Un’altra gigafactory Tesla mette a repentaglio l’ecosistema locale

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A sostenerlo il Wall Street Journal in un rapporto che potrebbe demolire la reputazione della casa californiana
Gigafactory Tesla Austin

La missione sbandierata da Tesla è quella di “proteggere la vita sulla Terra”. Come al solito, però, si tratta di un semplice spot pubblicitario, mentre la realtà si prospetta ben diversa. Secondo il Wall Street Journal, infatti, la casa automobilistica californiana sarebbe un vero e proprio pericolo per l’ecosistema confinante con la sua gigafactory in Texas. Il giornale finanziario, in particolare, sostiene in un suo rapporto che il sito produttivo di Tesla costruito ad Austin, ha rilasciato enormi quantità di materiali tossici, aumentando a dismisura l’inquinamento nell’area circostante. Tutto nero su bianco in un rapporto tagliente che potrebbe danneggiare non poco la reputazione di Elon Musk. E spiegare anche le sue ultime mosse politiche.

Tesla è una bomba a orologeria per l’ecosistema texano

Il Wall Street Journal non sembra intenzionato a fare sconti a Elon Musk. Basta in effetti leggere il suo nuovo rapporto sulla gigafactory di Austin, in Texas, per capirlo. Il WSJ sostiene che l’enorme sito produttivo di Tesla rappresenta un vero e proprio pozzo inquinato. Che necessita di attenzione da parte di opinione pubblica e enti inquirenti, per evitare che la bomba ad orologeria da esso rappresentato possa infine deflagrare.

Gigafactory Tesla Austin

Secondo il rapporto del giornale, i problemi sono iniziati nel 2022, nel momento in cui l’azienda ha aumentqato i volumi produttivi del crossover SUV Model Y. La porta della fornace utilizzata da Tesla per fondere i componenti del SUV, infatti, ha iniziato a dare problemi legami alla non corretta chiusura. Nonostante il difetto sia stato riscontrato, la sua utilizzazione è proseguita come non fosse successo nulla.

In tal modo, però, le tossine derivanti dalla fusione del metallo hanno potuto allegramente fuoriuscire attraverso la porta, con un risultato subito evidente, il surriscaldamento della temperatura sul pavimento della fabbrica, che ha toccato anche i 100 gradi, andando a ridurre l’efficienza del carburante della fornace. Il rapporto, però, non chiarisce se i dipendenti siano stati esposti direttamente alle tossine della fornace o costretti a lavorare a temperature elevate. Sembrerebbe comunque strano che la prima ipotesi non si sia verificata.

Se già il fatto che la caldaia perdeva costituiva un pericolo evidente, il rapporto del Wall Street Journal non ha mancato di aggiungere il classico carico da undici. Affermando, in particolare, che le acque reflue non trattate, contenenti rifiuti chimici di vernice, olio e altro, sono state scaricate direttamente nel sistema fognario della città. Il tutto senza la sussistenza di permessi tali da consentirlo, andando chiaramente nella direzione contraria alle linee guida statali. Un modus operandi andato avanti per mesi, mentre Tesla dava priorità all’aumento della produzione della Model Y.

Come è avvenuta la ricostruzione della vicenda da parte del Wall Street Journal

Occorre a questo punto sottolineare che il WSJ ha condotto la sua indagine raccogliendo le e-mail intercorse tra i regolatori del Texas e i funzionari Tesla. Cui ha poi aggiunto documenti pubblici espressamente richiesti , interviste a ex dipendenti di Tesla e una puntuale analisi del promemoria inviato da un informatore all’EPA.

Dalla visione di questi resoconti, il giornale ha tratto una tesi ben precisa: i dirigenti e i capi della Tesla GigaFactory erano a conoscenza dei problemi interni alla gigafactory di Austin. Al tempo stesso, hanno scelto di minimizzare il problema, facendo ricorso a sotterfugi e depistaggi. Oltre a mettere in campo espedienti, senza però adottare le soluzioni permanenti che sarebbero state necessarie.

