Volkswagen ora si parla di licenziamenti in sei stabilimenti tedeschi, a partire dal 2025

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La Volkswagen ha rescisso l’accordo coi sindacati che blocca i licenziamenti in sei stabilimenti tedeschi sino al 2029
Interno di una Volkswagen

Se qualcuno si illudeva che la crisi della Volkswagen potesse essere circoscritta, le notizie che arrivano da Wolfsburg sembrano andare nella direzione esattamente opposta. La dirigenza della casa automobilistica, infatti, ha optato per la rescissione di una serie di accordi sindacali.

Tra gli stessi ce n’è uno che una valenza simbolica estremamente rilevante, quello che prevede il blocco dei licenziamenti in sei stabilimenti tedeschi sino al 2029. Una sorta di totem paragonabile alla concertazione che caratterizza le relazioni tra sindacati e confindustriali in Italia, destinato a essere spazzato via. Con conseguenze al momento difficilmente valutabili.

Volkswagen, rescisso il blocco ai licenziamenti in sei stabilimenti tedeschi

La difficile situazione in cui versa Volkswagen è ormai di pubblico dominio. Talmente difficile da spingere nei giorni passati la dirigenza del gruppo a prospettare la chiusura di due stabilimenti posizionati all’interno della Germania. Per capire meglio l’importanza dell’annuncio, occorre ricordare che dalla sua nascita il gruppo non ha mai chiuso un solo sito produttivo in patria.

Logo Volkswagen

Scelte già così traumatiche non sembrano però sufficienti per fronteggiare un disastro annunciato. Nel tentativo di riportare in ordine i conti, infatti, ora la casa di Wolfsburg ha deciso di passare allo scontro frontale coi potenti sindacati tedeschi. Lo ha fatto rescindendo una serie di accordi, tra i quali quello che prevedeva il blocco dei licenziamenti in sei stabilimenti.

L’accordo in questione era stato sottoscritto inizialmente nel 1994, per poi essere rinnovato di volta in volta. Stavolta, però, il gruppo teutonico ha deciso che non era più possibile continuare a tergiversare, segno evidente che la crisi dell’azienda è ancora più profonda di quanto si pensi.

La risposta sindacale si preannuncia durissima

Se la mossa compiuta da Volkswagen non comporta licenziamenti immediati, al contempo aumenta in maniera esponenziale le possibilità in tal senso. Tanto che i sindacati hanno immediatamente espresso l’intenzione di opporsi, affermando di essere pronti a dare battaglia.

Una prospettiva che fa tremare i polsi non solo alla dirigenza del gruppo, ma anche ai politici. E forse non solo a quelli tedeschi, considerate le difficoltà dell’automotive in altri Paesi, ad iniziare dall’Italia. Il timore è quello di un autunno caldo in grado di unificare la classe operaia dell’intero continente, aprendo le porte ad un vero e proprio terremoto istituzionale.

Per capire meglio il menù che si va preparando, basta a questo punto ricordare la reazione di Daniela Cavallo. La popolarissima rappresentante dei dipendenti Volkswagen e membro del consiglio di sorveglianza, di chiarissime origini italiane, non ha infatti esitato ad affermare: “Faremo una fiera resistenza a questo storico attacco ai nostri posti di lavoro. Con noi, non ci saranno licenziamenti.” La stessa Daniela Cavallo, peraltro, aveva proprio un anno fa cercato di mettere in guardia su cosa si andava preparando, affermando come il gruppo stesse andando incontro ad una “tempesta perfetta“.

Cosa potrebbe accadere ora

All’atto pratico, la rescissione dell’accordo sulla salvaguardia dei posti di lavoro nelle fabbriche tedesche non avrà ripercussioni immediate. Le garanzie dei lavoratori scadranno infatti solo alla metà del prossimo anno. In questi mesi, però, l’azienda potrà affilare le armi per accostarsi alla nuova fase con le mani libere.

A rendere il tutto più complicato ci sono poi le rassicurazioni fornite qualche giorno fa da Oliver Blume. Il CEO di VW, infatti, aveva escluso taglia drastici, pensando magari di poter ricomporre la situazione in maniera più soft. La situazione, però, è talmente grave da spingere l’azienda a cercare ogni modo per porvi riparo. Tra le ultime mosse in tal senso i rincari di tutta la gamma ICE, con aumenti dei prezzi di listino in Germania dal 2,1 al 4,2%.

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Ora, però, sembra arrivato il momento dei falchi. Secondo il responsabile delle risorse umane della Volkswagen, Gunnar Kilian, le misure in discussione puntano a ridurre i costi a un livello effettivamente competitivo. E, soprattutto, mirano a farlo presto, tanto che Volkswagen afferma l’intenzione di anticipare le trattative salariali. I colloqui avrebbero dovuto iniziare a metà o fine ottobre, ma il consiglio aziendale ha chiesto che inizino già questo mese.

In precedenza, il sindacato IG Metall aveva espresso possibilismo sull’adozione di una settimana lavorativa corta di quattro giorni come alternativa alle chiusure. Va anche aggiunto che i tagli alla Volkswagen sono più complicati da far passare rispetto ad altre aziende.

A renderli tali la composizione del consiglio di sorveglianza dell’azienda, ove la metà dei seggi spetta ai rappresentanti dei lavoratori e allo stato della Bassa Sassonia. Coloro che fanno riferimento ad esso, una quota del 20%, spesso si schierano con gli organismi sindacali, temendo ripercussioni elettorali. In un momento come quello successivo alle regionali, che hanno visto il trionfo delle ali, di destra e sinistra, sembra complicato pensare che tale consuetudine possa venire meno.

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