A chi non è mai capitato di avere un notevole rallentamento del proprio computer o smartphone, causato dall’insufficienza di spazio del dispositivo? Un inconveniente di questo genere, però, non dovrebbe mai capitare in sistemi complessi come quelli gestiti dalle grandi imprese. Ove ciò accada, infatti, si approssima un vero e proprio tracollo di carattere finanziario e di reputazione.
Invece, proprio una mancanza di spazio è all’origine di quanto accaduto il passato 28 di agosto, quando tutti gli stabilimenti giapponesi di Toyota sono stati costretti a cessare la produzione per alcune ore. Se nel caso di personal computer e smartphone un inconveniente di questo genere può comportare la perdita di qualche immagine, nel caso del maggior produttore globale di auto il danno si è rivelato, al contrario, di grande portata. Sono ben 356 i milioni di dollari persi dal marchio nipponico in conseguenza del black-out che, come rivelato ora, è stato dovuto alla mancanza di spazio su disco rigido.
Alla luce delle nuove affermazioni di Toyota, quindi, la vicenda del 28 agosto assume connotati abbastanza grotteschi. Tanto da spingere molti addetti ai lavori a chiedersi se la vicenda sia destinata a chiudersi senza ulteriori conseguenze o se, al contrario, qualche testa eccellente a livello dirigenziale non sia destinata a cadere nel corso delle prossime ore.
Toyota: cosa è accaduto il 28 agosto
Quando il passato 28 agosto si è sparsa la notizia di una contemporanea chiusura di tutti i siti produttivi giapponesi di Toyota, in totale 14, oltre a quelli dei marchi associati, tra quali Lexus, Daihatsu e Hino, molti hanno iniziato a chiedersi cosa fosse successo di tanto importante da giustificare un provvedimento di tale portata.
Dopo le prime indiscrezioni relative ad un problema di carattere informatico, smentite dalla stessa azienda, si è cominciato a parlare di “problemi tecnici”. Problemi i quali, però, hanno in pratica impedito a Toyota di ordinare i nuovi componenti indispensabili al fine di soddisfare il suo sistema di produzione Lean Manufacturing Just-In-Time (JIT).
Ora, finalmente, è giunta la versione ufficiale dell’azienda nipponica, la quale suona però alla stregua di una vera e propria autorete. Nella dichiarazione rilasciata alla stampa, infatti, la casa si è scusata con i propri clienti e con le parti correlate per quanto accaduto. Ha poi provveduto a spiegare che il malfunzionamento del sistema è stato reso possibile dall’indisponibilità di più server, derivante dalla necessità di manutenzione del sistema informatico. Un blocco tale da rendere praticamente impossibile ordinare le parti necessarie per portare avanti la produzione.
Per essere più precisi, proprio nel corso della procedura di manutenzione del server, la mancanza di spazio era seguita dalla cancellazione e riorganizzazione dei dati. Un problema il quale può effettivamente verificarsi senza causare eccessivi problemi. Ad ingigantire il tutto un particolare di non poco conto: i server funzionavano sullo stesso sistema di backup, rendendo di fatto impossibile provvedere con sistemi di riserva.
Ora l’azienda chiude la stalla, ma i buoi sono fuggiti
In pratica, la dichiarazione conferma quanto emerso sin dal primo momento e smentito dall’azienda. Resta naturalmente difficile comprendere come una catena produttiva da miliardi di euro non preveda sistemi di salvataggio in grado di ovviare a problemi che, in fin dei conti, non dovrebbero essere insormontabili.
Un dato di fatto che sembra comunque essere stato recepito da Toyota. I portavoce dell’azienda, infatti, hanno dichiarato che dopo l’identificazione del problema sono state messe in atto le contromisure necessarie per impedire il ripetersi di episodi analoghi.
Occorre però sottolineare che quello del 28 agosto non era stato il primo problema di questo genere, in casa Toyota. Già nel corso del 2022, infatti, si era resa necessaria una chiusura analoga. A causarla era stato al tempo l’attacco hacker ai danni di Kojima Industries, un fornitore di parti in plastica, i cui server erano stati infettati da un virus.
Stavolta, per fortuna, non è trattato di un attacco informatico, ma le conseguenze si sono rivelate assolutamente disastrose, mandando in fumo ben 356 milioni di dollari. Non stupisce, quindi, il fatto che Toyota abbia finalmente deciso di correre ai ripari, organizzando meglio i propri sistemi informatici.