Un rivenditore tedesco di auto, Gregory Brudny, ha importato 22 Volkswagen ID.6 dalla Cina, convinto che i suoi clienti avrebbero apprezzato il modello e di agire nei confini della legalità. Suo malgrado, ha fatto male i propri conti, giacché VW ha intentato una causa contro di lui, ottenendo un’ingiunzione temporanea e il sequestro dei veicoli. Addirittura, il colosso tedesco avrebbe intenzione di distruggere le vetture della discordia.
Volkswagen contro importazioni parallele: 22 ID.6 cinesi rischiano la distruzione
Stando alla tesi del diretto interessato, Brudny ha seguito i canali del lecito per acquistare i veicoli dalla joint venture cinese VW-FAW. Le ragioni che lo hanno spinto a porre in pratica tale operazione sono da ricercarsi nei prezzi ben più bassi delle BEV in Cina rispetto al mercato tedesco. Ad esempio, l’ID.3 costa l’equivalente di 16.000 euro nella Repubblica del Dragone, contro i 40.000 euro necessari in Germania. Dopo alcune modifiche e un aggiornamento software, al fine di renderle compatibili sul suolo teutonico, il dealer ha ricevuto l’approvazione dalle autorità per i trasporti a commercializzare gli esemplari.
A quel punto, deve essersi sentito perfettamente padrone del proprio destino. Ma, a volte, la vita ti sorprende e così è stato in questa occasione. A dispetto dell’ok giuridico, Volkswagen ha contestato il comportamento di Brudny, giacché le ID.6 fabbricate in Cina non sarebbero conformi alle normative del Vecchio Continente e mancherebbero dei requisiti legali, tra cui il sistema di chiamata di emergenza automatica.
Di rimando, Brudny sostiene che le manovre attuate rientrano nei confini della sfera legale e gli interventi apportati le rendono conformi alla legislazione locale. In aggiunta, ha ritenuto la distruzione dei mezzi in questione un enorme spreco di risorse.
Mentre scriviamo, il destino delle Volkswagen ID.6 importate da Brudny è appeso a un filo di lana. L’uomo ha inviato appello contro la sentenza, un tentativo disperato di salvare il salvabile. Le probabilità di successo appaiono, però, poche, alla luce dei precedenti in tribunale. Una vicenda simile, risalente al 2021, ha visto Hyundai avere l’ultima parola contro un importatore di macchine dalla Romania. Le differenze nei prezzi delle BEV hanno attirato la parte in causa, che sperava di mettere a segno degli ottimi affari. E, invece, ora l’atto di intraprendenza (o di ribellione?) rischia di arrecargli un danno economico rilevante.
La questione solleva dubbi circa la compatibilità delle proposte cinesi con le normative europee. Dal Paese asiatico pervennero molti ambiziosi esemplari nel prossimo futuro, almeno nelle intenzioni di Pechino. Perché poi avrà un ruolo cruciale il pronunciamento della task force delegata dalla Commissione UE a indagare sulle presunte politiche di dumping praticate dal governo.