e lavoratori. Un invito il quale, però, è caduto nel vuoto, come molti altri.

L’atmosfera sta mutando

Elon Musk è un personaggio estremamente controverso. Ama ritrovarsi al centro dell’attenzione, ma in questo caso la questione è molto più ampia delle scaramucce su Dogecoin o X, l’ex Twitter. La questione di Buffalo potrebbe saldarsi con la lotta dei lavoratori svedesi e deflagrare completamente. Con una conseguenza non proprio secondaria, per Tesla, un danno reputazionale molto esteso.

Il motivo è da ricercare nel fatto che le auto elettriche trovano accoglienza più benevola tra coloro che sono attenti alla sostenibilità. La sostenibilità, però, non è fatta solo di aria più pulita, ma anche di rapporti lavorativi più distesi. Quelli che, appunto, mancherebbero al momento nelle officine di Tesla. Il clima al loro interno è sempre più pesante, con ovvie proteste degli addetti.

Non resta quindi che attendere il prossimo 7 novembre per capire se Tesla si sarà piegata a IF Metall. In caso contrario potrebbe scatenarsi una vera e propria guerra, in un momento in cui la casa californiana si trova in grosse difficoltà sui mercati. Difficoltà collegate anche ad una situazione economica tale da non invogliare alla spesa su auto elettriche estremamente costose. Proprio questo potrebbe spingere infine Musk a cedere, con conseguenze anche negli Stati Uniti.

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