Come è ormai noto, il Gruppo Volkswagen sta pensando da tempo ad una robusta strategia a base di tagli e licenziamenti, per ovviare ad una situazione sempre più precaria. Una strategia che vede la decisa opposizione dei sindacati e tale da porre le basi per un autunno estremamente caldo, in Germania.
Naturalmente, sono molti i lavoratori del gruppo che guardano con estremo timore alla ventilata chiusura di alcuni stabilimenti dell’azienda in Germania. Tra quelli che devono temere maggiormente, rientrano sicuramente quelli di Osnabrück. Il motivo è da individuare nella decisione presa da Porsche, che interromperà la produzione dei modelli Cayman e Boxster in questo sito. Una decisione tale da mettere a forte rischio il futuro della fabbrica.
Porsche ferma la produzione di Cayman e Boxster a Osnabrück: potrebbe essere una pietra tombale per il sito
A partire dalla Pasqua del 2026, Porsche trasferirà la produzione dei modelli Cayman e Boxster nello stabilimento principale di Zuffenhausen, posizionato nella Germania meridionale. Si tratta di una notizia tale da far tremare i polsi dei lavoratori di Osnabrück, che lavoravano sui due modelli in questione.
Nel passato mese di settembre, infatti, i dirigenti della VW hanno dichiarato di non poter più escludere la chiusura di stabilimenti in Germania a causa del rallentamento della domanda. Un fatto epocale, alla luce del fatto che dalla sua nascita il gruppo di Wolfsburg non ha mai chiuso un solo sito produttivo tedesco.
L’annuncio della decisione presa ha naturalmente fatto innalzare la tensione coi sindacati, con IG Metall pronto a fare le barricate per impedire che siano i lavoratori a pagare il prezzo della crisi in atto. Una resistenza che, però, non sembra aver fatto breccia nelle alte sfere dirigenziali, anche se può contare sul sostegno della politica locale. Nelle settimane successive è infatti arrivato lo stop ad un accordo del 1994 tra azienda e sindacati, che aveva garantito la distensione dei rapporti tra le parti. L’accordo era quello che sanciva lo stop ad ipotesi di licenziamenti in alcuni stabilimenti, senza il quale VW ha ora le mani libere per procedere in tal senso.
La conferma di Porsche
È stata la stessa Porsche a dare conferma di quanto sta accadendo a Osnabrück. Lo ha fatto comunicando la decisione all’agenzia di stampa NDR Lower Saxony, citando a suo sostegno la persistente debolezza della domanda in Cina, indicato come il motivo del trasferimento della produzione. Anche un portavoce della VW ha confermato la decisione della Porsche, collegandola al fatto che al momento fare affari in Cina è “notoriamente difficile”.
All’interno dello stabilimento di Osnabrück sono impiegati circa 2.300 dipendenti, che provvedono alla costruzione di Cayman, Boxster e Volkswagen T-Roc Cabrio, la cui produzione è però destinata a cessare nel corso del prossimo anno.
La VW ha acquistato la fabbrica di Osnabrück nel 2009. È stata aperta nel 1935 e in precedenza aveva costruito la coupé sportiva VW Karmann Ghia. Nel 2023 ha costruito poco più di 28mila veicoli l’anno scorso, a fronte di una capacità produttiva annua potenziale fino a 100mila unità. Lavora quindi sotto il suo effettivo potenziale e, in un’ottica di ottimizzazione dei costi, già questo lo espone al rischio di rientrare nel novero degli impianti da chiudere.
Le decisioni in questione stanno naturalmente facendo discutere molto l’opinione pubblica tedesca. Sono in molti, infatti, a pensare che la situazione già complicata del mercato sia resa ancora più grave da una lunga serie di scelte sbagliate. In particolare quelle prese a Bruxelles per favorire il Green Deal, tradotte in veri e propri diktat che non tengono in alcun conto le possibili conseguenze.
A pagare il conto potrebbe essere in particolare proprio VW, che pure era stata preallertata dai sindacati un anno fa, quando Daniela Cavallo aveva evocato lo spettro di una tempesta perfetta. Per cercare di opporre una maggiore resistenza agli eventi, ora l’azienda sta tagliando i costi. In attesa di vederne eventuali frutti, ha già operato due profit warning in tre mesi, per annunciare la revisione al ribasso delle proprie stime.