Era facilmente prevedibile che i dazi aggiuntivi dell’Unione Europea non sarebbero stati accettati placidamente dalla Cina. Ora, però, Von der Leyen e soci si trovano a fare i conti con una risposta che si profila molto più dura di quanto avevano presupposto. Il governo di Pechino, infatti, ha deciso di vietare l’esportazione e la vendita di materie prime necessarie per la produzione delle batterie, a partire dal litio e dal gallio. E a Bruxelles potrebbero presto scoprire che l’idea di proteggere l’industria automobilistica europea si è tramutato in un danno dalle conseguenze incalcolabili. Soprattutto se il punto di riferimento è l’auto elettrica, a tutto discapito di quelle alimentate da motori termici.
Dazi UE, ora la Cina ha deciso di passare al contrattacco
Nel passato mese di ottobre, l’Unione Europea ha approvato in via definitiva i dazi aggiuntivi a danno delle auto elettriche cinesi. Per effetto di questa decisione, i veicoli ad emissioni zero prodotti dalle parti di Pechino e dintorni sono gravati di tariffe tali da sfiorare il 40%.
Una decisione che sin dall’inizio era suonata come improvvida. Soprattutto in considerazione del fatto che la Cina difficilmente avrebbe fatto passare il provvedimento senza reagire a sua volta. La crociata in questione, oltre che dai consumatori, sarà naturalmente pagata dai Paesi che l’hanno appoggiata, a partire dall’Italia. Se prima di votare a favore dei dazi il governo italiano era in trattativa con alcune case cinesi, a partire da Dongfeng, in seguito queste ultime si sono letteralmente eclissate.
Le prime avvisaglie in tal senso erano arrivate con le notizie relative ai dazi nei confronti di alcuni prodotti, a partire dal cognac e dai distillati. Si trattava però di un semplice fumogeno. La risposta del gigante asiatico è molto più dura di quanto pure si prevedeva. E non si limita all’invito, che da quelle parti è un ordine, dato alle aziende, di non investire in quei Paesi europei che hanno deciso di appoggiare la Commissione europea.
Batterie elettriche, ora la Cina vieta l’esportazione e la vendita delle materie prime necessarie per produrle
Proprio nell’ultima settimana, infatti, il governo cinese ha deciso di svelare la sua strategia di ritorsione nei confronti dell’Unione Europea. E i dazi sui distillati, a questo punto, sembrano una vera e propria passeggiata di salute, di fronte a ciò che si prospetta per l’industria automobilistica europea (ed esterna alla Cina, in genere).
Ha infatti vietato l’ esportazione e la vendita di alcune materie prime necessarie per la costruzione delle batterie, in particolare il litio e il gallio. Materie prime che non solo detiene in grandi quantità all’interno dei propri confini nazionali, ma che si sta procacciando grazie alla tela diplomatica tessuta nel corso dei decenni con i Paesi che ne detengono grandi riserve.
Ormai da anni, infatti, i tassisti cileni che lavorano nel deserto di Atacama narrano storie relative a visitatori cinesi che arrivano in loco con le tasche piene di soldi. Da impiegare nell’acquisto di tutta la produzione di litio per i prossimi decenni. Proprio la zona desertica in questione, infatti, è caratterizzata dalla presenza delle più grandi riserve di questo materiale, a livello globale.
Per capire meglio il menù che si prospetta all’UE, occorre ricordare che secondo le stime circolanti, attualmente la Cina detiene i diritti di sfruttamento del 70% dei materiali critici necessari per la produzione di batterie. Un dato tale da destare grande preoccupazione in Occidente, in quanto gli sforzi collegati all’auto elettrica non hanno alcun senso a fronte di questo livello di dipendenza dalle batterie cinesi .
È la Cina a dettare l’agenda, per quanto riguarda le batterie elettriche
La situazione è stata ulteriormente aggravata dal fallimento di NorthVolt, quello che doveva essere il fiore all’occhiello dell’elettrificazione europea. Ma la Cina, non detiene solo il diritto di sfruttare le maggiori riserve di queste materie prime, ma anche un vantaggio competitivo di un decennio nel terreno della loro lavorazione, altrettanto fondamentale per la produzione delle batterie.
Al momento, il Paese asiatico raffina il 75% del cobalto mondiale , il 60% del litio , il 40% del rame e il 70% del nichel. Dati in grado di restituire l’idea della sua superiorità in questo settore. E non a caso i due maggiori produttori di batterie per auto al mondo, CATL e BYD, sono cinesi. Vantando inoltre un larghissimo distacco nei confronti degli unici rivali paragonabili, ovvero le aziende sudcoreane, in termini di volumi produttivi.
Il governo cinese ha dato un’ulteriore svolta alla situazione con un decreto, emanato la passata settimana, che limita le esportazioni di materie prime critiche. Decisione giunta subito dopo una nota in cui si chiede di mantenere le “fasi critiche” della produzione di auto elettriche in territorio cinese per non fornire più informazioni di quelle dovute all’Occidente su questa tecnologia.
Alla fine della storia, quindi, si potrebbe scoprire come ancora una volta i burocrati di Bruxelles siano partiti per suonare, fallendo il loro compito. E ad essere suonata potrebbe essere l’industria automobilistica europea.