Gigafactory Tesla Austin

Gli ex dipendenti che hanno parlato con il Wall Street Journal, sarebbero stati del tutto ignorati dalla dirigenza. Mentre altri hanno deciso di volgere lo sguardo dall’altra parte, un comportamento motivato dalla paura di perdere il proprio posto di lavoro. Una paura del resto motivata dalla nota propensione di Elon Musk a licenziare schiere di dipendenti per un semplice capriccio.

“Tesla mi ha chiesto ripetutamente di mentire al governo”: parola di un dipendente

Quello che è considerato il più preoccupante in assoluto, è il racconto di un membro dello staff addetto alla conformità ambientale il quale afferma senza mezzi termini di aver ricevuto espressa richiesta di mentire, da parte della casa californiana. Ecco quanto da lui affermato: “Tesla mi ha ripetutamente chiesto di mentire al governo in modo che potessero operare senza pagare per i controlli ambientali adeguati”. Tutto riportato nero su bianco in una nota da lui indirizzata all’Environmental Protection Agency (EPA) degli Stati Uniti, nell’anno in corso.

Il promemoria in questione, era composto da centinaia di pagine e, oltre alle semplici affermazioni, era accompagnato dalle prove. In particolare, sarebbero stati acclusi foto e video delle violazioni dell’impianto di Austin, che secondo l’interpretazione del WSJ sarebbero assolutamente evidenti.

È proprio il promemoria ad affermare che, quando un componente della Commissione per la qualità ambientale del Texas (TCEQ) si è recato alla GigaFactory di Austin per una visita in loco, i dipendenti Tesla avrebbero messo in atto uno stratagemma elaborato appositamente al fine di occultare la perdita del forno di fusione. In pratica, la quantità di carburante che entrava nel forno è stata ridotta rispetto ai livelli normali e i dipendenti hanno trovato un modo per chiudere temporaneamente la porta. Uno stratagemma rivelatosi provvidenziale per consentire alla fabbrica il superamento del test sulle emissioni TCEQ. Naturalmente, non appena è terminata la visita, i precedenti livelli di carburante sono stati ripristinati.

Un quadro da brividi

L’apertura della gigafactory di Austin, è stata caratterizzata da una grande festa organizzata proprio da Elon Musk, il Cyber Rodeo. Per l’occasione il pavimento della fabbrica fu lucidato e la struttura decorata per i VIP. Al contempo, però, gli ingegneri ambientali di Tesla erano preoccupati per una vasca di evaporazione contenente acque reflue provenienti da lavori edili, fuoriuscite di sostanze chimiche e dal reparto verniciatura.

Gigafactory Tesla Austin

Tra le altre sostanze chimiche presenti nello stagno, c’erano anche acido solforico e acido nitrico, tali da produrre il tipico odore di uova marce che caratterizza tali sostanze. I dipendenti Tesla, inoltre, avrebbero trovato un cervo morto nello stagno, prova evidente della sua tossicità. Secondo ex dipendenti e le e-mail degli enti regolatori, l’azienda ha pompato parte di quell’acqua non trattata direttamente nel sistema fognario di Austin senza il permesso dell’ente idrico della città. Il tutto per nascondere il problema emerso durante il Cyber Rodeo.

Se è ancora troppo presto per stabilire cosa scoprirà l’indagine dell’EPA o se saranno dispensate sanzioni a Tesla per le presunte violazioni, la reputazione dell’azienda rischia di uscirne a pezzi. A meno che proprio il suo CEO, diventato responsabile del Dipartimento per l’efficienza governativa dell’amministrazione Trump non riesca a neutralizzare le azioni che l’EPA potrebbe intraprendere contro la società. Una cosa che non stupirebbe alla luce della grazia presidenziale appena concessa Da Joe Biden al figlio Hunter.

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